Bomba contro la “Megale Hellas”, ormai è guerra dei vini

La guerra del vino non è più nella provincia Sud di Brindisi una competizione concorrenziale fondata sulla qualità della produzione: da mesi ormai si combatte a suon di attentati, con un’escalation preoccupante e che riporta a certe atmosfere vissute alla fine degli anni Ottanta quando proprio intorno alla gestione delle cantine si sono combattute guerre spesso sanguinarie. Un ordigno esplosivo di fabbricazione artigianale è stato collocato nella tarda serata di mercoledì 2 settembre sotto un silos degli stabilimenti Megale Hellas, una delle più grandi aziende della provincia di Brindisi.
Siamo a San Pietro Vernotico, nei pressi del cimitero comunale, sulla strada che porta a Torchiarolo. L’ingresso è presidiato dalla vigilanza privata, ma l’azienda è così grande che gli attentatori possono essersi facilmente introdotti dalle centinaia di metri di recinzione che proteggono i silos, gli uffici amministrativi e le strutture per lo stoccaggio del vino e aver collocato l’ordigno.
Dovrebbe trattarsi di una bomba carta, collocata accanto al rubinetto del silos che ha una capacità di centinaia di ettolitri di vino e che era pieno a metà. I danni non sono stati gravi, ma la deflagrazione, intorno alle 11 di sera, è stato forte ed è stata avvertita distintamente in tutto il paese.
Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco del comando provinciale di Brindisi e i carabinieri. Non sono state diffuse immagini dell’interno segno che le indagini sono particolarmente delicate.
Il 4 luglio scorso, pochi chilometri più lontano, presso l’azienda “Cantine Due Palme” di Cellino San Marco, tre mezzi furono bruciati in un incendio di origine dolosa. I furgoni andati completamente distrutti erano proprio quelli utilizzati per le consegne: due Daily con cassone centinato e un Eurocargo, parcheggiati accanto tra loro, andati a fuoco per un effetto domino. Le telecamere accertarono che il fuoco era stato appiccato da un individuo incappucciato.
Lo stesso presidente della cantina, Angelo Maci, il 18 luglio, era finito nel mirino degli attentatori: alcuni colpi di pistola vennero esplosi contro la sua abitazione, alla periferia di Cellino San Marco. In quel momento non c’era nessuno in casa.
La vicenda appare ancor più delicata se si considera che è di poche settimane fa la conclusione delle indagini sull’operazione Ghost Wine del Nas di Napoli e Taranto e della Procura della Repubblica di Lecce che a luglio dello scorso anno portò all’arresto di 11 persone interessando soprattutto proprio l’attività della cantina Megale Hellas di San Pietro Vernotico. Nell’operazione sono inoltre coinvolte, oltre a 49 persone fisiche, anche dodici società, con le quali si ipotizza l’associazione per delinquere.
Tra le accuse ci sarebbe la commercializzazione di un prodotto vinoso a basso costo spacciato come bevanda di qualità e di origine biologica. Un’inchiesta alla quale la cantina vinicola Due Palme di Cellino è estranea.
L’inchiesta condotta dalla procura di Lecce, con il contributo fondamentale del Nas dei carabinieri, ha aperto uno squarcio inquietante sui vini prodotti nel Salento, a cavallo tra le province di Brindisi e Lecce, soprattutto quelli con etichette importanti e che dovrebbero esaltare le qualità delle uve nostrane. Secondo gli investigatori, arrivavano nel Salento camionate di vino scadente prodotto in Spagna che veniva poi adulterato nei sapori e nei colori sino a renderlo assolutamente simile a quello originale che veniva poi imbottigliato con etichette pregiate: Primitivo di Manduria Doc, Salice Salentino Doc, Brindisi Rosso Doc, Brindisi Negramaro rosso Doc, Primitivo, Salento Susumaniello, Aglianico e molti altri.
La novità clamorosa rispetto alla prima fase dell’inchiesta è stata negli ultimi mesi il coinvolgimento di una delle case vinicole di maggiore tradizione e con il più alto fatturato in Italia: la “Botter Carlo & C. spa” di Fossalta di Piave, provincia di Venezia. E’ un’azienda con quasi cento anni di storia che commercia in Italia e all’estero vini italiani dall’affermata qualità, molti dei quali provenienti da vitigni autoctoni. Secondo gli inquirenti la società per azioni presieduta da Alessandro Botter e precedentemente da Arnaldo Botter (entrambi indagati) sarebbe socia occulta della Megale Hellas di San Pietro Vernotico e si sarebbe occupata di commercializzare in tutto il territorio nazionale e all’esterno il vino adulterato.
Abbattimento dei costi e dei tempi di produzione per soddisfare le richieste dei clienti, riuscendo a raddoppiare o addirittura triplicare il numero di bottiglie prodotte dalla Megale Hellas e che la società Casa vinicola Botter vendevano e commercializzavano: questo sarebbe l’obiettivo dell’adulterazione del vino, secondo gli inquirenti.
Ci sarebbe un altro grande “partner”, fondamentale per chi decide di adulterare il vino in quantità industriale: il produttore di zucchero. Ed è questo il ruolo che viene attribuito alla società Gruppo AM srl che avrebbe fornito quasi giornalmente elevati quantitativi di saccarosio di barbabietola e di canna necessari per la sofisticazione, tutte ovviamente forniture in nero. Perché la legge vieta la vendita di partite di zucchero agli stabilimenti vinicoli, per motivi comprensibili. Tonnellate di zucchero per adulterare ettolitri di vino prodotti dalla Megale Hellas di San Pietro Vernotico.
Lo zucchero non era l’unica sostanza non consentita scoperta dai carabinieri del Nas nel corso dell’inchiesta: presso la sede di San Pietro Vernotico della Megale Hellas fu rinvenuta una sostanza liquida viscosa dal colore rosso intensissimo risultata “soluzione acquosa di gomma arabica e antociani”, utilizzata come riempitivo e colorante per la sofisticazione di vini. Presso la sede di San Pancrazio vennero trovati sacchi di fruttosio e acidi e basi forti come Rigen, Clean Acid e soda caustica. Sempre presso la Megale Hellas furono scoperti 400 litri di una sostanza liquida viscosa di colore rosso risultata “estratto acquoso proveniente dalle bucce di uve rosse”, dotata di elevatissima capacità colorante.
Tra le essenze necessarie alla sofisticazione, anche quella che forniva al vino profumi e sapori tipici dell’invecchiamento prolungato in botte: con questo fine veniva utilizzata la sostanza aromatizzante denominata “Ellagitan”, estratta da legno tostato di quercia o da altri pezzi di legno tostati, che taroccava in poche ore l’invecchiamento di anni.