“La chiave di Sara”: passione, sentimenti e sogni di teatro

di GIUSY GATTI PERLANGELI 

Io ho capito qual è la “chiave di Sara”. Ho capito il perché di quel magico rituale che si compie ogni volta con una partecipazione di pubblico più intensa, entusiasta e commossa.

“Revolution” è un tuffo nel passato di una generazione che aveva ancora voglia di coltivare sogni, di guardare le stelle con l’incanto negli occhi, di stupirsi e appassionarsi davanti alla tv che trasmette “Lascia o Raddoppia” con Mike Bongiorno.

La “chiave di Sara” è l’empatia che crea col “suo” pubblico, che la sente un po’ figlia, un po’ sorella, un po’ amica, ma mai estranea e distaccata, e ne  apprezza l’innegabile talento. Ed è per questo che, quando Sara chiama, come lunedì scorso, 18 agosto, nel giardino dell’ex Convento Santa Chiara, Brindisi risponde e corre a vivere con lei la promessa di un’avventura mai tradita.

Sul palco (in teatro o sotto le stelle, poco importa…) Sara, Daniele (Guarini) & Daniele (Bove) sono capaci di rievocare un’atmosfera irripetibile: i 10 anni che cambiarono il mondo. E lo fanno attraverso i costumi, le parole, le canzoni.

Sono gli anni del Boom economico e mentre i Beatles suonano al Cavern Club di Liverpool e Yuri Gagarin diventa il primo uomo in orbita attorno alla Terra, la protagonista di Revolution, nata nel 1940, sogna di volare nello spazio “comeValentina Tereshkova” e prega “Lady Madonna cullu serpenti sott’alli piedi” di incontrare i Fab Four.

Ma la nostra “Uardastelle” (“come il pupazzo del presepe che indica la cometa con la faccia da mucculone”) è troppo lontana da tutto, sia dall’orbita di Gagarin (326 km) e sia da Liverpool (3000 km almeno…): non ha ancora un fidanzato, e “nonna Tetta la giapponese” (“la chiamano così perché tiene gli occhi a mandorla”) dice che “se continua a babbare davanti alla finestra non ce l’avrà mai”.

A Brindisi tutto è immobile: i ragazzi e le ragazze fanno le vasche al Corso, “dai giardinetti di giù alla marina fino a piazza Vittoria”: gli uni a sinistra le altre a destra. Ogni tanto uno di loro passa la barricata che li divide per tentare un approccio: “Permette ‘na parola?!”, con la tipica cadenza cantata dei brindisini e l’immancabile dito indice puntato verso l’alto, a sottolineare che si richiedeva solo ‘na parola, una soltanto, almeno per rompere il ghiaccio…

Se, mentre recita, distogli gli occhi da lei, Sara, che domina magneticamente la scena, e guardi intorno a te, nel pubblico, vedi le persone che, con aria sognante e malinconica, fanno “sì sì” con la testa “Me lo ricordo eccome!” e, canticchiando “Hey Jude”, col gomito danno un colpetto alla moglie che, da ragazza, sicuramente passeggiava lungo il Corso nella sua zona di competenza.

Le classi sociali a Brindisi, negli anni Sessanta, stanno a debita distanza tra loro (“I signorotti (…) seduti ai tavolini del bar Torino o del caffè Anelli; i contadini a fumare in piazza Cairoli ) e le giovani coppie di fidanzati-di-nascosto mettono i genitori davanti al fatto compiuto attraverso la “fuitina…”

Tuttavia, anche Brindisi sta per essere sconvolta dalla “Revolution”, da quella Rivoluzione Industriale appunto, che, sia pur con due secoli di ritardo rispetto all’Inghilterra di Sua Maestà, attecchirà, cambiandone il volto, anche nella nostra città.

“Dato che Brindisi non si decideva a decollare verso la modernità, era stata la modernità ad atterrare a Brindisi”.

Nel ’62, infatti, viene completato il primo lotto della Montecatini per la produzione del popipopilene…polipopi…polipropilene…insomma, la plastica! E, per i dipendenti, vennero edificate delle graziose villette a due piani con giardino e garage, una affianco all’altra, tutte uguali: “Sembrava un pezzo di periferia staccato dall’America e riattaccato a Brindisi con lo sparatrappo”.

Moltissimi giovani trovarono lavoro e la fabbrica sembrò a tutti una benedizione, quasi un intervento miracoloso di Lady Madonna!

La ragazza del 1940 ha 22 anni e dalla finestra guarda la luna, le stelle, i fuochi arancioni dei bruciatori della Montedison e pensa a Roberto.

Il ragazzo più bello di Brindisi, ad una delle feste della commare ricca (ma tanto ruscona, “l’unica che avesse un giradischi nel raggio di un chilometro”), si  era avvicinato e le aveva chiesto “Balli con me?” e lei, che ancora si mangiava le mani e si dava pugni in testa quando ci pensava, aveva risposto “Mancomorta!”.

Chissà se Roberto stava pensando a lei mentre svolgeva il suo lavoro di operaio proprio lì, alla Montecatini: “se entro tre secondi si accende una fiamma vuol dire che lui mi sta pensando. Uno, due, due e mezzo, due e tre quarti…” Ma il giochino non funzionava mai.

Gli anni Sessanta scorrono nel racconto fluido e avvincente di Sara, sapientemente orchestrato all’interno della trama narrativa di Emiliano Poddi, al punto di farti desiderare d’esserci stata o di ritornarci, se li hai vissuti…

Anni difficili e contraddittori certo!

John F.Kennedy e poco dopo suo fratello Bobby furono assassinati, poi Malcom X e Martin Luther King. Erano gli anni del Vietnam, della Guerra Fredda e del Muro di Berlino; sul finire del decennio la Primavera di Praga si concluse con il rogo di Jan Palach.

Tuttavia, passarono alla storia come “I favolosi anni Sessanta”, nel senso che “non riescono mai a essere veramente tristi; magari ci vanno molto vicino, arrivano a sfiorare la malinconia ma poi c’è sempre qualcosa – un ricordo, la strofa di una canzone – che ce li farà pensare per sempre come anni speciali. D’altra parte lo diceva anche John (Lennon)”.

In quegli anni però accadde qualcosa che avrebbe cambiato la storia e la vita di tutti per sempre. La missione spaziale Apollo 11  per prima portò l’uomo sulla Luna: Armstrong mise piede sul suolo lunare, il 21 luglio alle ore 02:56.

Incollati alla tv di Nunnabricida, la commare ricca (“l’unica ad averla nel raggio di un chilometro”), c’erano proprio tutti: sulla tavola la colossale guantiera di paste delle grandi occasioni.

“Il modulo lunare si chiamava Eagle, disse Tito Stagno (…). La discesa verso la Luna avrebbe richiesto molto tempo, disse Ruggero Orlando, l’inviato della Rai negli Stati Uniti. “Sì, ma quanto, di preciso?” chiese Tito Stagno. Ruggero Orlando disse che non lo sapeva. “Circa tre ore” disse zio Enrico. “Chi vuole questa parigina alla crema?” disse Nunnabricida. “Houston, do you receive me?”, disse Armstrong. “CC’è dittu?” chiese zio Tonino. “Cose dell’altro mondo” disse nonna Tetta, e allungò la mano ossuta verso la guantiera delle paste”.

Sara è capace di evocare quel salotto e ci invita tutti lì, con lei, ad assistere all’allunaggio con una pasta alla crema tra le mani.

 

La Uardastelle, che a 29 anni non ha ancora perso il vizio di babbare alla finestra, pensa a Roberto. “Se entro tre secondi si accende la fiamma (…) vuol dire che sta pensando a me”: il gioco non funziona neanche questa volta. Ma poi si affaccia alla finestra e vede che la luna era lì, grande più del normale: un palloncino bianco gonfiato ad elio con un filo di nylon che la ragazza ripercorre con gli occhi come un ragnetto il filo della ragnatela.

A Brindisi erano le 22 e 17 quando l’Eagle raggiunse la Luna. “Ha toccato” disse Tito Stagno. “Non ancora” disse zio Enrico, subito seguito da Ruggero Orlando. “Ma insomma, Ruggero: ha toccato o no?”. “None”, disse zio Enrico”.

La ragazza del 1940, approfittando del battibecco televisivo più famoso di tutti tempi si precipitò fuori dalla porta. Alla fine del filo di nylon a cui era legato il palloncino, “in sella sulla sua moto Guzzi, con la tuta della Montecatini e il casco integrale in mano” c’era Roberto e l’inizio di un amore.

Sara ti fa palpitare quando narra del bagno a Punta Penne (da allora ribattezzato Mare della Tranquillità) sotto una luna romantica e promesse di felicità.

E’ dolce e struggente quando racconta della fine dell’incantesimo, quell’8 dicembre del 1977, quando, come i sogni, le finestre esplosero in mille schegge, il cielo si riempì di bagliori arancioni e per strada risuonarono le sirene delle ambulanze.

Il Roberto della storia, il “suo” Roberto, era di turno nel reparto P2T e la ragazza del 1940 non poteva crederci. Ancora una volta aveva chiuso gli occhi, pur sapendo bene che quel gioco non avrebbe mai funzionato:  “conto fino a tre e quando li riapro le fiamme non ci sono più… uno, due, due e mezzo…”

Era andato in frantumi un mondo intero, una concezione della vita e del lavoro: la fine di tutto.

Era l’8 dicembre del ’77: lo stesso giorno e lo stesso mese di tre anni dopo, nel 1980 John Lennon veniva ucciso a New York da quattro colpi di pistola sparati da Mark Chapman.

Gli anni Sessanta erano finiti da un pezzo e con essi si era dissolta la loro apparente leggerezza, la spensieratezza infantile e goliardica che anche chi non li ha vissuti, associa a quel decennio. Ebbero inizio, infatti, gli “anni di piombo”. Altro che leggerezza…

“Perché vai a vedere lo spettacolo se lo hai già visto”, mi chiedono. “Vado a rivedere lo spettacolo proprio perché l’ho già visto”, rispondo.

Io lo so qual è la “chiave di Sara”, quella soavità che la contraddistingue quando si muove: è una limpidezza interiore che solo i grandi hanno. E’ la capacità di farsi da parte quando i due magnifici musicisti, con la tuta blu della Montecatini, Daniele Guarini (voce) e Daniele Bove (pianoforte) consentono ad un’altra protagonista, la musica dei Beatles, di entrare in scena e prendersi gli applausi ed evocare i ricordi. Non colonna sonora dunque, la straordinaria interpretazione delle hits dei Beatles di Daniele&Daniele, ma presenza comprimaria a tutti gli effetti di un’attrice, Sara Bevilacqua che, esaltata dalla drammaturgia di Emiliano Poddi, a tratti, mi ricorda la versatilità di Monica Vitti, intensa, carismatica e comica ad un tempo.

Io lo so qual è la “chiave di Sara”, capace di passare dall’italiano all’inglese al dialetto brindisino quasi fossero una lingua sola, incredibilmente attenta alla storia della sua città, al punto di darle un ruolo unico e fondamentale all’interno della macrostoria.

Io lo so qual è la “chiave di Sara”, quella che apre cuore e ricordi e ti fa venir voglia di prendere con lei un appuntamento nuovo, al più presto.

Alla prossima, Sara.

 

 

Meridiani Perduti

REVOLUTION

di Sara Bevilacqua; drammaturgia di Emiliano Poddi

con Sara Bevilacqua, Daniele Guarini – voce, Daniele Bove – pianoforte

regia di SARA BEVILACQUA