Una città senza politica, aspettando le lucertole #EDITORIALE IL7

Non vogliamo in questo breve spazio elencare gli errori commessi dall’Amministrazione commissariale da quando si è insediata a Palazzo di Città. E’ sufficiente ricordare quanto avvenuto nell’ultima settimana, con la “devastazione” della Festa patronale trasformata in una “non diciamo cosa” per risparmiarvi i 92 minuti di applausi. Un flop reso ancora più grave dal fatto che il Comune ha speso gli stessi soldi delle edizioni precedenti. Quasi in contemporanea il commissario Giuffrè ha avuto la geniale idea di togliere alle strutture private (hotel, stabilimenti balneari, agriturismo) la possibilità di celebrare matrimoni civili, proprio ora che questo tipo di cerimonie attirano, come funghi, milionari da tutto il mondo. Saranno grati al nostro commissario i sindaci e le strutture alberghiere dei comuni vicini.
Ma non desideriamo in questa sede incaponirci oltremodo sulle decisioni che vanno ben oltre l’ordinaria amministrazione del dottor Giuffrè. Desideriamo invece domandarci, visto che determinate scelte si ripercuoteranno su questa città ben oltre la scadenza naturale della gestione commissariale, dov’è finita la politica? Dove sono finiti i 17 signori che nello scorso mese di maggio si sono assunti la responsabilità di far cadere l’Amministrazione comunale? E quelli che invece si contendevano incarichi, deleghe assessoriali, enti di secondo grado, sagre e festival? Che fine hanno fatto? Wanted.
E’ come se l’opposizione avesse avuto come unico compito quello di far crollare la giunta, esaurito il quale c’è stato il rompere le righe per preparasi alle prossime elezioni: uno si fa fotografare in mutande al sole, un altro pubblica i video delle processioni di sconosciuti e lontani paeselli nei quali – per propria necessità – è andato a ricoprire incarichi istituzionali, altri ancora preparano l’ennesima candidatura a sindaco o a consigliere. Candidati per professione. Per non parlare del più tranquillo di tutti, che tanto la moglie gliel’hanno sistemata.
Ma anche quelli della fu maggioranza sono scomparsi. Liquefatti: sono stati cacciati dal Comune e ora se ne stanno a leccarsi le ferite, a scornarsi chissà dove, perché ogni sconfitta presuppone una resa dei conti, figurarsi dopo aver battuto qualsiasi record negativo di durata.
E loro di responsabilità ne hanno parecchie, visto che hanno contribuito – e non poco – a mandare a pezzi quella esperienza politica, vittime della loro cupidigia, della bramosia di avere piuttosto che di dare, pensando che sedere al tavolo del potere serva a sistemare i propri affari e, possibilmente, quelli degli amici. Ora stanno tutti zitti, evaporati pure loro. Ma ritorneranno, chissà con quali vessilli e nuove promesse politiche.
Eppure la politica aveva il dovere di restare presente, di vigilare anche sull’operato del funzionario di Stato e di continuare ad assolvere, pur senza un mandato istituzionale, al compito che si era assunto, per rispetto nei confronti dei cittadini e della stessa istituzione. Il commissario prefettizio non viene inviato dal Vaticano. Lo nomina il governo. Non è un tecnico, ma un uomo di apparato, ovviamente di grandi professionalità e senso morale, ma che viene nominato da un ministro il quale ha una sua precisa connotazione politica. E partitica.
Molte delle scelte (leggi nomine) operate dal commissario in questi mesi potrebbero (diciamo potrebbero) avere avuto una loro moderata ispirazione politica. Forse non è così, ma nessuno si è preoccupato di verificare. Nessuno dei famosi 17, noti urlatori nell’aula del Consiglio, ha avuto l’ardire di proferir parola. Neanche una battutina sul melone proiettato sulla scalinata di Virgilio, il vero simbolo di quanto questa città sia finita nelle mani di chi non l’ha capita per niente. Figurarsi gli altri, i defenestrati, quelli che dicevano di rappresentare la Brindisi del cambiamento. In quanto defenestrati, probabilmente, stanno cercando una porta per rientrare.
Insomma, tutti zitti e muti, a pensare ognuno agli affari propri. Ma non abbiate timore: tempo qualche settimana e li rivedremo in circolazione, freschi di barbiere e con il vestito buono, tutti armati di buoni propositi e pronti a determinare “la svolta per questa città”. Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato. La campagna elettorale è come quando spunta il sole. E i politici sono le lucertole.
Gianmarco Di Napoli