Margarito, audace uomo d’armi e brindisino illustre

di Giovanni Membola per IL7 Magazine

Audace uomo d’armi e di mare, Margarito, o Margarites, è stato uno dei personaggi di spicco nella storia brindisina e dell’intero Regno di Sicilia durante l’ultimo periodo di dominazione normanna.
Nonostante una vasta bibliografia racconta le sue intrepide gesta, esistono tante zone d’ombra attinenti la sua vita, con legittimi dubbi e notizie contrastanti circa la considerevole attività militare. Incerto è l’anno di nascita, per i più dovrebbe essere il 1130, avvenuta a Brindisi presumibilmente da genitori d’origine bizantina, come dallo stesso precisato in un importante documento datato 1194 con il quale dona tre case con giardini alla “Madre Chiesa in suffragio della anime dei suoi genitori e in remissione dei suoi peccati”, sul quale appose la sua firma in lingua greca a forma di vascello, con tanto di vele e chiglia.
Un perdono per i delitti, tanti, commessi durante le sue innumerevoli scorribande in tutti i mari, dapprima come “leggendario arcipirata”, spietato e cinico contro ogni nemico, poi da ammiraglio, nomina concessa nel 1187 dal sovrano Guglielmo II detto “il Buono” per le sue indubbie qualità dimostrate nelle ardite operazioni navali. La sua lunga carriera, sempre a servizio dei monarchi normanni, è segnata da importanti successi nelle offensive contro l’impero bizantino, i saraceni e le flotte pisane e genovesi alleate alle truppe sveve. L’indomito personaggio scelse come emblema un’aquila, “a simboleggiare la sua potenza”.
Al comando della flotta normanna di Sicilia, nel 1185 riesce ad occupare dapprima Durazzo e le isole ionie di Zante, Corfù, Cefalonia e Lefkada, poi conquista Tessalonica, l’odierna Salonicco. A Cipro, nell’estate del 1186, Margarito riuscì ad impadronirsi di ben settanta triremi bizantini “prive degli equipaggi che nel frattempo erano sbarcati, e le poté distruggere senza incontrare resistenza; gli equipaggi furono poi catturati […]”. L’armata navale a suoi ordini rese il mar Mediterraneo più sicuro alla navigazione di pellegrini e crociati, difesi e protetti anche durante l’assedio saraceno di Antiochia,Tiro e Tripoli, quando il Saladino fu costretto a ritirarsi dopo l’arrivo dei quaranta (forse 50 o persino 60) galeoni comandati dal “grande ammiraglio” brindisino “e l’armata saracina venne interamente distrutta” (1188). Sulle navi normanne furono portati in salvo, in Sicilia, i tanti cristiani fuggiti da Gerusalemme, occupata da Saladino, e con loro anche il patriarca Eraclio. Queste imprese furono descritte con tono ammirato da alcuni cronisti medievali, altri al contrario raccontano che a Tiro “l’equipaggio della sua flotta si lasciò andare ad atti di pirateria nei confronti delle navi cristiane nel porto”, come avvenne alle navi occidentali che lasciarono il porto di Laodicea, arresa all’armata saracena, un atto di viltà che divenne pretesto per catturare e depredare questi navigli, tanto che molti abitanti del posto preferirono sottomettersi a Saladino piuttosto che cadere nelle mani di Margarito.
Elesse le sue abitazioni a Messina e a Brindisi, qui – dove poi fu edificato il complesso di san Paolo Eremita – sorgeva la magnifica e lussuosa “domus Margariti”, dotata di molte stanze, ampi giardini, forni, terme private e altri servizi accessori, con diretto accesso alle cale portuali. Nel giardino esisteva un’altissima ed antica palma, forse la stessa che si trova effigiata in alcune monete coniate dai Normanni.
Nella dimora sostò nel 1190 il sovrano d’Inghilterra Riccardo Cuor di Leone, in partenza per la terza crociata, mentre nel febbraio del 1191 furono ospitate Berengaria di Navarra ed Eleonora d’Aquitania, rispettivamente promessa sposa e madre del re inglese.
Sempre in Brindisi, aveva provveduto con generose donazioni alla fondazione della grande chiesa in stile romanico di Santa Maria de Parvo Ponte, completata nel 1180, con annesso monastero, un complesso ubicato tra le mura di Porta Lecce e “Ponte piccolo”. La chiesa fu demolita nel 1777 durante le opere di bonifica del porto. Da qui provengono il polittico della Madonna del Dolce Canto e il Crocifisso ligneo oggi nella chiesa di Santa Lucia, probabilmente anche la colonna in granito ritrovata durante i lavori di sistemazione del Lungomare, ora esposta all’interno della Casa del Turista.
Con la morte di Guglielmo il Buono (1189) si accese la lotta alla successione al trono normanno tra la legittima erede Costanza d’Altavilla, zia dello stesso Guglielmo (nonché moglie dell’imperatore Enrico VI di Svevia e futura madre di Federico II) e Tancredi, conte di Lecce. Margarito si schierò con quest’ultimo, suo compagno d’armi, e l’aiutò a salire al trono. Fu protagonista della vittoriosa resistenza alle truppe imperiali che assediarono Napoli, riuscendo abilmente a portare rifornimenti e rinforzi alla città mentre “colle sue navi sguizzava fra quelle di Genova e di Pisa” che sostenevano Enrico VI. Riuscì persino a catturare e imprigionare l’imperatrice Costanza, venuta in Italia per rivendicare i suoi diritti, macchiandosi del reato di lesa maestà. Tancredi, a riconoscimento di tanta fedeltà, volle nominarlo conte di Malta, dopo che era già stato reso signore di Cefalonia e Zante.
Certamente Margarito ebbe un ruolo importante anche nelle pompose nozze che si celebrarono nel giugno del 1193 nella cattedrale di Brindisi tra Ruggero, primogenito di Tancredi, e Irene, figlia dell’imperatore di Bisanzio. In occasione di questo matrimonio si volle restaurare l’antica fontana di epoca romana da allora denominata Fontana Tancredi. Sempre nella nostra cattedrale l’anno precedente vi era stata l’investitura ufficiale dello stesso Ruggero a re di Sicilia, la prima volta di un’incoronazione avvenuta fuori Palermo.
Ma quando Enrico VI di Hohenstaufen riuscì ad occupare la Sicilia e conquistare la corona del regno, volle vendicarsi dei tanti torti subiti dai normanni, fece arrestare alcuni nobili e gli eredi di Tancredi, morto nel febbraio del 1194 due mesi dopo il figlio maggiore. Margarito fu deportato ed imprigionato a Treviri, in Germania, dove fu accecato e persino evirato, qui morì prima del 1205. Un’ipotesi racconta che inizialmente “Margaritone solo fu perdonato” da Enrico VI, gli fu concesso anche il principato di Taranto col titolo di duca di Durazzo, un possibile accordo venuto meno dopo l’accusa di una presunta congiura ai danni dell’imperatore, denunciata da un monaco. In una miniatura del “Liber ad honorem Augusti” di Pietro da Eboli sono rappresentati i congiurati con al centro Sibilla, vedova di Tancredi, alla sua destra in primo piano è chiaramente raffigurato Margarito.