Punta Terrare, la lente della Procura sull’Authority: intercettazioni e indagini

di Gianmarco Di Napoli per IL7 Magazine

La procura vuole vederci chiaro sulla gestione degli appalti da parte dell’Autorità portuale. Per la prima volta i telefoni vengono messi sotto controllo e un’indagine penale sfiora i vertici dell’ente. Un’inchiesta nata quasi per caso, partendo da una stradina costruita utilizzando materiale di risulta invece di quello indicato nell’appalto, in una zona così isolata e ormai chiusa al pubblico che probabilmente nessuno si sarebbe mai aspettato potesse essere oggetto di verifiche. E invece da lì è partita un’indagine dai risvolti inattesi, che ha portato a scoprire che un’altra strada nell’area portuale era stata realizzata asfaltando addirittura un tratto di area archeologica. Due sequestri penali che ora superano la prima verifica importante: quella del gip del Tribunale.
Il 28 aprile scorso il pm Raffaele Casto aveva respinto la richiesta di dissequestro e restituzione della “Nuova strada Sisri”, i cui sigilli erano stati posti nel mese di febbraio. Il presidente dell’Autorità di sistema portuale, Ugo Patroni Griffi, ha presentato opposizione davanti al gip. Ma il giudice Stefania De Angelis ha rigettato. Non solo. Nel corso dell’udienza in cui l’istanza è stata discussa è emerso che i telefoni di alcuni indagati sono stati intercettati per alcune settimane dalla guardia di finanza.

GLI INDAGATI
Cinque sono gli indagati i cui nomi compaiono negli atti d’inchiesta, mentre altre due persone al momento vengono indicate come “Ignoto”: il direttore dei lavori Gianluca Fischetto, il direttore del dipartimento tecnico dell’Authority Francesco Di Leverano, l’imprenditore edile Gaetano Giordano, il funzionario del Comune Antonio Iaia e quello della Soprintendenza per i Beni archeologici, Antonella Antonazzo.
I reati contestati sono, a vario titolo, esecuzione di opere su beni culturali senza autorizzazione, smaltimento e deposito incontrollato di rifiuti non pericolosi in mancanza della prescritta autorizzazione, interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio in assenza del permesso di costruire, in zona sottoposta a vincolo archeologico, gestione di discarica non autorizzata, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atto pubblico.

LA PRIMA STRADA
L’inchiesta è partita il 6 dicembre dello scorso anno da un accertamento del Nucleo operativo di Polizia ambientale della Capitaneria di Porto in località “Punta delle Terrare”, sita nell’area archeologica di Brindisi (area demaniale sottoposta a vincoli archeologico e paesaggistico). I militari hanno notato la presenza di numerose tonnellate di materiale inerte e individuata una strada, di recente realizzazione, lunga circa 200 metri, larga cinque, che conduce a Villa Monticelli, l’abitazione che un tempo si affacciava sulla spiaggia di Sant’Apollinare.
Gli uomini della Capitaneria hanno appurato che la strada era stata realizzata con materiale frantumato di varie dimensioni di rifiuti inerti verosimilmente provenienti dallo svellimento di opere in muratura. Vi erano infatti pezzi di piastrelle, mattoni, tufi, cemento, marmo, plastiche, vetro e materiali ferrosi.
Gli accertamenti effettuati presso l’Autorità portuale hanno consentito di verificare che lo stesso ente, con decreto presidenziale del 2014 aveva commissionato all’Ati Gaetano Giordano/Luigi Moncullo “lavori di ampliamento strada Sisri con allacci e/o predisposizione bonifica ambientale e smaltimento acque meteoriche” e che Gianluca Fischetto era direttore di lavori.
Dall’esame della documentazione è emerso che la Soprintendenza archeologica, il 13 ottobre 2016, aveva dato il proprio nullaosta all’esecuzione dei lavori stabilendo quale materiale da utilizzare per la strada d’accesso al sito archeologico, uno strato di pietrisco di cava di piccola pezzatura.
Lo stesso direttore dei lavori, nella perizia di variante, aveva stabilito il “ripristino del percorso pedonale interno mediante il posizionamento di un telo Tnt per prevenire la crescita di piante infestanti e la posa in opera di uno strato di stabilizzato pulito per un’altezza media di 10 centimetri dal piano di campagna”.
Dagli accertamenti è emerso invece in maniera chiara che la stradina era stata realizzata con tonnellate di rifiuti provenienti dalla demolizione di strutture edili. E che inoltre non era stato posizionato il telo Tnt.

LE INTERCETTAZIONI
Il 2 gennaio 2018 sono state autorizzate dal giudice le intercettazioni sui telefoni di alcuni indagati.
Dalle telefonate registrate è emerso che Di Leverano è stato avvisato da un dipendente dell’Autorità portuale di controlli negli uffici effettuati da personale della Capitaneria (“Per l’indagine sulla strada… hanno bisogno di prelevare gli atti in originale che riguardano la gara…”, conversazione del 10 gennaio). Poche ore dopo l’ing. Di Leverano riceve una telefonata dall’ammiraglio Salvatore Giuffrè, all’epoca segretario generale dell’Authority, il quale gli comunicava che in realtà l’acquisizione di documenti era stata operata dalla guardia di finanza.
Il 18 gennaio viene intercettate conversazioni tra Antonella Antonazzo e Assunta Cocchiaro, funzionario archeologo presso la Soprintendenza per i Beni archeologici della Puglia, nel corso delle quali la Cocchiaro, convocata per il giorno 19 gennaio a comparire come persona informata dei fatti, chiedeva chiarimenti alla Antonazzo circa l’esecuzione delle opere, evidenziando di aver verificato da alcune foto pubblicate sui siti internet che la strada di Punta delle Terrare era stata realizzata con materiale di risulta e che era sopraelevata di circa 70 centimetri (“è una strada sopraelevata di detriti”). La Antonazzo, che aveva il compito di controllare la corretta esecuzione dei lavori, rispose di aver avuto contezza del problema solo dopo gli accertamenti della guardia di finanza e di aver avuto un confronto con l’ing. Di Leverano e con l’ing. Fischetto i quali le avevano assicurato che il materiale utilizzato era “riciclato” e quindi, verosimilmente, lecito.
Il 23 febbraio la Cocchiaro viene nuovamente chiamata a deporre alla luce di nuove verifiche perché nel frattempo, durante le operazioni del primo sequestro della stradina costruita con i rifiuti edili, gli investigatori del Nucleo di polizia economico finanziaria della guardia di finanza hanno scoperto che un’altra parte della zona archeologica era stata invasa da tre corsie della Nuova strada Sisri, oltre che da un vano tecnico con pompa di sollevamento e da tre serbatoi idrici in cemento. Interrogata dal magistrato, la Cocchiaro dichiara che mai la Soprintendenza aveva autorizzato la realizzazione della strada nell’area protetta dai vincoli archeologici e che non si era resa conto della variazione progettuale tra preliminare e definitivo: la strada anziché un tragitto curvo, che non passava dalla zona archeologica, era stata realizzata dritta, in piena zona vincolata.

LA SECONDA STRADA
Cos,ì tre giorni dopo l’interrogatorio, il pm emette un nuovo decreto di sequestro, questa volta riguardante la seconda strada. Non solo, la guardia di finanza riferisce che, da un’accurata ispezione dei luoghi, è emersa la presenza di rifiuti da demolizione, con cumuli che raggiungono un’altezza pari a dieci metri rispetto al piano di campagna originario. E non escludeva la presenza di materiale in amianto e di rifiuti pericolosi, suggerendo una messa in sicurezza urgente.
Proseguono le intercettazioni. Vengono registrati dialoghi tra Di Leverano e il presidente Patroni Griffi e tra il primo e il funzionario del Comune Teodoro Indini, tra il 28 febbraio e il 2 marzo, nel corso dei quali si commenta la vicenda giudiziaria e si precisa che, nell’area sequestrata, vi era originariamente una discarica e che il direttore dei lavori aveva disposto che parte del materiale dovesse provenire dalla frantumazione di inerte. Di Leverano sosteneva che la Soprintendenza era a conoscenza della situazione. Gli interlocutori poi parlavano della necessità di chiedere il dissequestro del sito e Di Leverano precisava che si trattava di un’occupazione di circa 20 metri quadrati su un’area di un ettaro che passava sul pilone del ponte, quindi esisteva solo in termini di “sovrapposizione aerea”.
Dall’esame della documentazione sequestrata relativa ai lavori di ampliamento della strada Sisri, affidati all’Ati Giordano/Mancuso, emerge che, a seguito delle lungaggini determinate dalla procedura di verifica dell’interesse archeologico, l’Autorità portuale aveva chiesto di modificare il tracciato per evitare pareri e autorizzazioni.
Ulteriori indagini hanno consentito di ravvisare “elementi indiziari” su una possibile falsità del certificato di collaudo tecnico-amministrativo redatto da Iaia: con esso si attestava che i lavori di ampliamento della strada Sisri erano collaudabili, attesa “la congrua qualità e quantità di materiale impiegato per le lavorazioni”.

ISTANZA RESPINTA
Il giudice De Angelis il 23 luglio scorso ha respinto l’istanza di dissequestro di Patroni Griffi, sottolineando per altro che il provvedimento non ha paralizzato – come sostenuto dall’Authority – i collegamenti all’interno di tutta l’area portuale: una corsia è stata infatti lasciata libera al transito e comunque la strada non appartiene all’ambito doganale e può essere utilizzata solo per la movimentazione di merce su trailer.
Intanto si procede anche con la fase “3” dell’inchiesta, quella relativa ai dieci metri di rifiuti accumulati nel corso degli anni per diversi chilometri quadrati intorno a Villa Monticelli.
Dopo il sequestro, l’area è stata trattata con un forte diserbante che ha consentito di eliminare gran parte della vegetazione riducendo la zona a una piana spettrale. Dovranno ora essere effettuati gli interventi di carotaggio per scoprire sino a che profondità sono stati tombati i rifiuti e soprattutto se ci sono residui tossici. L’indagine, insomma, è soltanto agli inizi.