Pescatori di datteri: gli intoccabili

di Alessandro Caiulo per IL7 Magazine

Nonostante le severe norme esistenti in materia, capita ancora troppo spesso di incappare in fondali rocciosi (magari visitati pochi giorni o poche settimane prima in tutto il loro splendore) e trovarli devastati da pescatori di frodo, senza scrupoli che non esitano a martellare e distruggere decine e decine di metri quadri di scogliera sottomarina, pur di accaparrasi qualche chilo di un mollusco bivalve, il cui nome scientifico “lithophaga”, cioè mangia pietre, non dice niente, ma il cui nome comune “dattero di mare” è decisamente conosciuto e, purtroppo, anche appetito da tanti.
Solo quest’anno, durante le immersioni, abbiamo registrato ulteriori aggressioni al fondale, ad opera dei cosiddetti “datterari” che, incuranti dei divieti sanciti anche da convenzioni internazionali e leggi penali che ne vietano la pesca, come anche la vendita ed il consumo, hanno devastato a suon di martellate e scalpellate decine e decine di altri metri quadri di scogliera, desertificando fondali solo pochi giorni prima coloratissimi e spettacolari, in quanto fiorenti di vita e ricchissimi di coralligeno; in località Punta Penne, come al Serrone, davanti alla Batteria Brin ed ancora a Cala Materdomini, solo per indicare le località più vicine alla città e che dovrebbero essere maggiormente tutelate e salvaguardate.
Per tutta l’estate la Guardia Costiera ha sequestrato quintali di cozze e di pesce pescato in maniera illecita, ma mai un solo dattero risulta recuperato, né soprattutto sanzionato il pescatore-devastatore che ha spaccato la scogliera per rivenderlo ai ristoratori.
La scure della legge si abbatte impietosa, quasi sempre, su povera gente che, per far quadrare i conti familiari, “va a cozze” – per utilizzare l’usuale gergo che li definisce “cozzari”- prelevando dal mare altro genere di mitili, non protetti dalla legislazione ma agendo in violazione di una qualche ordinanza, senza arrecare alcun danno reale all’ecosistema marino.
In parole povere, i datterari sono pescatori subacquei senza scrupoli che con vari mezzi siano essi manuali, meccanici o pneumatici, frantumano quintali e quintali di rocce ad ogni immersione per estrarne dal loro interno i molluschi e questo comporta la distruzione di tutte le forme viventi che si trovano sulla superficie dello scoglio.
Per descrivere quello che è il reale danno all’ambiente provocato da questo commercio illegale, ci affidiamo alle parole di una grande appassionata di immersioni subacquee e bravissima fotosub, ma anche con i titoli accademici giusti per poter essere considerata una delle maggiori esperte del settore, Rossella Baldacconi, dottore di ricerca PhD in scienze ambientali: “Al di là della protezione del dattero di mare, la pesca di questo mollusco bivalve è severamente vietata dalla legge per motivi ben più importanti. Molti ignorano gli incalcolabili danni ambientali che un solo pescatore di datteri produce sul fondale marino roccioso con la sua attività illecita. Per prelevare i datteri è necessario frantumare la roccia in cui il bivalve scava dei fori dove vive nascosto. Lo strato superficiale degli scogli sommersi viene distrutto a martellate e ogni animale o vegetale insediato sulla roccia è destinato a soccombere. Studi scientifici hanno evidenziato che la roccia devastata dai datterari non viene più ricolonizzata dagli organismi marini. Si parla di una vera e propria desertificazione delle scogliere sommerse che permangono in uno stato impoverito, con valori di biodiversità molto bassi. La ricolonizzazione viene impedita dall’incessante azione di brucatura effettuata dai ricci di mare, in particolar modo dal riccio nero Arbacia lixula, che si alimenta delle larve appena insediate della maggior parte degli organismi che crescono sul fondo del mare. È evidente come l’impatto della pesca del dattero sia gravissimo, tanto più se si considera che le conseguenze negative non riguardano solo gli organismi bentonici ma anche i pesci. Determinate specie ittiche, infatti, tendono a diminuire nelle aree distrutte e questo perché non trovano più rifugio e nutrimento sulle rocce denudate e sono costrette a migrare in luoghi ancora integri. Nonostante il rigoroso regime di tutela e il divieto di pesca, il dattero viene tuttora richiesto e pescato lungo le coste pugliesi. Per tentare di arginare questo scempio dalle proporzioni incalcolabili, è necessario bloccare i pescatori di datteri denunciandoli alla Guardia Costiera se colti in flagrante, ma anche segnalare alle forze dell’ordine pescherie e ristoranti che vendono i bivalvi sottobanco. E non meno importante è sensibilizzare chi ancora consuma i datteri, informandolo dell’enorme danno che indirettamente produce sul mare. Fin quando ci sarà richiesta, la pesca distruttiva che rende i nostri mari sempre più poveri, non avrà fine”.
Già, per quanto possa sembrare assurdo, nonostante il divieto assoluto di pesca, vendita e commercio di questo mollusco, vigente da decenni in tutta Europa, sono ancora molti i ristoranti locali che lo inseriscono abitualmente nei loro menù o che lo offrono “sottobanco” ai clienti più affezionati, come pure le ricette a base di datteri di mare riempiono pagine e pagine, reali o virtuali del web, delle principali e più rinomate riviste culinarie.
Eppure, per far andare di traverso il pasto, basterebbe pensare che ogni volta che mangiamo un piatto di linguine o di spaghetti ai datteri di mare abbiamo personalmente sulla coscienza la distruzione pressoché irreversibile di un metro quadro di fondale marino e che un ristoratore che serve abitualmente ed a caro prezzo questo piatto ai suoi avventori è corresponsabile, né più né meno dei “datterari”, della desertificazione, ogni mese, dell’equivalente di un campo di calcio di scogliera sottomarina e della morte, oltre che dei prelibati molluschi, anche di milioni di altri organismi marini.