“Le febbri”, gli straordinari personaggi di Clara Nubile

Su iniziativa del Comitato di Brindisi della società Dante Alighieri, lunedì 11 settembre, presso il giardino della Pasticceria “Bernardi”, sul lungomare di Brindisi, con inizio alle ore 19, sarà presentato l’ultimo libro di Clara Nubile, “Le febbri” (Besa Editrice, 2017). Sabrina Amorella intervisterà la scrittrice, mentre l’attore Adriano Dagnello leggerà alcuni brani.

Con questa raccolta di racconti la nostra conterranea, grande scrittrice, poetessa e traduttrice editoriale, torna ad ammaliarci con la sua scrittura elegante e fortemente evocativa e con nuove affascinanti storie.

Ancora una volta fanno da cornice ai racconti di Clara Nubile l’India e il sud est asiatico, luoghi carissimi all’autrice che, com’è noto, vive tra l’Italia e l’India, con tutto il loro fascino e le loro disarmonie, la loro bellezza e le loro atrocità.

Echi di alcuni dei numi tutelari della scrittrice (o… santi, come li chiama lei stessa nella pagina dei ringraziamenti finali) – Vittorio Bodini, Joseph Conrad, Antonio Tabucchi – compaiono qua e là a ispirare e assecondare la magica scrittura della Nubile, accompagnando i personaggi dei quindici racconti, e con loro noi lettori, in un viaggio continuo a cavallo tra la nostalgia e i rimpianti e la ricerca interiore. Già, perché forse chi viaggia non vuole tanto visitare nuovi luoghi o conoscere altre persone ma piuttosto sfuggire ai propri fantasmi e/o (ri)trovare se stesso.

Clara ci presenta personaggi umanissimi, straordinari nella loro normalità. Come l’inglese Stephen, al quale il fratello ha regalato un biglietto per l’India (“Ehi, bro’, tu c’hai bisogno di riprenderti”) e che nel tentativo di sfuggire a una ipotetica maledizione evocata da un sogno finisce impiccato per un equivoco, colpevole “di aver parlato la lingua sbagliata”. O come la scrittrice Bruna, dalla “cerniera del cuore rotta”, che nel racconto “Lo sguardo ritornato”, splendido omaggio della Nubile ad Antonio Tabucchi, incontra in sogno il grande scrittore toscano che la invita a scrivere di Goa, un posto “intriso di sangue corsaro, saudade, superstizioni e incanto” e la consola per essere risultata positiva a una malattia piuttosto comune (“Il rimorso? Stia tranquilla, ne soffro anch’io, ed è per questa ragione che sono diventato un fantasma”). O la prostituta Cherry, uccisa da un cliente piagnucoloso, contrariato da un semplice gesto d’affetto con il quale lei voleva confortarlo. E il buffo Hitendra che, tornato in India dopo aver vissuto trent’anni a Roma, continua a vagheggiare il ritorno nell’amata Italia e intanto fa scorpacciate dei film di Lino Banfi e combatte la nostalgia con “un limoncello fatto in casa, coi limoni di Sorrento”, e un “olio extravergine di oliva umbro, spremuto a freddo”. E, ancora, Giulia, studentessa italiana di sitar a Mumbai, infastidita dalla difficoltà di capire, durante il corso di hindi, il caso obliquo (“io amo i casi diretti”), ma in realtà irritata dall’obliquità della vita e consapevole perciò “di aver proprio bisogno di una lezione privata per imparare a districarsi in tutti i casi obliqui che si presentano, e si presenteranno, nella vita.”
E infine, solo per citarne ancora uno tra i tanti, il bellissimo personaggio di Sushila Gupta, anziana insegnante di hindi di Giulia, rigorosa come insegnante ma “sgrammaticata” nella vita privata, che in Giulia, “quell’italiana strampalata, che parla in hindi coi venditori di strada e i bambini randagi, e li bacia senza paura, li prende in braccio, asciuga il moccio di quella povertà col dorso nudo della mano”, rivede se stessa giovane, quando senza paura protestava contro i dominatori inglesi e rivendicava i diritti degli “intoccabili”, ragazzini e bambini fuori casta che non avevano diritto a varcare la soglia della mensa scolastica e perciò non mangiavano ma rovistavano nei rifiuti.

Se l’Asia fa da sfondo a quasi tutti i racconti di questa raccolta, non manca, il richiamo, sempre presente in Clara Nubile, delle irrinunciabili radici salentine, con le sue arcaiche e mitiche suggestioni. E così altro luogo a lei carissimo è l’Alto Salento, segnatamente la frazione di Tuturano, nel quale è ambientato uno dei racconti più felici, “L’indiano”, nato dal ricordo della nonna dell’autrice, Ernestina, che durante la guerra incontrò un soldato indiano dell’esercito inglese, internato presso la masseria Paticchi, e gli regalò, perché potesse lavarsi, un pezzo di sapone lucente, semplice ma meraviglioso gesto di spontanea accoglienza.

E sebbene Clara Nubile, proprio parlando di quel pezzo di sapone lucente, concluda, un po’ amaramente ma purtroppo realisticamente, nella pagina finale intitolata “Le geografie di questi racconti”, scrivendo “Peccato che quella luce, come la tolleranza e la solidarietà tra i popoli, si stia lentamente estinguendo”, a me piace vedere in quel sapone lucente e in quel giovane indiano e quella ragazzina tuturanese, e nel loro fugace e gentile incontro, una fiammella di speranza di pace e fratellanza che non può spegnersi del tutto e che magari tornerà a risplendere. Un racconto, “L’indiano”, significativo, emblematico compendio di questo imperdibile libro che raccoglie, come conclude la quarta di copertina, “racconti preziosi, sul significato dell’incontro e della diversità”, anche quando a incontrarsi sono solo due fantasmi”.

Michele Bombacigno