“L’arcivescovo Talucci mi assicurò che Catanzaro era un vero mistico”

di GIANMARCO DI NAPOLI per IL7 Magazine

L’arcivescovo Talucci non solo mi disse che Paolo Catanzaro era un autentico mistico, ma mi raccontò di aver assistito personalmente a un fenomeno di sanguinamento dalla fronte”: l’avvocato Vito D., fratello della ginecologa di Conversano che per prima denunciò per truffa il ragazzo che raccontava di vedere la Madonna, ricorda così a “IL7 Magazine”, il suo colloquio con l’allora capo della chiesa brindisina che volle incontrare per avere garanzie sull’onestà di Catanzaro: “Quando mia madre e mia sorella iniziarono ad avvicinarsi alla comunità di Catanzaro e cominciarono le richieste di contributi da ventimila euro per il famoso progetto delle Croci da impiantare nel mondo, la cosa mi lasciò ovviamente perplesso e decisi di contattare la Curia brindisina per ottenere informazioni sul mistico e sulle persone che lo attorniavano”.
Il professionista ricorda ancora molto bene ciò che avvenne quel giorno: “Era maggio 2007, telefonai alla segreteria della Curia e chiesi un incontro con il vescovo. Mi risposero che per il momento non era possibile perchémolto impegnato. Allora informai il mio interlocutore che ciò che avevo da dire al vescovo lo avrei riferito ai carabinieri e chiusi la telefonata. Mi richiamarono dopo un minuto e mi fissarono un appuntamento per il pomeriggio dello stesso giorno”.
Talucci ricevette Vito D. cordialmente: “Mi accolse in un piccolo salottino che era poco lontano dall’ingresso, ci accomodammo e arrivammo subito al motivo di quella richiesta d’incontro. Gli spiegai che la mia famiglia si era avvicinata da qualche tempo a Paolo Catanzaro che si professava mistico e che venivano organizzati gruppi di preghiera. Siccome i miei congiunti erano piuttosto coinvolti, emotivamente ed economicamente nella vicenda, chiesi all’arcivescovo se la Curia di Brindisi fosse al corrente delle visioni di Catanzaro, se avesse informazioni sulla sua onestà e se si fosse espressa circa l’autenticità del fenomeno”.
Secondo l’avvocato, Talucci non ebbe alcuna esitazione: “Utilizzò queste testuali parole: Paolo è autentico, io stesso ho assistito al sanguinamento della sua fronte. L’arcivescovo appariva sereno e sicuro di quello che diceva e il suo atteggiamento mi tranquillizzò anche se mi sembrò un po’ anomalo: generalmente la Chiesa, anche nei casi più noti, ha sempre mantenuto una posizione prudente. Talucci era invece assolutamente fermo in quella sua valutazione. Se fosse stato più cauto, se avesse preso le distanze, saremmo stati anche noi più attenti. E invece quando uscii dal palazzo della Curia, appena salito in auto, chiamai mia madre e mia sorella per dire loro che potevano stare tranquille, che avevo ricevuto tutte le garanzie sull’onestà del mistico”.
Da quel giorno e negli anni successivi la sorella di Vito consegnò a Paolo Catanzaro circa 300 mila euro, convinta che quel denaro sarebbe stato destinato a iniziative religiose nel mondo. Non solo. Venne convinta dal mistico ad abbandonare il suo fidanzato dell’epoca per sposare uno dei suoi complici (attualmente indagato per gli stessi reati), dando alla luce anche un bambino. Nel frattempo il padre della professionista, affetto da un mare incurabile e del quale Catanzaro aveva promesso la guarigione, morì.
“Nel maggio del 2012 – continua l’avvocato – mi recai a Cellino San Marco per parlare con il parroco, dal quale dipendeva la chiesetta di Uggio. Gli portai i video che mia sorella aveva registrato nel corso degli anni sulle presunte visioni di Catanzaro. Il sacerdote mi consigliò di parlare, e in maniera chiara, con il vescovo, di raccontargli ciò che era successo alla mia famiglia. Gli riferii anche della sorella di Catanzaro, Pina (pure lei attualmente indagata, ndr) che nella sua casa di Cellino San Marco sosteneva di incontrare Cristo. Il parroco rimase scioccato dal racconto che gli feci di tutto ciò che era capitato alla mia famiglia. Gli mostrai anche un filmato in cui Catanzaro millantava che papa Benedetto XVI era venuto a Brindisi per incontrare lui e altri mistici”.
Vito D. decise di affrontare Talucci: “Portai con me un collega avvocato (del quale omettiamo il nome, ndr). Non so se il vescovo ricordasse la mia visita di cinque anni prima. Gli dissi che c’erano delle cose che non quadravano, gli mostrai i video. Anche in quella occasione mi apparve tranquillo. Mi confermò l’autenticità del mistico e aggiunse che si trattava di un ragazzo che soffriva molto, che si era recentemente operato al cervello per un tumore e che lui stesso si era recato a trovarlo a casa dopo l’intervento, trovandolo sofferente e con la testa bendata”.
Nel mese di agosto 2012 la sorella del professionista presentò una denuncia querela ai carabinieri facendo riferimento anche all’incontro del fratello con Talucci: “… mi chiamò Paolo pregandomi di aiutarlo a reperire i 20.000 euro e dicendomi che Gesù contava sul mio aiuto, lo avrei richiamato per dargli una risposta. Contattai immediatamente mio fratello e gli raccontai tutto. Mio fratello, non convinto della autenticità di Paolo, quale figura mistica, riuscì ad avere udienza dal Vescovo di Brindisi, mons. Rocco Talucci, nel palazzo vescovile a Brindisi, in quello stesso pomeriggio. La sera sulla strada del ritorno, mi raccontava che il Vescovo parlava molto bene di Paolo, era sotto la sua protezione e ne garantiva personalmente l’autenticità quale davvero persona carismatica e mistica. A quel punto vinsi ogni remora e gli procurai tramite un prestito, i 20.000 euro”. Fu l’inizio di tutto.
Quando venne aperta l’inchiesta per due volta Talucci si espresse ufficialmente su Catanzaro. Con una prima lettera, indirizzata ai carabinieri di Brindisi (e girata per conoscenza a don Francesco Caramia, il parroco poi arrestato e condannato in primo grado per abusi sessuali su minore), riferì che non esisteva alcuna comunità religiosa denominata “Il mistico di Brindisi” e che dunque non si poneva il problema della legittimazione ecclesiastica. E aggiunse: ”Conosco la posizione della famiglia D. (quella di Vito, il professionista che lo aveva incontrato per due volte, ndr) e il risentimento, e insieme l’accusa, di uno di loro al quale ho chiarito personalmente tutto da tempo. E’ anche ora che il signor Paolo Catanzaro venga lasciato tranquillo perché la sua posizione è stata chiarita danni, opera nella sua parrocchia con il beneplacito del parroco (lo stesso don Caramia, ndr) per la direzione del coro”.
Talucci qualche mese dopo risponde con una lettera anche al Vaticano che gli chiede lumi su quanto sta accadendo: “La situazione relativa al sig. Paolo Catanzaro è risolta da anni”, scrive a mons. Luis Laudaria, arcivescovo segretario della Congregazione per la dottrina della Fede della Città del Vaticano. “E’ risolta con obbedienza da parte del giovane, il quale conserva nel cuore il frutto spirituale della sua esperienza e, guidata personalmente dall’Arcivescovo, coltiva una bella spiritualità al servizio della parrocchia. La denuncia del signor Vito D. è alimentata non da senso della Chiesa, ma da risentimento non giustificato. Ha avuto diversi colloqui con me. Sembrava essersi tranquillizzato. Gli ho posto delle condizioni a cui non ha risposto. Non ha proprio motivo di intervenire. Sono pronto a ogni chiarimento doveroso. Negli anni scorsi il caso è stato seguìto nel rispetto delle norme canoniche. (…) Eccellenza, più volte l’ho incontrata personalmente nella sua sede in Roma per altri problemi. Le avrei parlato anche di questo se fosse ancora aperto”.
Talucci insomma, nonostante l’inchiesta per truffa ai danni di Catanzaro, continua a gettare acqua sul fuoco, sia con l’autorità giudiziaria che con i suoi superiori ecclesiastici. E la sua ricostruzione sui colloqui avvenuti nel corso delle visite di Vito D. è evidentemente diversa da quella del professionista.
L’anomalia dell’atteggiamento di Talucci viene più volte evidenziata nell’ordinanza del gip che meno di un mese fa ha spalancato le porte del carcere all’ex mistico (che resta in cella in quanto il Tribunale del Riesame ha respinto sia la richiesta di scarcerazione che quella di concessione degli arresti domiciliari): “In un primo momento – scrive il giudice – il fenomeno era stato avversato dall’ordinario diocesano dell’epoca di Brindisi (mons. Settimio Todisco). Il suo successore, però, il mons. Rocco Talucci assumeva un diverso atteggiamento, assecondando e accreditando l’attività di Catanzaro, partecipando anche ad alcune manifestazioni poste in essere dal gruppo musicale Signum di cui l’indagato era uno dei componenti (vedi anche alcune missive del vescovo, rinvenibili tra gli atti del fascicolo, che mostrano in effetti una particolare attenzione del presule verso Catanzaro). Tutto ciò, ovviamente, ha contribuito a diffondere la fama del mistico”.
E ancora “Catanzaro, fingendosi per anni in possesso di doti mistico/religiose, ha approfittato anche dell’appoggio di una parte anche autorevole degli ambienti ecclesiastici. Si vedano sul punto le foto che ritraggono l’indagata in compagnia dell’ex vescovo Talucci i quale a più riprese, e anche per iscritto, pure dopo le sue dimissioni dalla guida della Diocesi, ha sostenuto il mistico”.
Circostanza confermata anche da un’ex adepta e complice di Catanzaro (anche lei indagata come componente della banda di truffatori) che ricorda: “Con l’avvento nel 2002 del vescovo Talucci il carisma mistico di Paolo raggiunse l’apice: egli era frequentato, ascoltato e conteso non soltanto da gente umile, ma anche da persone di elevata scolarizzazione, professionisti e imprenditori facoltosi. Egli aveva un fortissimo ascendente e una credibilità conquistate nel corso di un decennio che nessuno si sarebbe azzardato a mettere in discussione”.
Dalle ricostruzioni giudiziarie insomma emergerebbe che proprio la “garanzia” pubblica fornita da Talucci ha fatto compiere il salto di qualità a Catanzaro, alzando il livello delle sue potenziali vittime. Una consacrazione ufficializzata addirittura nel corso di una cerimonia liturgica officiata dallo stesso arcivescovo all’interno della cappella dell’Istituto delle Vincenziane di piazza Duomo e che è stata raccontata da alcuni testimoni.
Ma cosa avrebbe spinto Talucci a “sposare” in toto le visioni di Catanzaro, prima uomo, poi donna, a imporlo come responsabile del coro nella parrocchia di San Lorenzo e poi a farlo trasferire in quella del rione Bozzano? A scrivere di suo pugno e su carta intestata quelle due lettere con le quali, ostinatamente, continuava a dare credito a un presunto truffatore?
E’ un caso che il parroco di Bozzano, segretario particolare di Talucci per cinque anni e divenuto amico di Catanzaro, abbia indirettamente ammesso di aver intrattenuto una relazione di convivenza omosessuale all’interno della stessa parrocchia? Lo stesso parroco, don Francesco Caramia, è stato poi condannato in primo grado a otto anni di carcere per violenza sessuale su un chierichetto.
E per quale motivo Talucci tentò di proteggere don Giampiero Peschiulli, a sua volta arrestato e condannato per pedofilia? I genitori di due bambini violentati (sentenza definitiva) hanno dichiarato e messo agli atti processuali che si erano rivolti con insistenza al vescovo per segnalare le molestie sessuali subite dai loro figli da parte del parroco della chiesa di Santa Lucia. “Talucci – si legge negli atti processuali – dopo aver espresso meraviglia sul fatto che i giovani avessero parlato delle molestie subite, aveva invitato le vittime degli atti sessuali a non denunciare la vicenda e a non parlarne con altri”.
E sempre da quegli atti processuali, in una intercettazione telefonica, emerge una conversazione in cui viene detto “Rocco Talucci ha imboscato determinate denunce che sono state fatte alla Curia negli anni passati”.
Ed è sempre un caso che l’allora arcivescovo nominò don Franco Legrottaglie, già condannato per pedofilia, cappellano dell’ospedale Perrino di Brindisi (prima che fosse nuovamente arrestato e condannato per possesso di materiale pedopornografico)?.
Si ha la sensazione che la vicenda di Paolo Catanzaro, possa essere solo l’appendice di una storia ben più complessa che ha segnato gli ultimi vent’anni della storia della chiesa brindisina, dominata da una potente lobby di sacerdoti omosessuali e alimentata da patti incrociati e segreti non confessabili, neanche secondo i crismi di Santa Romana Chiesa.
L’attuale arcivescovo Domenico Caliandro sta tentando di riannodare i fili, smontando con grande determinazione le strutture e le gerarchie imposte da Talucci, e avendo trasferito quasi tutti i parroci in qualche modo coinvolti nelle vicende giudiziarie, sia direttamente che indirettamente.
Ma è come se quei segreti non ancora svelati siano ancora troppo pesanti per riavere una Chiesa finalmente all’altezza del suo ruolo e dei suoi compiti. Una Chiesa in cui i fedeli possano rispecchiarsi e credere.