Dal caffè di Ciccirinella alla Cialda di Totò ‘u Curtu

di Gianmarco Di Napoli per IL7 Magazine

Nel 1990, il cantautore Fabrizio De Andrè dedicò una delle sue ultime splendide canzoni alla vita in carcere del più sanguinario boss della Camorra, Raffaele Cutolo. Il refrain del brano raccontava di un devoto brigadiere che, per ingraziarselo, gli preparava e gli serviva un ottimo caffè, in segno di gratitudine e rispetto. Cutolo non se la prese e anzi fu talmente contento che inviò una lettera a De Andrè per complimentarsi del caffè di Don Raffae’.
Dubitiamo che altrettanta soddisfazione avrebbe esternato un altro boss sanguinario, il recentemente trapassato Totò Riina, se solo avesse immaginato che una delle sue amate figlie avrebbe stampato il suo volto e il suo nome sulle cialde di macinato per macchinette. La svolta commerciale di Maria Concetta Riina e del marito Antonio Ciavarello, che hanno aperto un negozio on line per vendere prodotti alimentari con il marchio “Zu’Totò”, più che l’esaltazione di un brand mafioso, sembra il disperato tentativo di continuare ad affermare l’esistenza di una figura scomparsa per sempre.
Il vecchio boss, notoriamente, non ha mai usato un telefonino in vita sua e sino all’ultimo giorno di latitanza ha dato i suoi ordini (anche quelli per le stragi più ignobili e sanguinarie) utilizzando i pizzini, minuscoli biglietti scritti a penna e consegnati solo a uomini fidati. A fronte della totale omertà, del profilo sempre basso e dell’assoluta invisibilità dell’illustre genitore (comportamento rispettato fedelmente anche dalla madre), la più giovane dei Riina e il marito (trasferitisi da qualche anno a San Pancrazio Salentino insieme ai figli) hanno invece scelto di avere una vita molto “social”, utilizzando le loro pagine Facebook come utenti “qualunque”, lei infine rendendo noto il suo lutto per la morte del padre, lui borbottando contro una presunta persecuzione della giustizia nei suoi confronti, in quanto genero del Capo dei Capi.
Superato il lutto, con Ciavarello nel frattempo finito agli arresti domiciliari per una condanna a sei mesi per truffa, Maria Concetta ha aperto un Webshop attraverso il quale vorrebbe vendere le capsule di caffè con il marchio del padre.
L’idea in realtà è tutt’altro che originale. Da anni la Coldiretti segnala la presenza sul mercato di prodotti agroalimentari con nomi che richiamano chiaramente alla criminalità organizzata: prima del caffè di Zu’ Totò” è stato creato il caffè Mafiozzo. E poi sono nati i sigari Al Capone, la pasta Mafia, gli snack Chilli Mafia, l’amaro Il Padrino, il limoncello Corleone, il sugo piccante Wicked Cosa Nostra, le spezie “Palermo Mafia shoting” e su internet è possibile acquistare il libro di ricette “The mafia cookbook” e cle caramelle sul portale www.candymafia.it
Insomma, gli eredi di Totò u’ curtu più che esaltarne la memoria rischiano di farlo rivoltare nella tomba, mischiando il suo caffè nel supermercato virtuale popolato da picciotti di ogni consorteria.
Nel frattempo, a scanso di equivoci, il sito www.scontrino.com che avrebbe dovuto ospitare il brand corleonese è stato prudenzialmente bloccato, probabilmente dall’autorità giudiziaria.
San Pancrazio Salentino intanto vive questo indesiderato nuovo momento di popolarità da spettatrice attonita. Sul caffè è stata infatti costruita una delle pagine più sanguinose della storia locale: alla fine degli anni Ottanta, quattro ventenni del posto, che avevano rapinato un furgone di caffè Quarta alle persone sbagliate, vennero trucidati e sepolti uno accanto all’altro nelle campagne di San Pancrazio. Fu la strage che aprì la prima e più sanguinaria guerra interna alla Sacra corona unita. Un gruppo di giovani criminali di Mesagne, Tuturano e Torre, che avevano un obiettivo preciso: volevano mettersi contro a quello della canzone, volevano diventare più forti di Don Raffaè.