Barocco Festival, a San Vito l’ultimo spettacolo della XX edizione

«Siamo tutti napoletani» è l’appuntamento che chiude la XX edizione del «Barocco Festival Leonardo Leo». Un tema classico per la rassegna, che saluta la kermesse laddove si era messa in cammino, nel Chiostro dei Domenicani, a San Vito, domenica 10 settembre alle ore 21. Il concerto dell’ensemble palermitano «Les éléments», diretto da Piero Cartosio e affiancato dal soprano Rosalia Battaglia, accompagna il pubblico in un viaggio a ritroso fino alle origini delle tradizioni popolari napoletane.

Nel XVIII secolo Napoli ha rappresentato la culla e la capitale internazionale della cultura. I salotti napoletani erano frequentati da intellettuali che provenivano da ogni parte del mondo: musicisti, uomini di scienza, poeti, letterati, filosofi. All’epoca l’esperienza di un soggiorno a Napoli accreditava l’uomo di cultura: con un linguaggio contemporaneo diremmo che la sosta nei salotti napoletani conferiva allo studioso una certa “visibilità”. La posizione di “crocevia internazionale” della città ha chiare origini storiche legate alla sua posizione geografica nel Mediterraneo, al suo clima, alla proverbiale ospitalità del suo popolo. La storia di Napoli, dalle sue origini, è fatta di continui cambiamenti dovuti a incontri e dominazioni straniere che hanno lasciato traccia nel linguaggio, nella tradizione di vita, nella cultura in generale. Si dice che Napoli sia un teatro a cielo aperto nel quale non solo si assiste alla scena, ma ci si fonde con essa. Il contatto con diverse civiltà ha portato la città a evolvere sul piano culturale e soprattutto ad acquisire la capacità di essere recettiva alle novità.

Il concerto finale è un omaggio alla portentosa liaison di Napoli con la musica nel secolo dei lumi, nata dalla fervida attività dei quattro Conservatori e dai talentuosi musicisti che l’hanno resa la città più musicale delle capitali europee. Luoghi di formazione, riconosciuti e apprezzati in tutto il mondo, i Conservatori erano capaci di fornire agli allievi il necessario bagaglio per diventare compositore, cantante o strumentista al livello più alto, e consentire ai più eccellenti allievi l’accesso alle corti principesche di tutta Europa.

Molti compositori furono forgiati dall’indole della città ancor prima che dalla sua scuola musicale. Alcuni, di origine siciliana, pugliese o perfino francese, hanno contribuito a dare respiro europeo alla tradizione di una città che ha insinuato la suggestione di forme musicali fra il colto e il popolare destinate a diffondersi in modo capillare in tutta Europa.

Per questo «Siamo tutti napoletani», titolo di coda della rassegna diretta dal M.O Prontera, è un’iperbole sull’epicentro culturale partenopeo, sul suo gusto, sulla capacità di diffondere le sue tradizioni e il suo patrimonio artistico: Napoli era la vera capitale d’Europa. Contava, in quel periodo, 450.000 abitanti, a differenza di Londra e Parigi che arrivavano a circa 250.000; era la sede dell’innovazione intellettuale, alcuni pensatori stranieri (come Charles de Brosses nel 1739 nelle memorie di «Viaggio in Italia») la consideravano «capitale musicale d’Europa, che vale a dire, del mondo intero». Il «Festival» si chiude così, con il suo patrimonio di ascolto, con i tanti spettatori che hanno seguito la mappa della musica antica in provincia di Brindisi tra luoghi, suoni e suggestioni, con un appeal che ogni anno capitalizza interesse attorno ai concerti, con uno sguardo interessato a quella Scuola che ha avuto nella «Grande, luminosa e gentil città» la sua culla natale e prodiga.