Ecco come Brindisi da calabrese divenne pugliese

di Gianfranco Perri per IL7 Magazine

L’imperatore Augusto, tra il 9 e il 14 dC, intraprese un profondo riordino amministrativo della penisola italica, suddividendola in undici regioni e creando così la Regio II “Apulia et Calabria”, un po’ più estesa dell’attuale Puglia, e la adiacente Regio III “Lucania et Brutium”, nel sud del territorio peninsulare. La subregione “Apulia” occupò il territorio a nordovest dell’istmo Taranto-Ostuni, abitato da Dauni e Peuceti. La subregione “Calabria” – con la denominazione che i Romani gli attribuirono in sostituzione di quella precedente di “Messapia” – occupò il restante territorio a sudest dell’istmo abitato da Calabri e Salentini, nonché da Tarantini. Brindisi pertanto, “ai tempi di Roma” appartenne alla Calabria e ne fu la città di gran lunga più importante, di fatto la capitale.
E allora: “quando” la denominazione Calabria migrò? E “come” fu che migrò? E “perché” migrò? Inoltre: “quando e come” la Calabria cambiò nome? E “quando” fu formalmente incorporata alla Puglia? Il passaggio migratorio fu graduale e si sviluppò nell’Alto Medioevo. La denominazione che gradualmente sostituì Calabria fu quella di Terra d’Otranto e il suo territorio fu incorporato amministrativamente alla Puglia con la nascita – nel 1131 – del normanno Regno di Sicilia. Ma procediamo con ordine, e raccontiamo “i quando i come e i perché”.
Dopo la caduta dell’impero romano d’occidente, dalla storia formalmente ascritta all’anno 476 dC, la successiva dominazione gotica sull’Italia culminò con il ventennale conflitto greco-gotico che, nel 553, vide vincitori i Bizantini i quali instaurarono l’Esarcato di Ravenna nella città già capitale del regno italiano dei Goti e misero sotto il suo controllo il resto dei territori italiani conquistati.
Però, dopo solo pochi anni, a partire dal 568, i nordici Longobardi scesero in Italia e nel meridione crearono il potente Ducato di Benevento a caposaldo di tutto il sud della penisola, incorporandovi da subito quasi tutti i territori della Lucania e parte di quelli del Brutium e dell’Apulia e anche della Campania. Affianco, nei territori a est e a sud di Benevento non ancora occupati dai Longobardi, i Bizantini fondarono il Ducato di Calabria, integrando in tale entità amministrativa i territori della romana Calabria con quelli del romano Brutium, inizialmente uniti dalla fascia costiera nordoccidentale del golfo di Taranto.
Nel 663, l’imperatore Costante II sbarcò a Taranto e liberò temporalmente quasi tutto il meridione dalla presenza longobarda, senza però poter espugnare Benevento, da dove i Longobardi ritornarono ripetutamente all’attacco per ripristinare i loro domini e, dopo l’omicidio dello stesso Costante II a Siracusa nel 668, occuparono anche molti dei territori e delle città del Ducato di Calabria, tra cui Taranto e, nel 674, Brindisi. Fu probabilmente a partire da allora che il nome Calabria cominciò a essere utilizzato per designare indistintamente tutto il territorio storicamente appartenuto sia alla Calabria – ormai, eccetto Otranto, perduta dai Bizantini – che al Brutium, cominciando così a mandare quest’ultimo nome al dimenticatoio.
Nel 680, infatti, a Costantinopoli si tenne un Concilio e i vescovi che vi parteciparono, nel sottoscriversi, al nome proprio e a quello della diocesi aggiunsero anche quello della provincia o regione comprendente la diocesi. I vescovi di Tauriana, di Tropea, di Turii, di Locri, di Vibona, nonché quelli di Otranto e di Taranto, si dichiararono della “Calabria”. I vescovi di Cosenza, di Crotone, di Squillate e di Tempsa si dissero appartenenti al “Bruzio”. Evidenza che in quell’anno 680 dC si esitava ancora fra i due nomi e che, in conseguenza, il momento della sostituzione, o perlomeno dell’estensione della denominazione “Calabria” al “Bruzio”, va storicamente situato in una data seguente, anche se comunque prossima, a quell’anno.
Altra evidenzia, è il fatto che il pontefice Gregorio Magno, nel 601 mandò a trarre legname per l’impalcatura della basilica di San Paolo, dai boschi «del Bruzio», mentre al termine del secolo, quando il pontefice Sergio I ebbe ancora bisogno di quel legname da costruzione per i lavori della stessa basilica, lo fece estrarre «dalla Calabria». I due nomi diversi, quindi, rappresentavano evidentemente lo stesso luogo e il Bruzio, pertanto, al termine di quel VII secolo, si chiamava anche Calabria. Senza prove certe, tuttavia, che per quel momento l’antica Calabria avesse già sostituito ufficialmente il proprio nome con quello di Terra d’Otranto, né tanto meno, che fosse stata incorporata con una qualche formalità, alla Puglia. Quando – dunque – fu che ciò avvenne?
I Longobardi dominarono l’Italia per ancora cent’anni, fino al 774, quando i Franchi, chiamati in Italia dal papa Adriano, li sconfissero e consegnarono al papato gran parte del territorio centrale della penisola, dando così formale inizio al potere temporale dei papi e separando, anche fisicamente, la parte settentrionale dalla meridionale dello stivale. Mentre il settentrione passò sotto l’influenza del sacro romano impero, il meridione ritornò sotto il controllo – anche se solo nominale – bizantino, tranne Benevento che rimase autonomamente longobarda assurgendo a principato, e tranne la Sicilia che nell’827 fu occupata dagli Arabi.
Nell’880 i Bizantini, che di fatto della romana Calabria avevano per lungo tempo conservato saldamente solo Otranto con il suo territorio, ristrapparono ai Longobardi varie città, tra cui anche Taranto e Brindisi e fondarono il Thema di Langobardia con capitale Bari, affiancandolo al Thema di Calabria con capitale Reggio. E con quel nuovo riassetto amministrativo, l’antica Calabria rimase incorporata al nuovo Thema di Langobardia.
A quell’epoca quindi, la denominazione “Calabria”, già in precedenza estesa al Bruzio, aveva ormai finito con l’abbandonare del tutto il suo originale territorio: la migrazione del nome si era definitivamente consumata, mentre dell’antica Calabria, era stata a lungo Otranto con la sua Terra ad averne identificato di fatto la centralità e, implicitamente anche se non ancora formalmente, anche il nome.
Con il nuovo millennio, infine, l’intricata e caotica situazione economica politica e militare del meridione italiano incontrò una graduale e radicale via d’uscita con l’arrivo dei Normanni, i quali nel 1041 batterono i Bizantini impossessandosi di gran parte del loro Catapanato d’Italia e nel 1042 fondarono, con capitale Melfi, la Contea di Puglia, estesa su alcuni territori appartenenti a Capitanata, Gargano, Apulia e anche Campania.
Nel 1047, il sacro romano imperatore Enrico III legittimò i possessi dei Normanni e nel Concilio di Melfi del 1059, la contea fu elevata a ducato dal pontefice Niccolò II e Roberto il Guiscardo fu nominato duca di Puglia e di Calabria. Poi, nel 1071, il dominio dei Bizantini nel meridione italiano cessò del tutto quando i Normanni conquistarono il resto dei loro territori e li incorporarono al loro ducato, fondando la contea di Lecce e il principato di Taranto, al quale fu ascritta anche Brindisi. Finalmente, Roberto il Guiscardo conquistò anche i due rimanenti principati longobardi di Benevento e Salerno e così, nel 1078, quasi tutto il meridione della penisola integrò il Ducato di Puglia e Calabria.
Nel 1127 Guglielmo II, duca di Puglia e Calabria, morì senza figli e gli succedette il fratello Ruggero, già conte di Sicilia e unificatore pertanto di tutti i possedimenti normanni del meridione italiano, il quale, nella notte di Natale del 1131, fu incoronato re del novello Regno di Sicilia – nato unendo i territori della contea di Sicilia, dei ducati di Puglia e Calabria, del ducato di Napoli e del principato di Capua – amministrativamente suddiviso in quattro unità: Sicilia, Calabria, Apulia e Terra di Lavoro. I confini delle tre unità continentali furono invero piuttosto labili e, anche se la loro struttura amministrativa non fu ben definita, nell’Apulia furono chiaramente compresi anche tutti i territori della romana Calabria: la contea di Lecce, la contea di Nardò, la contea di Soleto e il principato di Taranto, con ascritta Brindisi, che da allora – quindi – appartiene “formalmente” alla Puglia.
Poi, sotto gli Svevi, nel 1230 Federico II riformò tutta l’amministrazione del regno, sopprimendo le contee e istituendo i giustizierati. La Puglia fu allora suddivisa in quattro giustizierati: Basilicata, Capitanata, Terra di Bari e Terra d’Otranto in cui fu inclusa Brindisi e comprese inizialmente tutta la penisola salentina e una parte della regione delle Murge includendo il territorio materano. Questa circoscrizione fu conservata sotto gli Angioini e gli Aragonesi, mentre, verso la fine del vice regno spagnolo, nel 1663, il giustizierato di Basilicata e il territorio di Matera furono sottratti alla Puglia e passarono ad integrarsi con il territorio di Potenza e di Melfi.
Quello status amministrativo del regno di Napoli perdurò, più o meno invariato, fino alla promulgazione della legge napoleonica del 1806 con cui si soppressero i giustizierati introducendo le province. La provincia di Terra d’Otranto comprese i quattro distretti: Lecce, Taranto, Gallipoli e Mesagne, sostituito nel 1814 da Brindisi. L’organizzazione amministrativa postnapoleonica del regno delle Due Sicilie mantenne sostanzialmente lo stesso assetto napoleonico e dopo l’unità d’Italia del 1861, la provincia di Terra d’Otranto fu denominata provincia di Lecce. Durante il ventennio fascista, la provincia di Lecce fu suddivisa in tre con la creazione, nel 1923, della provincia di Taranto e, nel 1927, di quella di Brindisi. Così, la romana Calabria – l’antica Messapia – dopo quasi duemila anni perse una sua denominazione ufficialmente unitaria.
Ebbene, si è data risposta al “quando e come” l’originale denominazione Calabria sia migrata da una all’altra delle due penisole dell’estremo sud italiano, ed ha avuto anche risposta il “quando” il territorio in cui è Brindisi cominciò a denominarsi Terra d’Otranto e fu formalmente incluso nella Puglia. Quindi, manca solo rispondere al “perché” di tutto questo insolito processo. Insolito non per il cambio di un toponimo – cosa in effetti storicamente abbastanza comune e di fatto naturale – ma insolito per la migrazione di un toponimo da un luogo ad un altro. Perché mai spostare la denominazione “Calabria” dal suo storico territorio ad un altro territorio, che del resto un nome storico proprio già lo aveva?
Purtroppo, finora non ci è ancora stato dato di giungere a un’unica spiegazione certa: lo storico Michele Schipa, che si occupò a lungo dell’argomento, nel 1895 scartò un’ipotesi ai suoi tempi abbastanza accreditata e ne avanzò una seconda, sua. Eccole:
«Quando i Longobardi occuparono Taranto e Brindisi, intorno al 670, del territorio della vecchia romana Calabria, che pur aveva dato il proprio nome all’intero ducato bizantino comprendente anche il Bruzio, restò ben poco, praticamente e a mala pena solo Otranto. E fu a quel punto che ai Bizantini non venne migliore idea che, per occultare quella grave perdita e salvare l’onore o l’apparenza, inventarsi traslare il nome del territorio perduto “Calabria” al territorio in buona parte conservato “Il Bruzio” per poter così ufficialmente affermare che la “Calabria” continuava ad essere saldamente bizantina».
Potrebbe reggere tale spiegazione? Ebbene, Schipa lo esclude e avanza la possibilità che, invece: «Una volta ridotto a un lembo il territorio bizantino resistente sulla punta estrema della romana Calabria e benché fisicamente separato dal meridionale Bruzio, fu naturale continuare a mantenere il nome “Calabria” per tutta l’unità amministrativa ancora bizantina, nonostante fosse costituita da un territorio che nella quasi sua totalità era del Bruzio. E così fu che, per anni e anni, il territorio del Bruzio continuò a denominarsi ufficialmente ducato di Calabria e quindi… Calabria. Del resto, l’accettazione non dové incontrare molti ostacoli, giacché si trattava di un “bel nome dalla dolce fisionomia greca, per cui molti l’han ritenuto – forse a torto – greco in carne ed ossa”».
Certo è, che l’antica romana Calabria non tornò più ad essere stabilmente bizantina e, dopo i tanti anni bui e ormai senza un vero territorio proprio, fu anche derubata del suo nome e infine, quando venne ufficialmente suddivisa in tre unità amministrative, dovette anche rinunciare al nome sostituto. Poi, di recente si è pensato bene di rifondare quell’antica unità territoriale ripartendo da una nuova denominazione: “Salento”. Ma, non essendo possibile il ritorno a “Calabria”, non sarebbe forse più giusto riassumere la storica denominazione “Messapia” ?