Osanna, la Domenica delle Palme una tradizione sempre viva

di Giovanni Membola per IL7 Magazine

Nella tradizione biblica ed evangelica il termine Osanna indica il grido di gioia, di lode e il saluto a Dio. E’ una espressione che deriva dalla lingua ebraica ed aramaica che significa “aiutaci, salvaci”, ma è anche l’invocazione rivolta a Gesù durante il suo ingresso nella città santa di Gerusalemme dal popolo festante che lo acclamava agitando rami d’ulivo e di palma.
Proprio durante la Domenica delle Palme continua a rivivere una della più remote tradizioni religiose brindisine, detta dell’Osanna, ovvero la lettura dell’Epistola e del Vangelo in lingua greca. E’ certamente uno degli ultimi residui del rito greco dell’intero Salento, conservato per secoli dalle numerose colonie greche qui stabilite durante la lunga dominazione bizantina, terminata con l’arrivo dei normanni nel X secolo. Le successive egemonie non hanno impedito alla folta etnia proveniente dall’altra sponda dell’Adriatico di portare avanti i propri riti religiosi più rilevanti, solo nel 1645 vi fu un tentativo da parte del vescovo brindisino Dionisio O’Driscol di proibire l’antica tradizione, ritenuta poco appropriata per la chiesa cristiana, ma dal Vaticano fu decisa la sua conservazione.
Sino ai primi degli anni ’50 il rito si svolgeva in una collinetta posta al limite della città nei pressi dell’antica chiesa dei Cappuccini, che ha dato poi il nome all’attuale strada; oggi in questo luogo vi sono i locali dell’ex pesa pubblica, proprio sul punto dove confluiscono le due strade (via Cappuccini e via Osanna). Sono ormai rarissimi gli anziani che ricordano ancora questo originale rito pasquale, conosciuto come “Lu Sannai” abbreviativo evidente del termine ebraico, e solo grazie ai loro ricordi raccolti negli anni si è potuto ricostruire ed immaginare questo luogo sacro di cui non è rimasto nulla.
Don Pasquale Camassa, nella sua Guida di Brindisi (1897), così lo ha descritto: “uscendo da porta Mesagne e prendendo la strada di S.Vito, si osserva un monticello ricoverto in buona parte di erba grassa, sormontato da uno spiazzaletto al quale si accede per una gradinata. Sullo spiazzaletto a forma quadrata, e che era il pavimento d’una chiesetta greca, sorge ancora nel mezzo una colonnina con croce lapidea. A lato un leggio perimetrale in pietra, che rappresenta l’antico ambone. Nel sotterraneo si venerarono per lungo tempo alcune devote immagini bizantine dipinte con greca semplicità”.
Originariamente su questo monticello a forma tronco conica, si poteva accedere dalle scalinate in pietra disposte sui quattro lati, mentre la colonna in marmo sormontata da una croce e posta al centro della sommità è stata ipotizzata essere la stessa conservata all’interno della chiesa di Santa Maria del Casale, risalente al IX-X secolo, ma non tutti gli studiosi concordano su tale attribuzione. La cripta quadrangolare sotterranea, una volta ricca di pitture parietali bizantine, già ai primi anni del ‘900 era in forte degrado e veniva utilizzata come stalla.
La processione di fedeli cattolici e greco ortodossi, con in testa il Capitolo ed rappresentanti delle diverse confraternite dell’epoca, prendeva origine dalla Cattedrale dopo la benedizione dei ramoscelli di ulivo, percorreva cantando le strade cittadine sino a giungere alla collinetta, dove si svolgeva il rito della lettura del Vangelo in lingua greca, e “al momento in cui la folla dei fedeli udiva la parola ‘Osanna… Osanna”, veniva elevato il grido ‘Sannà… sannà…’ e ognuno agitava, alzando in cielo, il ramo d’ulivo che aveva portato con se” (G. Catanzaro, 1997).
Dai racconti emerge anche un altro aspetto non propriamente legato alla religiosità, ma inerente il corteggiamento tra i giovani dell’epoca: la cerimonia rappresentava infatti una delle rare occasioni per scambiarsi languidi e fugaci sguardi, forieri di possibili fidanzamenti.
Terminata la cerimonia, sempre particolarmente partecipata, si tornava alle proprie abitazioni dove veniva conservato gelosamente il ramoscello di ulivo benedetto, alcune parti della fronda venivano portate dai contadini nelle campagne, dai pescatori sulle barche, dai falegnami nelle botteghe (la putea), era un modo per diffondere la benedizione ricevuta ma anche una forma di richiesta di protezione divina contro ogni male. Un rituale, a sfondo scaramantico religioso, che continua a sopravvivere tra i veterani del mestiere.
La tradizione dell’Osanna continua a svolgersi regolarmente la Domenica delle Palme presso la Cattedrale o in altre chiese del centro di Brindisi con la processione dei fedeli guidata dall’Arcivescovo di Brindisi e la lettura solenne del Santo Vangelo dall’Archimandrita della Chiesa Ortodossa. La partecipazione alla cerimonia negli ultimi anni è tendenzialmente aumentata, non solo da parte della componente appartenente alla Comunità Ellenica di Brindisi, Lecce e Taranto, ma anche dei fedeli che professano la fede cattolica.
La celebrazione viene svolta anche nella frazione di Tuturano, dove è altresì antica la compresenza di rito greco e latino, e dove la “processione della Sannà” ha sempre tenuto vicino la parrocchiale greca a quella cattolica durante le funzioni religiose evocative dell’arrivo di Gesù in Gerusalemme. Anche qui è presente, all’ingresso del centro abitato, una colonna dell’Osanna realizzata in pietra di Carovigno tra il XVI e il XVII secolo, che nel tempo ha cambiato diverse ubicazioni.
La presenza in tutto il Salento di colonne sormontate da una croce sui luoghi di questa “espressione della devozione popolare” è ritenuta interessante e meritevole di approfondimenti da parte degli studiosi: la funzione rituale del pilastro è stata spesso ricondotta a matrici precristiane in alcuni culti pagani, successivamente ricondotti sotto l’egida cristiana.