Fontana Tancredi, i vizi pubblici e le virtù private

di Giancarlo Sacrestano
Sono ripresi i lavori per l’edificazione di una palazzina alle spalle della fontana Tancredi.
Un nutrito gruppo di associazioni, tutte emblema della Brindisi civile e attiva, da mesi si oppone al presunto, ennesimo, scempio di una fondamentale testimonianza storica della città.
La mancata chiarificazione bonaria, richiesta a chi di competenza, ha comportato il preannuncio di ricorso alla Procura della Repubblica, perché la magistratura sciolga legittimi dubbi, troppi, in ordine al regolare processo autorizzativo e “perché verifichi se da taluni siano stati commessi reati attivi o omissivi”.
Come non condividere?
Da queste colonne già scrivemmo in data 2 maggio 2015 alcune note che si riferivano alle ragioni storiche che rendono quei luoghi, cardine, della memoria collettiva.
Tra i dubbi sorti nel tempo intercorso, l’esistenza del vincolo, presumibilmente ovvio, che sottoporrebbe l’area a particolari restrizioni.
Il bene monumentale, che comprende oltre la fontana Tancredi, anche la fontana di Monsignore, che alla prima è legata e per funzione e per contiguità, distando dalla prima pochi passi, è diventato proprietà dello Stato Italiano con l’atto unilaterale del governo Italiano dopo che i bersaglieri del Regio Esercito italiano espugnarono le mura di Roma papalina nel settembre 1870. A seguito del concordato, tra Stato italiano e Vaticano l’11 febbraio 1929, il bene fu attribuito al Comune di Brindisi. “Qualche decennio dopo, Il Consiglio Comunale destinò l’area, vita natural-durante, all’On. Mario Marino Guadalupi, in seguito acquistata del figlio Avv. Vincenzo Guadalupi, ovviamente non rientrava nella proprietà l’acquisto la monumentale “Fontana di Monsignore” di proprietà comunale, ove sul pantano sovrastante la Fontana Tancredi, posa l’attuale costruzione privata” – ci fa sapere Aldo Indini, già funzionario del Comune di Brindisi (cfr: http://www.brundisium.net/brun/index.php/la-fontana-di-monsignore-e-ancora-una-fonte-viva-di-aldo-indini/)
L’area circostante il bene monumentale e per successivi frazionamenti, è legittimamente pervenuto a vari proprietari e così come si lascia intendere, nella pienezza del diritto, come legittima, la cessione da parte del Comune all’avv. Guadalupi.
Nei decenni, anche la Mensa Arcivescovile, ha venduto alcuni terreni limitrofi nei pressi della Fontana. Su di essi possono essere stati costituiti, com’era prassi, dei contratti di enfiteusi, particolari contratti di vendita, che trasferiscono massimamente la proprietà con un vincolo per l’enfiteuta, ovvero per chi acquistava quei beni, a migliorarli e a corrispondere un canone annuo (spesso irrisorio) al concedente.
Le mense vescovili sono state soppresse e i loro beni attribuiti per legge agli istituti diocesani per il sostentamento del clero, che sono intervenuti nei contratti pregressi assumendone oneri e benefici.
L’impresa edile che oggi costruisce, pertanto, sarebbe più che legittimata ad edificare ancorchè obbligata a pagare, se non ha affrancato dal concedente, il canone enfiteutico.
Il vero busillis della palazzina in edificazione, appare definibile pertanto dalla impossibilità, verificatasi sino ad oggi, di opporre il vincolo della sovrintendenza che imporrebbe la completa inedificabilità delle aree circostanti il complesso monumentale, che ad una sommaria lettura della mappa ignota, che doveva essere parte integrante del piano regolatore della città approvato nel 1983, stabilirebbe vincoli per superfici ben più ampie e che a spanne giungerebbero sino all’attuale ingresso della sede dell’azienda Brindisi Multi Servizi. (SIC!)
Una riflessione finale:
Quanto nelle menti dei tanti potenti e pseudo amministratori che l’hanno posseduta Brindisi sia stata concepita come femmina da bordello, si verifica senza tanta difficoltà e il rischio che anche questa storia possa raccontarsi con gli stessi ingredienti è alto.
Nonostante ne abbiano succhiato il nutrimento a sazietà, lei, Brindisi, la Minnuta (da seno, menna, nel nostro dialetto) resta umile, fedele e generosa. Ogni giorno che domineddio manda alla terra, lo verifichiamo dal continuo rigagnolo d’acqua sorgiva che proviene da quella collinetta retrostante la fontana, paradigma della città di Brindisi e di quel tanto di più che sa dare.
Ecco, quel rigagnolo d’acqua, che a volte bagna gli pneumatici o inumidisce le suole dei pedoni, rappresenta quel di più, non da disperdere, ma da donare al prossimo, come ci insegnerebbe certa aneddotica catechistica. Richiederne la protezione, finanche la custodia o persino la benedizione apostolica, perché venga iscritta all’albo delle fonti miracolose, non è sfottò ma estremizzazione della cura che ognuno di noi, brindisino, deve avere per questa bella e naturale vocazione della città.