Il premier, Rocco e il biscotto cegliese: da “Porta a porta” a “Piazza a Piazza”

di GIANMARCO DI NAPOLI

Rocco Casalino da un lato, Angelo Maria Perrino dall’altro, il premier Giuseppe Conte al centro: il biscotto cegliese viene sfornato caldo in una piazza Plebiscito dominata dal tricolore in 3D, cucito con un fascio luminoso che trasforma l’antica Torre dell’Orologio nel quarto ospite della serata. I rintocchi allo scoccare dei quarti e delle ore, scanditi dalle due campane poste a 12 metri d’altezza, ritmano la serata quasi quanto le domande del padrone di casa, il direttore di Affaritaliani.it (con un grande passato da inviato del Giorno, quando il quotidiano dettava legge in Italia sul piano politico ed economico), ma soprattutto “cégghjese” doc, il quale tra una serata e l’altra in cui la sua “Piazza” ha fatto discutere la politica italiana, si è dedicato a un impegno considerato improrogabile nelle campagne della Valle d’Itria: la preparazione della salsa con i pomodori di stagione.

Piazza Plebiscito sold out

Casalino è Rocco come il santo patrono del paese: quando nacque, i genitori si erano trasferiti in Germania, in una città che si chiama Frankenthal, famosa per le porcellane, ma la nostalgia per Ceglie era forte. Quasi quanto le mazzate che papà dava a mamma, ogni giorno, tanto che Rocco finì in psicoterapia. Poi arrivarono la laurea in ingegneria elettronica, i riflettori del Grande Fratello, le comparsate in tv, e quindi il giornalismo, la militanza nel Movimento 5 Stelle. Fino a diventare portavoce del Presidente del Consiglio.
Ora, si comprenderà che – pur essendoci quasi vent’anni di differenza – il biscotto cegliese tra il canutissimo Angelo e il palestrato Rocco riesce a meraviglia e la glassa, che qui chiamano “u sceleppe”, è spalmata nel cuore di una piazza piena zeppa di gente e il cui nome sembra quasi coniato per l’occasione: Plebiscito. La prima prova pubblica per il professor Giuseppe Conte, nativo di Volturara Appula, provincia di Foggia, 403 abitanti compresi i suoi familiari, avviene sotto l’orologio tricolore di Ceglie, con una cornice di ristorantini che si affacciano sul palco, dai nomi che richiamano anche perentoriamente le qualità gastronomiche della cittadina, tipo: “Zitto e mangia”.
Trent’anni fa (il 15 settembre 1988) Ceglie Messapico divenne Messapica, proclamata città con decreto del presidente della Repubblica. La presenza del premier sembra riannodare i fili di quell’evento, consacrando Ceglie per una sera capitale italiana della politica. Inviati e troupe televisive da tutta la penisola così che finalmente i più anziani potranno riporre nel cassetto le conturbanti emozioni di quello che fino ad oggi era rimasto uno degli eventi mediatici più importanti: la meravigliosa Gloria Guida che canta e balla in una scena del film “L’infermiera di notte”, girata nel 1979 all’interno della discoteca “Io Valentino”. Un anno prima, nel 1978, esattamente 40 anni fa, in quel locale inventato dal mitico dj cegliese Mimmo Pepe, si era esibito in uno spettacolo di cabaret Beppe Grillo, reduce dai fasti del Festival di Sanremo.


Insomma corsi e ricorsi, ma soprattutto Piazza. Angelo Perrino è appollaiato su uno sgabello di legno e quasi bisbiglia all’orecchio di Conte con lo stile sornione di Maurizio Costanzo: domande secche, quasi in confessionale. Il premier è avvolto in una poltrona rossa e il suo viso dalle prime file si confonde con i fasci di dipladenia che incorniciano il palco.
Le prime domande sono di riscaldamento, e così apprendiamo che il nostro primo ministro segue la pittura, il design, ma che la narrativa è il suo amore più grande. Adora Josè Saramago e consiglia a tutti di leggere il “Saggio della lucidità” (tra i protagonisti un ministro dell’Interno che commissiona un omicidio e viene rimosso dal presidente del Consiglio), ascolta la musica jazz e ha una specie di venerazione per Amy Winehouse. Se non avesse avuto i menischi fragili sarebbe diventato un calciatore o forse un tennista, si diverte a cucinare la pasta con cicorie e broccoli e non legge nessun giornale “perché sennò non potrei governare”. Questa è solo una delle sue battute che scatenano gli applausi del pubblico, compresi i dieci fortunati che seguono da un antico loggione che si affaccia sulla piazza, acusticamente confinante con le campane dell’orologio.
Sia chiaro, l’ironia non è il pezzo forte del professore. il quale resta sempre un cattedratico dall’abile eloquio, ma lontano anni luce dai contorsionismi narciso-popularistici del Cavaliere, al quale assomiglia comunque in maniera impressionante.
Ma Perrino marca stretto, anche più di un servizio di sicurezza messo in piedi con grande discrezione ed efficienza dalla polizia e coordinato in prima persona dal questore di Brindisi, Maurizio Masciopinto.
Così si arriva a parlare delle questioni più serie con il giornalista che strappa al premier la boutade della serata: “Se non avessi fatto il presidente del Consiglio avrei fatto l’avvocato difensore di Salvini”, proprio nelle stesse ore in cui il ministro dell’Interno si videoselfava mentre riceveva l’informazione di garanzia per sequestro di persona.
«Duriamo 5 anni, se ne facciano una ragione. E faremo tutte le riforme anche se alcune saranno applicate con gradualità». E poi prova a tranquillizzare il malcontento che, sull’accordo sull’Ilva e sul gasdotto Tap, in Puglia ha raggiunto la soglia d’allarme e annuncia una revisione del sistema delle concessioni, dopo i fatti del ponte Morandi: “Da oggi ogni concessione che scadrà verrà negoziata”. Con una novità: la revisione potrebbe riguardare anche la tv, ovvero la Rai.

La torre dell’Orologio illuminata dal Tricolore

E poi sul reddito di cittadinanza: “Si deve fare, la flat tax va fatta perché consente un rapporto più chiaro con il fisco ma per ogni misura che proporremo ci saranno le coperture, non siamo scriteriati», sottolinea Conte.
Nella Puglia calda del Tap e di Ilva, Conte difende l’accordo sullo stabilimento di Taranto – «Di Maio ha fatto meglio di Calenda e ci sono dei passaggi ambientali importanti» – mentre sul Tap fa intravedere le difficoltà di recedere dall’accordo. «Sono impegni contrattuali già assunti ma stiamo vedendo se ci sono irregolarità, usando lo stesso metodo che su Ilva», spiega il premier che, in Municipio incontra i No Tap di Brindisi.
Due i fuori programma: all’uscita del Comune riceve un dono dal papà di Giovanni Bruno, un caporal maggiore dell’Esercito originario di Crispiano (Ta) morto in un incidente stradale il 3 ottobre di 14 anni fa a Kabul: il primo caduto italiano in Afghanistan: “Ragazzi, godetevi la vita e non dimenticate mio figlio”, dice questo padre meraviglioso ai giornalisti che gli chiedono cosa abbia detto al presidente. E poi la protesta di una giovane madre, al termine dell’intervista sul palco, che non risparmia la rabbia per la gestione del governo sui vaccini. «C’è stato un emendamento che ha creato incertezza, ora c’è l’autocertificazione, fermo restando l’obbligo vaccinale», risponde Conte fermandosi in piedi al centro del palco.
L’intervista è finita. Applausi. Conte ritorna in possesso della valigetta affidata alla scorta, Casalino sale sul palco a prendersi l’applauso dei suoi compaesani. Perrino chiude quest’evento che si è inventato sulla collina di casa, iniziato in largo Ognissanti e finito in piazza Plebiscito. Un Porta a Porta estivo, anzi un Piazza a Piazza.

Rocco Casalino