Basket giovanile, troppi flop: la ricetta di due esperti

di Felice Rizzo per IL7 Magazine

I recenti risultati nel Torneo delle Regioni, importante vetrina del basket giovanile nazionale, per le nostre rappresentative regionali (11° posto per la femminile e 16° posto per la maschile) hanno aperto un vivace dibattito sul web. Abbiamo “girato” a due noti ed apprezzati istruttori giovanili – peraltro responsabili tecnici delle due principali società giovanili della città – le domande che i delusi, ma anche alcuni addetti ai lavori, hanno posto; una sorta di “intervista doppia” da cui sono scaturite indicazioni interessanti.
I piazzamenti conseguiti esprimono il reale valore attuale del movimento cestistico giovanile pugliese?
Gianfranco Patera (Aurora Brindisi)
Se abbiamo come metro il TDR – e fatto salvo che un’annata è diversa da un’altra – il valore medio degli ultimi 5 anni attesta la Puglia maschile intorno al 8°/10° posto, mentre la femminile tra il 10°/12° posto. Dovendoci esprimere su questi dati, in generale credo che si possa e si debba fare di più, soprattutto in chiave di reclutamento, della presenza nelle scuole e nel passaggio dal minibasket al basket. I nostri ragazzi mancano di confronti e sicuramente la posizione geografica non favorisce la partecipazione a tornei in ambito nazionale che richiedono un elevato dispendio di risorse economiche.
Gianluca Quarta (New Basket Brindisi):
ridurre la visione di un intero movimento cestistico al semplice risultato che una rappresentativa di ragazzi di una particolare annata ottiene al TdR mi sembra banale e soprattutto deviante. A mio avviso starei più attento a quello che succede settimanalmente all’interno dei campionati (U14 nella fattispecie) per cercare di raccogliere dati che permettano di comprendere in maniera chiara se i nostri ragazzi migliorano individualmente in maniera costante e continuativa. E se non lo fanno domandarsi il perché.
Al TdR partecipano davvero i migliori prospetti pugliesi o spesso si fa ricorso a qualche convocazione “geo-politica”?
Patera: Ogni anno c’è sempre chi si lamenta della mancata convocazione del proprio atleta futuro Micheal Jordan o che la convocazione sia stata fatta rispettando dei parametri geo-politici. Mi rifiuto di pensare che un selezionatore, un istruttore, possa essere condizionato da fattori esterni al rettangolo di gioco; poi comunque le scelte in quanto tali possono essere opinabili ma è soprattutto un problema di conoscenza degli atleti.
Quarta: la domanda è un po’ tendenziosa ed utilizza una logica del “sospetto” che onestamente non condivido. Di trame complottistiche e di favoritismi politici non me ne intendo e, ne sono certo, neanche lo Staff Tecnico regionale. Da allenatore mi preoccupa di più che un mio atleta non riesca ad accelerare e concludere con la mano debole dopo un anno di lavoro, più che sprecare energie chiedendomi se lo stesso non sia stato scelto per qualche “arcano” motivo geopolitico.
Il modo di condurre le selezioni in Puglia è ancora valido o sarebbe più opportuno modificarlo? E come?
Patera: Credo che la scelta fatta negli ultimi anni di non far disputare il Trofeo delle Province U13 sia stata deleteria, in quanto ha di fatto cancellato il primo e principale step per la nascita della selezione regionale. Il Trofeo delle Province aveva due prerogative: a) allargava la base del reclutamento e difficilmente un ragazzo meritevole non faceva parte della selezione provinciale; b) gli atleti di piccole società, o che magari non facevano parte di un gruppo omogeneo, potevano confrontarsi con atleti di pari o miglior livello, oltre ad essere allenati dai migliori istruttori provinciali. Il Trofeo delle Province rappresentava quindi un momento in cui realmente si aveva il polso della situazione regionale e da lì sarebbe opportuno ripartire, proseguendo con selezioni interprovinciali ,per arrivare a quella regionale aperta. Un ulteriore problema si pone nella scarsa conoscenza dei referenti e degli allenatori dei campionati, perché tante volte un atleta che sembra un fenomeno in allenamento si perde in partita e poterlo seguire o avere degli osservatori costanti che monitorano le partite almeno del campionato di riferimento darebbe ulteriore mezzi per arrivare alla composizione della squadra. Ultimo problema è che questa squadra dovrebbe fare molte più partite, magari facendola giocare contro le squadre U15 d’eccellenza per acquisire una maggiore coesione soprattutto nell’affrontare difficoltà crescenti.
Quarta: la Puglia è lunghissima e per questo non facile da gestire e tenere sotto monitoraggio continuo. Forse l’integrazione tra Staff Tecnico e club potrebbe essere ancora più penetrante con giornate dedicate a visite a domicilio dei club da parte del RTT (figura non professionale, lo ricordo). Ma in questo molto contano i club e la volontà di attivarsi con iniziative continue. Questo non per vincere la prossima partita o il prossimo torneo, ma per attivare sinergie propositive andando oltre il retropensiero postumo, che onestamente serve a poco.
La scelta dei Responsabili Tecnici Territoriali e dei tecnici delle squadre è meritocratica o si privilegia qualche provincia a scapito di altre?
Patera: Mi chiedo invece perché si sia passati dalla scelta del Referente Tecnico Territoriale su indicazione del Responsabile settore giovanile nazionale (del quale doveva essere una longa manus sul territorio regionale) alla designazione fatta dal C.R.. Certo fa specie che un RTT non abbia mai allenato una squadra che partecipi ad un campionato d’Eccellenza; o che nelle altre Regioni il RTT è stato quasi sempre una figura carismatica e/o con meriti riconosciuti per il lavoro svolto con i giovani. Ancora di più fa specie che la selezione regionale della Puglia sia sempre affidata a giovani allenatori, proiettati in una competizione di alto livello del tutto impreparati. Le altre regioni? Faccio alcuni esempi :il Lazio è stato allenato negli ultimi anni da Enrico Gilardi, ex nazionale ormai sessantenne, e da Donato Avenia. Nel TDR 2018 l’Emilia Romagna è stata allenata dal cinquantenne Ambrassa, che allena a Rimini da diversi anni nei campionati d’eccellenza e DNB. Allora mi chiedo: sbagliano queste regioni o non è il caso di affidare queste squadre ad istruttori con esperienza che, oltre che allenare i ragazzi, possano formare anche i giovani allenatori che sarebbero chiamati ad affiancarli? Per quanto riguarda la provenienza dei RTT la domanda trova le fondamenta nella costatazione che gli ultimi 4 RTT su 6 da quando è stata istituita questa figura sono della provincia di Bari; ma probabilmente sono stati giudicati i più idonei.
Quarta: ancora la logica del “sospetto”. Non credo sia semplice per nessuno scegliere 12 ragazzi a fronte di tantissimi visionati durante l’anno. Molto più importante è il percorso che i ragazzi fanno fino a quella scelta, un percorso ad imbuto ovviamente, fatto di confronto tecnico ad un livello più alto di quello che trovano nelle rispettive società.
TdR a parte, cosa dovrebbero fare le società per migliorare il livello qualitativo del nostro settore giovanile?
Patera: Il primo problema è la mancanza di investimenti sui settori giovanili che porta inevitabilmente ad un decadimento della qualità del lavoro. Viceversa, una costante e produttiva attenzione sul vivaio garantirebbe un ritorno economico e di prestigio; ma soprattutto impedirebbe o rallenterebbe la piaga della depredazione dei migliori talenti che, troppo spesso, vivono illusioni alimentate da pseudo procuratori, mercanti di carne, che non fanno né il bene del ragazzo né quello del movimento.
Quarta: Bisogna prendere atto che le società fanno quello che ritengono utile per il loro personale conto. Gli istruttori sono sottopagati, perché in questo preciso momento storico il settore giovanile è considerato da molti, purtroppo, un costo da contenere. Ne consegue che quantità e qualità del lavoro decada in maniera costante. Difficilmente si riesce ad immaginare una figura professionale come quella dell’Istruttore giovanile ed a nulla servono paragoni da “History Channel” purtroppo. Sarebbe meglio supportare ed aiutare chi ogni giorno entra in palestra cercando di dare un senso di miglioramento e progressiva crescita al proprio lavoro quotidiano nei confronti dei giovani; ma sono onesto e drastico dicendo che nel corso dell’anno nel campionato di riferimento (U14) ho visto squadre molto migliorate sul piano complessivo, ma non altrettanto evidenti miglioramenti individuali nei singoli. Insomma continua a vedersi troppo la mano dell’allenatore come stratega della vittoria e poco quella dell’istruttore come mediatore dell’apprendimento del giovane atleta. Ma questo è un discorso lungo quanto tutta la Puglia.