
Renato De Giorgi, 51 anni, a un certo punto della sua vita sembrava aver smesso i panni del malavitoso che vestiva sin dagli anni Novanta, quando aveva messo su, giovanissimo, una sua squadra di contrabbandieri. Nel 2010, dopo aver scontato l’ultimo debito con la giustizia, sembrava essere uscito dal carcere animato da buoni propositi, tanto da fondare “Famiglie fratelli ristretti”, un’associazione unica sul territorio italiano, affiliata al Partito Radicale, che si proponeva addirittura di nominare Marco Pannella come presidente ad honorem e che aveva sede presso il terminal privato di Costa Morena.
L’ultima apparizione pubblica di De Giorgi, come presidente dell’associazione e a piede libero, fu nel giugno 2017 quando, insieme a un deputato del centrodestra e a un gruppo di dirigenti radicali, donò tre calcio balilla ai detenuti del carcere di Brindisi. Meno di un anno più tardi venne arrestato in Grecia, tra Parga e Lefkada, dopo che in una sua attività commerciale erano stati trovati 3027 chili di cocaina. Fu rinchiuso, e lì si trova tuttora, nel carcere di Preveza, alla periferia dell’Epiro.
La detenzione ellenica sembra non aver limitato troppo le sue attività imprenditoriali e la sua capacità di gestire, anche a distanza i suoi affari. Lo ha scoperto la guardia di finanza di Brindisi le cui indagini hanno portato il gip all’emissione di un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca di una tabaccheria, di un terreno e di un immobile che De Giorgi avrebbe acquisito attraverso prestanome: uno dei figli e un suo commercialista. I due sono indagati a vario titolo, a piede libero, insieme alla figlia del professionista, per intestazione fittizia di beni e autoriciclaggio.
A coordinare l’inchiesta condotta dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza sono stati i pm Luca Miceli e Simona Rizzo che hanno chiesto e ottenuto il sequestro dei beni di un valore che si aggira intorno ai 400 mila euro, del tutto sproporzionato ai redditi dichiarati.
La tabaccheria sequestrata è una di quelle storiche di Brindisi: si trova in piazza Vittoria, angolo via Ferrante Fornari. La rivendita, acquistata dal precedente titolare nel 2015, è intestata formalmente alla figlia del commercialista. La Finanza, attraverso accertamenti bancari, ha scoperto che il denaro per l’acquisto era stato messo insieme grazie a due bonifici bancari effettuati da De Giorgi alla figlia e da questa poi girati al commercialista con la formula del prestito personale. La figlia del detenuto era stata poi assunta come dipendente della tabaccheria. Il commercialista avrebbe già ammesso che il denaro per l’acquisto della tabaccheria derivava da un prestito di De Giorgi ma ha affermato di averlo restituito per intero. In realtà non ci sarebbe alcuna traccia documentale di restituzione, ad eccezione di un bonifico di 10 mila euro sul conto della figlia di De Giorgi.
Il 17 maggio 2018, poco prima dell’alba, un ordigno di notevole potenziale provocò danni gravissimi alla tabaccheria, un episodio che scosse l’opinione pubblica al punto che l’associazione Libera organizzò un presidio di solidarietà davanti all’esercizio commerciale, in piazza Vittoria. In realtà gli investigatori non inserirono mai l’episodio tra gli attentati di natura estorsiva, evidentemente già a conoscenza del fatto che il reale proprietario dell’attività aveva una lunghissima serie di precedenti penali. Il vero movente, l’identità dell’uomo incappucciato che i filmati di videosorveglianza mostrano mentre colloca l’ordigno e il mandante di quell’attentato non sono mai stati accertati, anche se ora un’idea potrebbero essersela fatta.
Oltre alla tabaccheria, la Finanza ha posto sotto sequestro un terreno in contrada Giannarichella, alla periferia di San Vito dei Normanni, su cui era in corso la costruzione di un fabbricato. Il terreno era formalmente intestato al figlio di De Giorgi, il quale, privo di qualsiasi reddito (sul conto corrente aveva 79 euro), lo aveva comprato nel 2018 durante un’asta giudiziaria presso il Tribunale di Brindisi con denaro incassato grazie a due assegni circolari staccati dal padre e attraverso la creazione di una società, la “Plastic Trade Company”, il cui unico socio è lo stesso figlio di De Giorgi, e che acquistòun’auto – secondo gli investigatori fittiziamente – per creare altro contante in nero da investire nel terreno.

Per finanziare il progetto successivo, che è quello di costruire un’abitazione e una piscina, trasformando quel pezzo di terra in una villa di lusso, con lavori per oltre 40 mila euro, i De Giorgi avrebbero simulato la vendita fittizia dell’intero complesso a un complice nullatenente che versò 40 mila euro come caparra, senza mai completare l’acquisto né avviare azioni legali per ritornare in possesso del denaro già versato. Secondo la Finanza, un’operazione fittizia allo scopo di riciclare denaro per altra operazione finanziaria. Autoriciclaggio, insomma.
Renato De Giorgi (nei cui confronti parallelamente alla richiesta di confisca dei beni viaggerà quella di irrogazione della sorveglianza speciale) era stato già sottoposto a una misura di prevenzione personale che gli era stata revocata il 22 giugno 2005 “per il suo comportamento ossequioso degli obblighi impostigli e per il suo inserimento nel mondo del lavoro”. Decisiva in quella valuzione la creazione di “Famiglie fratelli ristretti” e il lavoro svolto nei primi anni di vita dell’associazione per tutelare i diritti dei detenuti. Un’attività su cui si spera speso anche il Partito Radicale che ne aveva rilanciato le iniziative facendole proprie.
In quel periodo Renatino aveva pagato tutti i suoi debiti scaturiti dal contrabbando di sigarette, compreso l’arresto in piena operazione Primavera, nel marzo 2000, poco dopo l’uccisione di due finanzieri a Brindisi. De Giorgi all’epoca era a capo di una delle più quotate squadre contrabbandiere della città.
Ma il salto di qualità lo fece proprio dopo quell’arresto e la fine del contrabbando. Secondo gli investigatori sarebbe entrato nel commercio della droga, puntando subito a un livello alto perché lui non si è mai confuso troppo con la bassa manovalanza.
L’arresto in Grecia con quasi 30 chi di cocaina è arrivato prima di due grandi operazioni che ne hanno invece certificato il coinvolgimento, sempre nell’ambito del traffico di quella più pregiata, sia a livello brindisino che addirittura romano. Nel febbraio scorso gli è stata notificata un’ordinanza di custodia cautelare con l’accusa di essere il principale fornitore di coca per il clan brindisino capeggiato da Andrea Romano e Alessandro Coffa. Ma ad attribuire una dimensione ancora più rilevante a De Giorgi è il suo presunto collegamento con il boss Costantino Sgambati, personaggio emergente nel panorama criminale romano. Come dichiarato da alcuni pentiti, Sgambati avrebbe intessuto rapporto con esponenti della cosca «Bellocco» di Rosarno (RC), e con De Giorgi, ritenuto vicino al clan «Coluccia», articolazione territoriale della Sacra Corona Unita egemone in provincia di Lecce.
De Giorgi dovrà dunque affrontare due nuovi processi per traffico di droga in Italia, ma prima dovrà scontare la pena nel carcere greco. Solo allora sarà estradato.