Un finanziere brindisino rifiuta 100 mila euro per fare passare la droga: sgominata banda internazionale di trafficanti di cocaina

Con centomila euro erano certi di poter corrompere un finanziere che per guadagnare quella cifra deve lavorare, più o meno, cinque anni. Perché nel porto di Brindisi non ci sono container e dunque era necessario il supporto di un basista tra le forze dell’ordine, che chiudesse tutti e due gli occhi al momento del transito dei carichi di cocaina. E invece il militare è andato diritto dai propri superiori per denunciare tutto. E per l’organizzazione, una banda criminale composta da leccesi e calabresi con addentellati nel Sud America, è stato l’inizio del tracollo.
Sette le persone arrestate questa mattina all’alba dalla guardia di finanza di Brindisi su richiesta dei pm Giuseppe Capoccia e Valeria Farina Valaori, rispettivamente della procura distrettuale e di quella di Brindisi: le ordinanze di custodia cautelare interessano quattro salentini, Antonio e Patrizio Pellegrino, di Squinzano (Lecce), 41 e 44 anni, latitanti; Francesco e Vittorio Pezzuto, 71 e 48 anni, anch’essi di Squinzano, poi i calabresi Giuseppe Novello, 34 anni e Stefano Condina, 59 anni, infine il colombiano Marin Villa, 32 anni, tuttora ricercato.
Snodo centrale dell’inchiesta l’onestà e il senso del dovere di un finanziere in servizio presso il porto di Brindisi che è stato avvicinato, con mola discrezione, da un componente dell’organizzazione. Lo scalo brindisino era il più comodo per lo sbarco dei grossi quantitativi di cocaina, ma il transito della droga era reso più complicato dal fatto che qui non vengono movimentati container, sui quali è più semplice nascondere la sostanza stupefacente, rendendo necessario il transito con i tir, utilizzando carichi di copertura.
Una procedura che sarebbe stata molto più semplice se si fosse potuto contare sul supporto di un finanziere. Da qui l’approccio e la proposta: centomila euro uno sull’altro subito, una cifra che di sicuro sarebbe stata rimpinguata successivamente. Il militare ha finto di pensarci e poi ha steso un dettagliato rapporto da cui sono partite le indagini.
L’organizzazione era stata costretta a dirottare su Gioia Tauro e Genova. In un caso, in contatto con ditte di Squinzano e Sant’Eufemia di Aspromonte (Reggio Calabria) era stato studiato un piano per sciogliere la cocaina e mescolarla a una partita di carbone utilizzata come carico di copertura. In altre circostanze la droga era stata mascherata tra asparagi in scatola, banane. I fatti risalgono al 2013 e al 2014. La sostanza proveniva dai porti di Colombia, Cile, Equador e Perù. Il traffico avrebbe interessato anche la Germania come Paese di destinazione.
La droga, per ogni singolo viaggio, avrebbe avuto valore di circa 4 milioni euro. Farla passare dal porto di Brindisi per raggiungere Squinzano sarebbe stato più semplice. Ma i trafficanti non avevano messo in conto l’onestà di un militare della guardia di finanza che si tiene stretti i suoi 1.500 euro al mese.