Quel Palazzo all’incrocio dei corsi. E della storia dell’Italia

di Giovanni Membola per IL7 Magazine

Il vertice tra corso Roma e corso Umberto I è caratterizzato dall’elegante e sobrio palazzo ottocentesco contraddistinto dalle due ampie terrazze rientranti e delimitate rispettivamente da balaustre a colonnine in pietra al primo piano e da un parapetto finemente lavorato al livello superiore, elevato nel 1904.
L’edificio fu realizzato nella seconda metà del XIX secolo da Natale Pinto, da cui prese il nome, ed acquistato nei primi anni del ‘900 dal dottor Giuseppe Barnaba, sindaco della città dal 1909 al 1914, che utilizzò i locali del primo piano come propria abitazione, mentre le sale del piano terra continuarono ad essere usufruite come uffici delle Poste e dei telegrafi e per il servizio telefonico.
Successivamente l’immobile passo per eredità ai figli e quindi ai nipoti (eredi Scotto-Di Marco) che poi hanno venduto l’immobile a diversi acquirenti. Negli ultimi anni l’immobile è stato restaurato, mettendo in luce alcuni soffitti affrescati, e in buona parte riutilizzato da uffici ed abitazioni dopo un lungo abbandono.
Le numerose immagini d’epoca documentano i vari usi commerciali che nel corso del tempo si sono succeduti nei vari ambienti dell’immobile, non ultimo quello del noto negozio di calzature Spatafora che ha occupato i locali ad angolo del piano terra – e alcune sale del primo piano come depositi – dagli anni ’70 sino al 2001. Ma il momento di massima gloria lo ha vissuto tra la fine dell’800 e i primi anni del ‘900 quando molte delle sale del palazzo venivano utilizzate dal rinomato Hotel d’Europe, un noto albergo che ha ospitando numerosi passeggeri di varie nazionalità in transito dalla città durante il florido periodo della Valigia delle Indie e degli altri collegamenti marittimi con varie destinazioni in tutto il Mediterraneo. Proprio in questo periodo la storia di Palazzo Pinto-Barnaba si collega con le vicende inerenti il conflitto tra il Regno di Grecia e l’Impero ottomano.
Il 28 aprile del 1897 nell’ albergo brindisino soggiornò il famoso garibaldino – nonché giornalista politico e parlamentare repubblicano – Antonio Fratti in attesa dell’imbarco per Corfù, dove era diretto per combattere al fianco delle truppe greche contro i turchi. In una delle sale dell’edificio il deputato originario di Forlì istituì un ufficio reclutamento di volontari, in genere di orientamento repubblicano, socialista e libertario, che intendessero partecipare direttamente alle operazioni belliche e combattere con lui al seguito del generale Ricciotti Garibaldi, uno dei figli dell’eroe dei due mondi. Aderirono al suo appello alcune “camicie rosse” di Brindisi, tra i più noti Achille De Pace, Giordano Barnaba (entrambi nel 1° Battaglione Garibaldino Mereu, rimasti feriti durante il conflitto) e Ricciotti D’Amelio (volontario nella Legione Cipriani) insieme ad altri brindisini che si unirono agli ottanta volontari italiani giunti nell’isola greca prima di proseguire per Pireo e quindi raggiungere la Legione italiana sul fronte.
Il 17 maggio Antonio Fratti venne colpito al cuore mentre era in trincea nel villaggio di Domokos, in Tessaglia, fu il primo dei volontari italiani a morire nel conflitto. La notizia causò ovunque grande commozione, così come a Brindisi dove si istituì un apposito comitato, di cui facevano parte tra gli altri Giustino Durano e Natale Pinto, per ricordare la figura dell’eroe repubblicano e della sua sosta in città prima dell’ultimo viaggio. Fu commissionato a Giovanni Bovio l’elaborazione del testo da iscrivere su una epigrafe a memoria dell’evento e al noto scultore Ettore Ferrari un busto marmoreo del parlamentare forlivese, opere collocate sulla facciata del palazzo che guarda su corso Umberto, inaugurate solo il 23 giugno 1902 senza alcuna cerimonia. Nelle intenzioni la celebrazione doveva avvenire in coincidenza del passaggio del feretro diretto alla città natale già nel 1898, ma ciò avvenne solo quattro anni dopo quando il sentimento patriottico si era in buona parte affievolito.
Entrambe le opere marmoree furono rimosse nel 1928 su richiesta di un commerciante dell’epoca, questi aveva necessità di maggiore spazio per una insegna pubblicitaria, pertanto il busto e la lapide furono tolte ed abbandonate in un deposito comunale e mai più ricollocate, nonostante le sollecitazioni da parte di alcuni brindisini.
Giovanni Pascoli dedicò una poesia ad Antonio Fratti nella raccolta “Odi e Inni” mentre la città di Brindisi gli ha intitolato la strada che da via Lata conduce su via del Mare.
I cimeli del garibaldino brindisino Ricciotti D’Amelio, ovvero la giubba rossa, il fucile St.Etienne datato 1874 e l’attestato di merito per aver partecipato alla guerra greco-turca con firma autografa di Ricciotti Garibaldi, fortunatamente hanno avuto sorte ben diversa: sono stati donati nel 2008 dal nipote dell’eroe all’Archivio di Stato di Brindisi, dove vengono custoditi ed esposti al pubblico.