“Guadalupi e gli altri non andavano arrestati: avevano prestato 10 mila euro all’avvocato”

Raramente il Tribunale del riesame ribalta la teoria accusatoria e arriva a credere più alla versione degli indagati che a quella della presunta vittima: accade per la vicenda dell’arresto dell’imprenditore brindisino Dario Guadalupi e dei suoi presunti complici. Guadalupi, incensurato, era stato arrestato e rinchiuso in carcere con l’accusa di aver tentato di estorcere denaro a un avvocato civilista brindisino. Insieme a lui i carabinieri avevano catturato Dionisio Livera, Antonio Montanaro e Luciano Giglio: richiesta di manette del pm Daniela Toscani e ordinanza del gip Maurizio Saso.
L’avvocato civilista, confortato dalla testimonianza di un suo collega di studio e dalla sua segretaria, sosteneva di essere vittima di una estorsione. In realtà – sostiene il Tribunale del riesame, il denaro che gli arrestati rivendicavano era relativo a un debito che l’avvocato aveva contratto con Guadalupi.
E’ il quadro che emerge dalle motivazioni dell’ordinanza con cui i giudici del di Lecce, il 24 marzo scorso hanno ordinato l’immediata scarcerazione di tutti gli arrestati.
E’ emerso intanto, elemento omesso dal legale nella denuncia, che egli era molto amico sia dell’imprenditore che degli altri personaggi coinvolti nella vicenda. Si erano conosciuti nella curva Sud dello stadio Fanuzzi ed era nata un’amicizia che era durata quindici anni, soprattutto tra l’avvocato e Guadalupi che era stato addirittura ospite per sette mesi in casa sua.
L’avvocato pare fosse oberato dai debiti e su sollecitazione di Guadalupi gli era stato fatto un prestito di diecimila euro, in parte recuperati dall’imprenditore con un finanziamento a nome della sua ditta, in parte con una colletta degli altri amici. Poi la banca aveva bloccato tutti i conti di Guadalupi che era in grosse difficoltà economiche e aveva dunque necessità di recuperare la somma per far fronte ai propri problemi.
L’imprenditore comunque non aveva preteso la restituzione dell’intera somma: aveva dimezzato il credito proprio come rimborso dei sette mesi trascorsi nell’abitazione dell’avvocato, aveva poi ricevuto lo scooter a parziale pagamento e altri mille euro erano stati scalati come parcella professionale in quanto il legale lo aveva assistito in alcuni processi civili.
Restavano tremila euro che l’avvocato aveva chiesto di restituire in dieci rate da 300 euro. Guadalupi aveva incaricato Livera di riscuotere le rate. Non potendo pagare neanche queste, l’avvocato aveva emesso due assegni, il primo dei quali sarebbe risultato scoperto.
Sulle modalità con cui Livera e gli altri pretesero la restituzione di quei soldi dovuti (che l’avvocato non riusciva proprio a ridare) si dovrà valutare la sussistenza di eventuali reati, dicono i giudici del Riesame. Vverificare in altre parole se i modi o i toni fossero o meno consoni. Ma in ogni caso né Guadalupi né gli altri andavano arrestati.
Per di più i giudici del Riesame hanno ravvisato diverse incongruenze nel racconto delle presunte minacce verbalizzato dal legale e dalla testimonianza dei suoi collaboratori. Non corrisponderebbero, date, situazioni e circostanze.
“Allo stato gli indizi nei confronti degli indagati non possono essere qualificati come gravi”, sentenzia il tribunale del Riesame che un mese fa ha rimesso in libertà tutti gli arrestati, accogliendo l’istanza presentata dai legali Mauro Masiello e Giuseppe Guastella.
Intanto Guadalupi e gli altri hanno trascorso quasi venti giorni di carcere, dal 7 al 24 marzo.