Tonya, pattinatrice forte e fragile ma antisportiva

di Elena Giuliano per IL7 Magazine

Uno dei grandi scandali americani che suscitò più scalpore nel mondo dello sport degli anni 90.
Tonya Harding, protagonista ancora vivente del nuovissimo film nelle sale “I, Tonya”, si racconta in prima persona attraverso la splendida interpretazione di Margot Robbie.
Le due hanno molto in comune, a parte la folta chioma bionda e gli occhi color ghiaccio, la Robbie riesce perfettamente a calarsi nei panni di una delle atlete più controverse e fuori dagli schemi del pattinaggio artistico. La sua vita è fin da subito molto difficile, la madre si dimostra violenta e anaffettiva e suo papà, che sembra essere il suo unico vero amico, la abbandona dopo il divorzio.
Tonya cresce quindi tra urla e ferite, fino a portarla addirittura a pensare che forse è proprio questo il modo di amare, tant’è che poi si fidanzerà col suo primo e unico ragazzo, Jeff Gillooly anche lui uomo violento e di poca etica.
La sua quotidianità, nella vita come in questo film è composta principalmente da allenamenti giornalieri e continui che la costrinsero a lasciare perfino gli studi per dedicarsi in tutto e per tutto al pattinaggio artistico.
Quello che manca e mancherà sempre a Tonya è la grazia e l’eleganza tipiche di una campionessa in questo sport e sarà proprio questa sua scarsa propensione a rappresentare “la figlia perfetta di una famiglia perfetta” di cui l’America ha bisogno, la ragione per cui le sarà mai permesso di raggiungere i risultati che merita, pur essendo stata l’unica pattinatrice donna americana ad essere riuscita a portare a termine in una competizione il cosiddetto triplo axel, una figura apparentemente molto difficile e quasi impossibile anche per i professionisti.
Vengono raccontati soprattutto gli innumerevoli litigi col marito, che lei non arriverà mai a lasciare definitivamente e che, suo malgrado, diventerà anche la causa principale della sua squalifica permanente da tutte le competizioni di pattinaggio.
L’evento che, infatti cambierà per sempre la sua vita è il coinvolgimento nell’incidente che vide come vittima una sua collega, candidata come lei alla partecipazione alle olimpiadi Nancy Kerrigan.
La ragazza infatti fu colpita a una gamba da un estraneo, mentre rispondeva alle domande di un giornalista, guarda caso la stessa con cui la pattinatrice sarebbe dovuta atterrare dopo i salti. La storia ci confermerà poi che effettivamente Tonya, già conosciuta dal mondo per la sua indole irrequieta e poco gentile, era coinvolta anche se in minima parte, nell’incidente.
Guardando le vere immagini risalenti a quegli anni, si può notare una netta somiglianza tra tutti i protagonisti principali e gli attori, anche le stesse scene sono ricostruite alla perfezione dal regista Craig Gillespie e dalla sceneggiatura, tanto che persino le figure di pattinaggio sono quasi tutte le stesse realmente portate in gara dalla Harding. Si può dire sicuramente un ottimo lavoro, lo stesso che è valso un premio Oscar ad Allison Janney come miglior attrice non protagonista e altre due candidature come miglior attrice e miglior montaggio.
Naturalmente la vera Tonya – che dopo la sua squalifica ha continuato a far parlare di se dedicandosi prima alla boxe femminile poi al cinema, con scarsi risultati – oggi dichiara di aver visto e anche amato il film, per molti motivi che vanno dal realismo con il quale molti personaggi, sono stati resi in maniera quasi perfetta, fino all’orgoglio nel constatare che nonostante tutto, la sua vita fatta di vittorie ma principalmente di fallimenti possa aiutare gli altri a sentirsi speciali, ognuno a modo suo. Nonostante non sia esattamente un ottimo esempio di sportività, il personaggio di Tonya ci appassiona e ci fa sentire vicini a lei, soprattutto nella sofferenza.