Da Specchiolla a Penna Grossa, bellezze e teppismo: le dune fossili sfregiate per sempre

di Alessandro Caiulo per il7 Magazine

Approfittando di una fresca mattinata festiva di inizio settembre, mi sono concesso una lunga passeggiata lungo la costa, da Specchiolla a Punta Penna Grossa, per rivisitare, lontano dal caos estivo, luoghi da me percorsi da ragazzo, ben prima dell’inizio del terzo millennio.
Lasciata l’auto appena fuori l’abitato della località balneare – frazione di Carovigno, ma fino agli inizi degli anni novanta (quando fu interessata da una massiva cementificazione a scopi turistici che ha portato a decuplicare le presenze in periodo estivo) frequentata quasi esclusivamente da abitanti della vicina San Vito dei Normanni, al punto che è da sempre in corso una vera e propria diatriba tra i due comuni – ho cominciato a percorrere, parallelamente allo stradone dapprima asfaltato e poi sterrato, la linea della costa in direzione sud, procedendo, letteralmente, caletta caletta, in quanto questa parte di litorale è caratterizzato da una serie infinita di piccole cale, alcune incastonate fra gli scogli, altre, un po’ più ampie, dotate di un arenile di sabbia chiarissima.
Superata Laguna Blu che, nonostante la giornata nuvolosa e ventosa, comincia lentamente a popolarsi, mentre alcuni addetti alla manutenzione già portano via una parte dei lettini ormai superflui in bassa stagione, sono costretto a fare una prima deviazione verso l’interno per aggirare le mura del vecchio ristorante in disuso l’Ippocampo, che si ergono proprio sugli scogli a picco sul mare da circa mezzo secolo, quando evidentemente era possibile costruire così in prossimità del mare e che sbarrano il passo. La struttura fino a tre o quattro anni fa era perfettamente funzionante ed ora, anche se non è un rudere, comincia a mostrare il peso dei suoi anni.
Fra spiagge libere con ai margini cataste di rifiuti rimossi da volenterosi bagnanti che non hanno potuto far altro che lasciarli sul posto, mancando la zona di cassonetti per la loro raccolta (sono anni che l’Associazione Amici di Specchiola chiede al Comune di Carovigno, fra le altre cose, il completamento della rete fognante mancante in alcune strade abitate, la pulizia del lungomare e un servizio di vigilanza per garantire il controllo del territorio) e lidi attrezzati perfettamente puliti ed efficienti, il paesaggio comincia a mutare nella classica macchia mediterranea tipica delle dune sabbiose: arbusti di Ginepro contorti dal vento e dalla salsedine, cespugli fitti di Lentisco già pieni di bacche, qualche pianta di Mirto e, qua e là, sbucano dalla sabbia tardivi gigli di mare.
Superati un paio di villaggi turistici ancora pullulanti di gente ed alcuni edifici in costruzione sottoposti a sequestro un paio di anni addietro in quanto insistenti su terreni a destinazione agricola, riesco a deviare nuovamente verso il mare e, dopo un bel po’ di passi sulla sabbia, giungo al Lido dell’Aeronautica Militare che nelle ultime stagioni non ha riaperto i battenti in quanto alle prese con una serie di non semplici regolarizzazioni amministrative riguardanti, sembra, alcuni manufatti cementizi.
Il vento proveniente dal mare ha eroso le parti metalliche della scala che porta sull’arenile, rendendola inutilizzabile. Dei militari di guardia allo stabilimento stanno attenti a che nessuno penetri o utilizzi le strutture del lido per scongiurare ogni situazione di possibile pericolo, per cui tiro avanti lungo la battigia in direzione della successiva ampia baia sabbiosa, non prima di essermi voltato indietro ed aver notato come appaia assolutamente esagerata la gialla cartellonistica apposta sulle mura perimetrali che, oltre al classico “zona militare, divieto di accesso, sorveglianza armata” recita anche, testualmente quanto minacciosamente, “oltrepassare questo limite provoca un intervento armato”, con tanto di immagine di un cecchino con il fucile puntato; fissati con il nastro adesivo vi sono appiccicati alcuni ben poco dignitosi foglietti che avvertono i potenziali invasori dell’esistenza di un ben più concreto e reale pericolo di distacco di calcinacci e pericolo di crollo.
Una piccola considerazione personale mi sento in dovere di farla: dal momento che si tratta a tutti gli effetti, né più né meno, di una spiaggia attrezzata, che senso ha una cartellonistica degna di una base militare strategica e quant’altro? La legge deve essere uguale per tutti o altrimenti non è legge; nessuno deve essere o considerarsi “legibus solutus” e questo fenomeno delle spiagge attrezzate camuffate da basi logistiche con all’interno cabine, docce, bar, ombrelloni, sdraio e parcheggi, non riguarda solo il Lido dell’Aeronautica, ma è presente anche in altre strutture balneari a beneficio di militari e forze dell’ordine disseminate lungo il litorale a nord di Brindisi.
Proseguo lungo l’arenile su cui alcuni bagnanti hanno costruito dei veri e propri capanni utilizzando sia il legno trasportato dal mare che le pietre trovate in loco, fino a giungere al Centro di Recupero Tartarughe marine, chiuso al pubblico ma da un finestrone si riesce ad intravedere una Caretta caretta di dimensioni medio-grandi in degenza nella vasca in attesa di essere liberata il prima possibile.
Superato l’ultimo lido attrezzato mi ritrovo sulla lunga spiaggia libera di Punta Penna Grossa, stretta fra il mare e le alte dune costiere ricche di vegetazione e mi dirigo spedito verso quello che è il reale motivo ed obiettivo della mia passeggiata domenicale: le Dune fossili o, meglio, quel che resta di esse dopo anni di atti di vandalismo che le hanno deturpate ormai per sempre.
Le dune fossili, formatesi in periodi geologici passati, altro non rappresentano che l’antico confine tra la terra e il mare e testimoniano le variazioni del livello del mare e della linea di costa verificatesi nel corso di decine e decine di millenni; nel caso di queste di Torre Guaceto si stima che si siano formate in un arco temporale di circa centomila anni, quando, per un fenomeno opposto a quello della attuale erosione costiera, la linea di costa avanzava anziché cedere.
Nel 2018 aveva fatto scalpore, tanto da essere riportata anche dai mezzi di informazione nazionale, la notizia relativa all’individuazione ed alla denuncia, da parte della Guardia Costiera di Brindisi, di un turista italiano che, armato di scalpello o punteruolo, aveva praticato delle profonde incisioni sulle pareti della duna per realizzare delle scritte ed una sorta di bassorilievo che aveva davvero ben poco di artistico.
Tutti si dissero soddisfatti del buon esito della caccia all’untore, laddove già prima di lui e anche dopo di lui, come, purtroppo, ho potuto avere modo di constatare personalmente, centinaia di altri vandali che non esito a definire – prendendo in prestito una parola tratta dal primo film della sagra di Fantozzi, che l’Onorevole Cavaliere Conte Diego Catellani, nel corso di una mitica partita di biliardo dall’esito imprevisto, conferì per ben trentotto volte al ragionier Ugo Fantozzi, magistralmente interpretato da Paolo Villaggio, prima che questi, in un raro momento di orgoglio, la restituisse al mittente, con i dovuti interessi, ribaltando il risultato che lo vedeva soccombente per 49 a 2 – “coglionazzi”, hanno fatto esattamente come lui, senza incorrere nel clamore della cronaca.
E scorrendo con gli occhi ed immortalando con la fotocamera l’infinita pletora di disegni e nomi incisi su centinaia di metri quadrati di dune fossili ho apostrofato in tal modo ognuno dei tantissimi autori incisi indelebilmente su quelle pareti naturali: da Jeff e Chuck, partiti dagli Stati Uniti per venire a scolpire qui da noi un improbabile E.T., ad un tal Teannis, di cui non è chiara la nazionalità, ai vari Ciccio, Cippi, Cate, Peppy, Noah, Sandy e chi più ne ha più ne metta, per giungere ai romantici L+F che, per immortalare il loro grande cuore, si sono dovuti arrampicare sul punto più alto della duna, essendo tutto il resto già esaurito: la data di questo ultimo graffito lascia stupiti: 21.8.2021, appena due settimane fa (ma non è l’unico datato 2021) quando la spiaggia di Penna Grossa era sicuramente un carnaio affollato da centinaia di bagnanti disseminati in ogni dove.
Ciò a dimostrazione che senza un adeguato controllo, un reale contingentamento di ingressi in area protetta e in mancanza di una cartellonistica adeguata che spieghi sia la peculiarità delle Dune fossili che il divieto di imbrattarle, ci saranno sempre idioti pronti a completare l’opera distruttiva iniziata da chi li ha preceduti e continuata da altri, senza alcuna soluzione di continuità: distruggere in pochi attimi ciò che la natura ha impiegato centomila anni per costruire, è un crimine che andrebbe punito con sanzioni beni maggiori di quelle attualmente previste dalla legge, specie in casi come questo in cui è impossibile, a differenza di quando si imbratta un’opera dell’uomo, porre rimedio al danno arrecato. Ed il fatto che i vandali ignorino o meno la specifica peculiarità del luogo deturpato non dovrebbe mai essere una esimente o una giustificazione se è vero, come è vero, che la legge non ammette ignoranza.
Esaurito lo scopo principale della mia passeggiata mi riavvio, con passo più spedito, sulla via del ritorno, variando parzialmente itinerario per percorrere gli stretti e suggestivi sentieri posti fra le dune costiere e la macchia mediterranea e godermi gli improvvisi ed imprevisti affacci sul mare.
Percorrendo nel tratto finale, la stradina asfaltata evitata all’andata, ho avuto modo di fare una breve sosta, a meno di un chilometro dall’abitato di Specchiolla, dinanzi ad una curiosa costruzione rurale, che avevo appena intravisto dal mare, edificata in pietre a secco, che vagamente ricorda i trulli di Alberobello. Si tratta di una cappella munita di diverse guglie coniche, con incastonate nella facciata alcune state votive della Vergine Maria e di San Pio: sicuramente un modo originale per testimoniare la propria devozione, da parte dei proprietari di quel terreno posto ai margini della strada che hanno utilizzato in maniera proficua il pietrame tratto dal loro stesso fondo.
E’ facile immaginare che nei periodi di massima affluenza turistica siano molti i villeggianti che si fermano un attimo in preghiera e in meditazione o semplicemente per farsi un selfie, dinanzi a questa molto particolare cappella prima di attraversare la strada per recarsi in spiaggia.
Faccio appena in tempo a risalire in auto per tornare in città che, dapprima qualche gocciolina e, poi, un forte scroscio di pioggia, mi ricorda che l’autunno non è lontano.