Un libro alla settimana. Il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupery

“Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire”.
Questa la felice definizione che Italo Calvino ha coniato per definire quel libro, quel racconto o romanzo che “CI” attraversa, lascia dentro di noi un po’ di sé, e prosegue nella sua corsa metastorica, arricchendo, una generazione dopo l’altra, un numero imprecisato ma enorme di cuori e menti.
“Chiamasi classico un libro che si configura come equivalente dell’universo, al pari degli antichi talismani”(ancora Calvino).

Sembrano semplici definizioni, ma se ci riflettiamo, non possiamo che concordare.
 E libri così, classici in questo senso, ce ne sono davvero tanti.
In questo momento, penso ad un romanzo, semplice…di una semplicità che solo le cose davvero grandi sanno raggiungere.
Chi lo ha letto ha capito al volo che sto parlando de Il piccolo principe, di Antoine de Saint-Exupery.
E’ un piccolo grande libro che ha il potere, solo a nominarlo, di farmi sentire un brivido.
Quella che contiene è una verità che si svela fin dalla prima lettura, ma si arricchisce a diventa più profonda ad ogni ri-lettura.
Ri-leggere: è l’unica operazione che conduce verso il cuore del libro e, per suo tramite, si raggiunge il proprio cuore. Una volta giunti alla meta, si “vede” meglio di prima, si “sente” con maggiore intensità: si giunge direttamente, così, a cogliere anche l’essenza di chi amiamo…
 
Questo romanzo contiene una “fascinazione”, una malìa che te lo fa cercare sugli scaffali delle librerie dove si è entrati per comprare l’ultima novità editoriale.
Si sa già che a casa, nella “propria libreria” ce ne sono già tre o quattro copie: la prima, quella che tuo padre ti ha regalato a cinque anni (“perché è ora di affrancarsi dai lupi che mangiano le nonne, dalle principesse che perdono scarpette e da mostri che uccidono le mogli”), la seconda, ricevuta dalla tua amica del cuore alle medie (“perché non si vede bene che col cuore”); dalla terza in poi sono tutti acquisti compulsivi che si  fanno ogni volta che se ne presenta l’occasione.
 
L’ultima copia della mia “collezione” l’ho comprata mentre, in classe, parlavo del “fanciullino” di Pascoli (“È dentro noi un fanciullino che non solo ha brividi […] ma lagrime ancora e tripudi suoi”): è una versione pop-up, meravigliosa, che ha il potere di far tornare bambino appena lo si apre. Il giorno dopo l’ho portato a scuola, per condividere questa gioia semplice con i ragazzi. Ogni pagina contiene la chiave d’accesso a un mondo che si apre davanti agli occhi, tanto che non si può non manifestare il proprio stupore!
 
Lo stupore! Sgranare gli occhi davanti a una nuova meraviglia! Non perdiamolo e non permettiamo che i nostri bambini non sappiano cos’è.
 
La storia è nota a tutti, ma la riassumo invitandovi a riprendere il libro in mano e rileggerlo con una consapevolezza diversa rispetto alla prima volta, convinta che ci ritroverete messaggi nuovi e inediti.
 
Un aviatore compie un atterraggio di fortuna nel deserto del Sahara (curiosa e irrisolta la coincidenza che vuole che l’autore del romanzo, Antoine de Saint-Exupéry sia rimasto vittima di un incidente aereo che pare qui preconizzato).
Al suo risveglio incontra un bambino, il piccolo principe, che viene da un altro pianeta: “Mi strofinai gli occhi più volte (…) E vidi una straordinaria personcina che mi stava esaminando con grande serietà
 
“Per piacere, disegnami una pecora!”: questa la strana richiesta del bambino.
 
Per quanto si adoperi per accontentarlo, il bambino non è mai soddisfatto, fino a quando l’aviatore non disegna una scatola con dei buchi al cui interno dice si trovi la pecora.
 
“Questo è proprio quello che volevo. Pensi che questa pecora dovrà avere una gran quantità d’erba?”
“Perché?”
“Perché dove vivo io, tutto è molto piccolo!”
“Ci sarà certamente abbastanza erba per lei, è molto piccola la pecora che ti ho data”.
Si chino sul disegno:
“Non cosi piccola che – oh guarda! – si e messa a dormire…
“E fu cosi che feci la conoscenza del piccolo principe”.
 
Solo allora il piccolo principe è contento, perché “l’essenziale è invisibile agli occhi (…) Non si vede bene che col cuore”.
 
Il racconto parla del viaggio che il principe-bambino compie per conoscere l’universo vagando da un asteroide all’altro. E durante il suo cammino incontra individui strani, ognuno con delle caratteristiche particolari: un re triste perché non ci sono uomini su cui comandare, un ubriacone che continua a bere per non provare la vergogna di bere, un uomo che accende e spegne continuamente i suoi lampioni.
Dietro ogni storia si celano i vizi e le virtù di ogni uomo e il desiderio di migliorarsi, attraverso piccoli passi, per stare in armonia con gli altri e con se stessi.
 
Quello che traspare dal libro Il piccolo principe, che ha segnato generazioni con il suo significato tangibile, è come gli uomini, crescendo, smarriscano il candore e il contatto con le cose veramente importanti, non cogliendo più il senso di ciò che possiedono, che vivono e provano (“Gli adulti non capiscono mai niente da soli ed è una noia che i bambini siano sempre eternamente costretti a spiegar loro le cose”).
 
Il romanzo è dedicato a Léon Werth (“quando era un fanciullo”), il migliore amico di Saint-Exupery, un israelita tenuto in ostaggio in Francia, che teme la fame e il freddo e ha bisogno d’essere consolato.
 
All’interno di un’atmosfera fantastica, il romanzo racconta la dolorosa solitudine di un bambino che non riesce a diventare adulto (“Sai…quando si è molto tristi si amano i tramonti”): è il fanciullino malinconico e seducente che ciascuno di noi, pur inconsapevolmente, tiene conservato e protetto nelle pieghe dell’anima (“Tutti i grandi sono stati piccoli, ma pochi di essi se ne ricordano”).
Il suo unico affetto è la rosa che ha dovuto lasciare sul suo pianeta: “Se tu vuoi bene ad un fiore che sta in una stella, è dolce, la notte, guardare il cielo. Tutte le stelle sono fiorite”.
Nel racconto aleggia un mistero, racchiuso in una frase che il piccolo principe dice all’aviatore sulla sua morte e che risuona come una premonizione: “Ti dispiacerà. Sembrerò morto e non sarà vero”.
 
Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry è un romanzo che, nel suo nitore, è portatore di valori essenziali: la purezza, l’armonia e l’amore per l’universo e per tutti gli esseri che lo popolano.
“Non ti chiedo miracoli o visioni, ma la forza di affrontare il quotidiano.
Preservami dal timore di poter perdere qualcosa della vita.
Non darmi ciò che desidero ma ciò di cui ho bisogno.
Insegnami l’arte dei piccoli passi”.
 
Spero non me ne vogliate (potete saltarlo a piè pari!), ma non resisto alla tentazione di riportare un intero passaggio del romanzo che mi è caro al punto da saperlo quasi tutto a memoria, non perché mi sia impegnata ad impararlo, ma per una questione di “affinità elettiva”. Ogni volta è un’emozione nuova e antica.
Credo che sia una delle più belle pagine di letteratura che siano mai state scritte.

In quel momento apparve la volpe.
“Buon giorno”, disse la volpe.
“Buon giorno”, rispose gentilmente il piccolo principe, voltandosi: ma non vide nessuno.
“Sono qui”, disse la voce, “sotto al melo….”
“Chi sei?” domandò il piccolo principe, ” sei molto carino…”
“Sono la volpe”, disse la volpe.
” Vieni a giocare con me”, disse la volpe, “non sono addomesticata”.
“Ah! scusa “, fece il piccolo principe.
Ma dopo un momento di riflessione soggiunse:
” Che cosa vuol dire addomesticare?”
” Non sei di queste parti, tu”, disse la volpe” che cosa cerchi?”
” Cerco gli uomini”, disse il piccolo principe.
” Che cosa vuol dire addomesticare?”
” Gli uomini” disse la volpe” hanno dei fucili e cacciano. E’ molto noioso!
Allevano anche delle galline. E’ il loro solo interesse. Tu cerchi le galline?”
“No”, disse il piccolo principe. ” Cerco degli amici. Che cosa vuol dire addomesticare?”
” E’ una cosa da molto dimenticata. Vuol dire creare dei legami…”
” Creare dei legami?”
” Certo”, disse la volpe. ” Tu, fino ad ora per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma.se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo.”
” Comincio a capire”, disse il piccolo principe. ” C’è un fiore…. Credo che mi abbia addomesticato…” 
“E’ possibile”, disse la volpe “capita di tutto sulla terra…”
“Oh! Non è sulla terra”, disse il piccolo principe.
La volpe sembrò perplessa:
” Su un altro pianeta?”
” Sì”
” Ci sono dei cacciatori su questo pianeta?”
” No”
” Questo mi interessa! E delle galline?”
” No”
” Non c’è niente di perfetto”, sospirò la volpe.
Ma la volpe ritornò alla sua idea:
” La mia vita è monotona. Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me .Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio per ciò. Ma se tu mi addomestichi la mia vita, 
sarà come illuminata. Conoscerò il rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi faranno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiù in 
fondo, dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me è inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color d’oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai 
addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano…” 
La volpe tacque e guardò a lungo il piccolo principe:
” Per favore …..addomesticami”, disse.
” Volentieri”, rispose il piccolo principe, ” ma non ho molto tempo, però.
Ho da scoprire degli amici e da conoscere molte cose”.
” Non si conoscono che le cose che si addomesticano”, disse la volpe.” gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!”
” Che bisogna fare?” domandò il piccolo principe.
” Bisogna essere molto pazienti”, rispose la volpe.
” In principio tu ti sederai un po’ lontano da me, così, nell’erba. Io ti guarderò con la coda dell’occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po’ più vicino….” 
Il piccolo principe ritornò l’indomani.
” Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora”, disse la volpe.
” Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi, alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell’ora aumenterà la mia felicità.
Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore… Ci vogliono i riti”.
” Che cos’è un rito?” disse il piccolo principe.
” Anche questa è una cosa da tempo dimenticata”, disse la volpe.
” E’ quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un’ora dalle altre ore. C’è un rito, per esempio, presso i miei cacciatori. Il giovedì ballano con le ragazze del villaggio. Allora il giovedì è un giorno meraviglioso! Io 
mi spingo sino alla vigna. Se i cacciatori ballassero in un giorno qualsiasi i giorni si assomiglierebbero tutti, e non avrei mai vacanza”.
Così il piccolo principe addomesticò la volpe.
E quando l’ora della partenza fu vicina:
“Ah!” disse la volpe, “…Piangerò”.
” La colpa è tua”, disse il piccolo principe, “Io, non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi…”
” E’ vero”, disse la volpe.
” Ma piangerai!” disse il piccolo principe. 
” E’ certo”, disse la volpe.
” Ma allora che ci guadagni?”
” Ci guadagno”, disse la volpe, ” il colore del grano”.
soggiunse:
” Va a rivedere le rose. Capirai che la tua è unica al mondo”.
“Quando ritornerai a dirmi addio ti regalerò un segreto”.
Il piccolo principe se ne andò a rivedere le rose.
“Voi non siete per niente simili alla mia rosa, voi non siete ancora niente” , disse.
” Nessuno vi ha addomesticato e voi non avete addomesticato nessuno. Voi siete come era la mia volpe. Non era che una volpe uguale a centomila altre.
Ma ne ho fatto il mio amico e ne ho fatto per me unica al mondo”.
E le rose erano a disagio.
” Voi siete belle, ma siete vuote”, disse ancora. ” Non si può morire per voi. Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, è più importante di tutte voi, perché è lei 
che ho innaffiata. Perché è lei che ho messa sotto la campana di vetro, Perché è lei che ho riparato col paravento. Perché su di lei ho ucciso i bruchi (salvo due o tre per le farfalle). Perché è lei che ho ascoltato 
lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perché è la mia rosa” E ritornò dalla volpe.
” Addio”, disse.
“Addio”, disse la volpe. “Ecco il mio segreto. E’ molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi”.
” L’essenziale è invisibile agli occhi”, ripeté il piccolo principe, per ricordarselo.
” E’ il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante”.
“E’ il tempo che ho perduto per la mia rosa…” sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
” Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare.
Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa…”
” Io sono responsabile della mia rosa….” Ripetè il piccolo principe per ricordarselo.

Imperdibile.

Giusy Gatti Perlangeli