L’ULTIMA OCCASIONE

di Gianmarco Di Napoli per IL7 Magazine

Mai, nella pur travagliata storia di Brindisi, l’elezione di un sindaco e la scelta di una nuova amministrazione comunale hanno rappresentato un punto di svolta così drammatico per il futuro, a breve e a lunga scadenza, della città. Mai si è arrivati a un bivio così importante che, nel caso in cui dovesse essere imboccata la strada sbagliata, porterebbe a conseguenze soltanto vagamente immaginabili.
Un anno di commissariamento prefettizio ha portato solo l’illusione che qualcosa sia cambiato o addirittura migliorato, semplicemente perché ormai gli indici di gradimento sono stati sostituiti dai pollici di condimento sui social e quando non ci sono nemici politici da abbattere e l’inesorabile macchina del fango non si mette in moto si ha come la sensazione che le cose vadano meglio, anche quando non vanno proprio.
Il simpatico Giuffrè si è barcamenato con l’astuzia del burocrate navigato, godendo dell’assoluta libertà di movimento consentitagli dalla totale assenza di qualsiasi forma di contrapposizione politica e con l’autorità, garantitagli della legge, di un maraja di un isolotto della Malesia che pensa, decide e ordina in totale autonomia. Ha scialato tagliando nastri e saltellando da una conferenza stampa all’altra, ma senza aver prodotto nulla che resterà nei libri di storia: la Tari rimane la stessa di due anni fa, nonostante oggi ci sia una signora azienda (l’Ecotecnica) che ha riesumato la raccolta differenziata e pian piano sta educando i cittadini a praticarla. Ma niente, paghiamo esattamente la tariffa di prima, ossia una delle più alte in Italia.
Si è lanciato in un acrobatico tentativo di riorganizzare il piano parcheggi, obbligando persino al pagamento del ticket nelle ore pomeridiane e arrampicandosi in metafisiche soluzioni che sono servite solo a fare cassa per le multe erogate con puntuale rapacità da vigili urbani e dai controllori della Multiservizi.
Va via lasciando i brindisini alla loro estate triste, ancor più di quella che aveva trovato. Come se bastassero la regata per chi si può permettere la barca, la festicciola del vino griffato e le corse di motoscafi per regalare ai brindisini e ai turisti un’estate dignitosa e divertente, e invece è peggiore di quella di uno qualsiasi dei borghi di provincia che il loro scalcagnato programmino di spettacoli ce l’hanno. Qui non arriveranno né cantanti, né spettacoli teatrali, in compenso il Comune ha sborsato fior di quattrini per finanziare la presentazione di libri organizzata da una catena editoriale privata.
Ma non siamo qui per criticare l’operato del simpatico prefetto Giuffrè. Semplicemente per augurarci che non torni più. Non ovviamente lui come persona, integerrima, ma in quanto delegato dal governo ad assumere il ruolo di un sindaco che è decaduto. Perché questo è il rischio più concreto e che questa città non si può permettere di correre nuovamente. Che la nuova amministrazione duri poco, per responsabilità dello stesso sindaco (come nel caso degli arresti di Antonino e Consales) o per decisione di altri. Come avvenuto con la recente defenestrazione della Carluccio, inutilmente sacrificata da chi, in questa tornata elettorale, ha poi deciso di allearsi con gli stessi alfieri di quella maggioranza che aveva giudicato incapace di governare.
Una cosa deve essere chiara. Brindisi non può permettersi un’altra legislatura monca, interrotta come sovente avvenuto dalla magistratura o, peggio ancora, da drastiche decisioni adottate dal prefetto. Perché il rischio è questo. Mai come in questa campagna elettorale pregiudicati in doppiopetto o con il colletto bianco non si sono limitati a manovrare sottotraccia tentando di spostare i voti dei quartieri periferici e popolari, ma si sono apertamente schierati, con proclami pubblici, di persona e utilizzando i social network.
Sembra che l’avere avuto accumulato disavventure con la giustizia e riportato gravi condanne penali sia diventato non una vergogna ma un valore aggiunto, una sorta di legittimazione a superare ogni inibizione, ad avere il diritto di dire qualsiasi cosa e in qualunque sede.
Un tempo questi personaggi erano al limite destinati a controllare le sezioni elettorali nei quartieri periferici, a gestire gli sgherri che nottetempo appiccicavano manifestini votivi sulle cabine telefoniche. Ai tempi di internet sono invece lì a metterci la faccia, con il plateale e qualche volta arrogante invito a votare il candidato sostenuto. Come accaduto in questa campagna elettorale brindisina, con la figlia di un boss della Sacra corona unita che ha invitato su Facebook i suoi concittadini a far convergere i voti su uno degli aspiranti sindaco.
E quasi in risposta a tutto ciò, come mai era accaduto finora, persino autorevoli esponenti della magistratura si sono espressi pubblicamente sulla situazione di Brindisi, su quello che si potrebbe nuovamente prefigurare e hanno invitato i cittadini a un voto oculato.
Ecco. Un voto oculato, una scelta di responsabilità. E’ ciò che i brindisini saranno chiamati a compiere domenica quando andranno alle urne. Non si tratta solo di scegliere un sindaco (ché uno vale l’altro), ma di individuare nella coalizione che lo sostiene le persone giuste, oneste, leali che possano far invertire la rotta.
Brindisi è stanca di conquistarsi i riflettori solo per le disavventure giudiziarie dei suoi amministratori, di vivere ai margini della politica regionale e nazionale, di non contare nulla perché ostaggio dell’approssimazione con cui da anni si muove al di fuori della mura cittadine.
Quella di domenica è una grande occasione. Forse l’ultima.