Pedofilia, la chiesa brindisina non chiede scusa: l’editoriale de “IL7 Magazine”

di Gianmarco Di Napoli per IL7 MAGAZINE

L’arcivescovo di Brindisi, Domenico Caliandro, nel tradizionale discorso al termine della processione a mare per la festa patronale, si è legittimamente prodigato nell’invitare i fedeli a valorizzare e amare di più la loro città. Poi si è rivolto agli amministratori locali, sia quelli del passato che quelli del futuro: “Prima di fare il politico bisogna conoscere i problemi della città e avere la volontà di risolverli. Chiedo un atto di responsabilità anche a chi domani pensa di candidarsi per amministrare Brindisi”. Giusto, il ragionamento e gli inviti non fanno una piega. Ma nemmeno una parola, o per usare la stessa terminologia, nessun “atto di responsabilità” sui casi di pedofilia che hanno offuscato l’immagine della chiesa brindisina, anche a livello nazionale.

Per una singolare coincidenza, nello stesso giorno in cui Caliandro parlava ai cittadini dal palchetto sul porto, le redazioni dei giornali locali ricevevano un “Comunicato dei parroci di Brindisi alla città” in cui, in un lungo ragionamento intriso di richiami a versetti del Vangelo, i sacerdoti esprimevano la loro solidarietà a don Cosimo Zecca, parroco del rione Paradiso entrato in rotta di collisione con una parte del suo quartiere per aver sostenuto l’accoglienza degli immigrati. “Troviamo alquanto ingeneroso e offensivo scagliarsi contro le parrocchie e i preti, i quali sovente non si sentono sostenuti nel loro svolgere, nel tessuto connettivo della città, un’opera preziosa di promozione umana, prima che di evangelizzazione, supplendo non di rado a carenze amministrative, organizzando, per così dire, la speranza della gente”, si legge tra l’altro. Anche qui una presa di posizione dura e collegiale da parte dei parroci, come mai si era visto. I preti brindisini, su altre vicende, sono tuttora silenti.

Ma qualche ingranaggio evidentemente comincia a saltare in questa sorta di fronte comune proiettato esclusivamente verso gli avvenimenti esterni e ostinatamente muto su quelli interni. Tra parroci e sacerdoti sono in tutto una trentina i preti brindisini. Oltre al ritiro spirituale mensile, anche loro utilizzano i moderni mezzi di comunicazione rapida. Esiste così un gruppo whatsapp dei sacerdoti. Ed è su questo canale che è circolata qualche giorno fa la lettera di uno di loro che non ha condiviso quella presa di posizione massiccia, tenendo conto del passato di cui nessuno osa parlare. Ecco cosa scrive:
“Al vicario urbano don Cosimo Macilenti, al gruppo whatsapp dei Sacerdoti di Brindisi e per conoscenza all’arcivescovo mons. Domenico Caliandro.
“E’ la prima volta che in questi ultimi tempi la voce del clero di Brindisi rompe il silenzio su un episodio, che sebbene significativo, ma inserito in temperie culturale e problematica complessa, avrebbe richiesto a mio parere più tempestività di iniziativa e più elaborazione del comunicato. I toni sono fortemente polemici e d’attacco per far risultare credibile ed evangelico il messaggio, in considerazione del terribile silenzio adottato sulle gravissime vicende di alcuni nostri sacerdoti coinvolti negli abusi sessuali sui minori e dell’assenza omissiva di interventi sulle traumatiche vicende politiche amministrative della nostra città.
“Si richiedono altri toni, in consonanza con lo stile di una chiesa autenticamente disarmata e perciò socialmente rilevante proprio per l’esercizio della umile paremia che mentre denuncia non si autoassolve con indulgenza. Infine l’iniziativa “Comunicato dei parroci brindisini alla città” appare più in difesa di una categoria che non l’iniziativa di una Chiesa in uscita nella modalità sinodale con la presenza autorevole dei laici e dei sacerdoti della vicaria. L’unità del presbiterio, infatti, è innanzitutto sacramentale, prima che funzionale”.

Legittimo dunque che la Chiesa brindisina bacchetti la politica e le scarse ambizioni dei cittadini. Ma per legittimare un nuovo corso, se davvero c’è un nuovo corso, probabilmente l’arcivescovo Caliandro, da quel palchetto avrebbe dovuto pronunciare poche ma fondamentali parole: “Chiedo scusa alle vittime di abusi sessuali da parte dei miei sacerdoti”. Del resto lo aveva fatto poco meno di un mese fa papa Francesco che aveva chiesto perdono: “Si tratta di un’assoluta mostruosità, un peccato terribile, che contraddice tutto quello che la Chiesa insegna”, aveva detto il Pontefice.

Eppure, per rimanere nell’ambito delle nuove tecnologie che i sacerdoti dimostrano di conoscere bene, è sufficiente digitare sul motore di ricerca Google le parole “parroco Brindisi” per aprire un elenco di pagine che non raccontano di iniziative pastorali ma di preti arrestati, indagati o condannati per pedofilia.
C’è il caso ormai conclamato di don Giampiero Peschiulli che sino al giorno in cui i carabinieri hanno bussato alla sua sacrestia (ottobre 2014) era l’inamovibile parroco di Santa Lucia. E’ stato condannato. E quello di don Franco Legrottaglie che dopo una condanna nel 2000 per atti di libidine violenta, nel 2010 era stato nominato cappellano dell’ospedale sino al giorno in cui nel suo computer (anno 2015) erano state trovate foto pedopornografiche. Per arrivare alla vicenda di don Francesco Caramia, parroco di Bozzano sino al suo arresto (anno 2016) e tornato a celebrare mentre era in corso l’inchiesta giudiziaria.

Qualcuno dice sia solo la punta di un iceberg perché altri nomi circolano, lettere su lettere sono giunte alla Curia arcivescovile che segnalavano, mettevano in guardia. Ma i sacerdoti indicati in quelle missive sono rimasti al loro posto.
Senza dimenticare il caso troppo presto dimenticato del seminarista brindisino di 16 anni che nel 2008 si tolse inspiegabilmente la vita lanciandosi dal balcone della sua abitazione al rione Minuta. E quello del centralinista della Curia arcivescovile arrestato nel 2013 per spaccio di hascisc, cocaina e crack. E, ancora, le colpevoli omissioni sulla vicenda di Paola Catanzaro, la veggente che ha continuato a operare sottotraccia, parallelamente alla Chiesa e dalla quale è stata presa pubblicamente distanza solo troppo tardi.
Troppo fango ha avvolto il clero brindisino in questi anni per pensare che sia sufficiente spostare l’attenzione su ciò che avviene fuori dalle parrocchie, troppo semplice puntare i fari sulla politica locale, incapace sì, imbarazzante pure, ladra spesso, ma non pedofila.

Del resto Caliandro, prima di giungere a Brindisi aveva subito (in quanto responsabile della Curia a Nardò-Gallipoli) la condanna a risarcire – insieme all’imputato – con ventimila euro un giovane marocchino del quale un parroco di Nardò aveva abusato sessualmente. E sa bene dunque che le responsabilità (anche quelle morali) ricadono sull’intero clero e non solo sul soggetto autore degli abusi.

E allora, bene si sta facendo a tentare di rinnovare l’immagine sostenendo la canonizzazione di un bravo ragazzo ritenuto santo, Matteo Farina, processo che sta seguendo binari dell’Alta velocità rispetto ai consueti tempi della Chiesa (quella di papa Giovanni XXIII si è completata mezzo secolo dopo l’apertura della causa).
Ma non si può pensare che l’immagine della chiesa brindisina possa essere ricostruita senza passare dal riconoscimento dei propri peccati continuando invece a percorrere la troppo comoda via dell’autoassoluzione. Sarebbe sufficiente un semplice “Chiediamo scusa”. Che vale quanto dieci Padre Nostro.