Eremita, orso e Quaresima: per capire che futuro farà

Noi meridionali, siamo figli di un racconto, che dispiega la propria narrazione, dilungandosi nella lenta e sediziosa elaborazione. Mastichiamo concetti, li maceriamo nel nostro brodo di coltura fatto di esperienza, dolore e speranza e come fosse tutto, processo di un medesimo rito, lo componiamo per le strade, le piazze, anche quelle virtuali.
Scrivo, che è “Martedì Grasso”, ovvero, lo strano giorno della follia carnascialesca, quando si da fondo alle ultime micce di follia ed il climax orgiastico toccherebbe il suo apice.
Ma il tempo che viviamo è assai strano, ci sta consumando, ci sta intossicando, attorno ad in confronto demoniaco e malefico, che ci divide e ci emargina: ci isola!
Se il coronavirus è l’agente che rileva lo stato del nostro malessere tossico, la perdita del controllo, di un riferimento che ci tranquillizzi, definisce l’ambito molto pericoloso di una deriva che rischia di rappresentarsi senza ritorno.
Nel frastuono confuso che mondializza la paura, da un paese piccolo, piccolo, di poco più di duemila anime, Sartiano di Lucania, si registra il tutto esaurito e l’accesso è stato garantito solo ai possessori di un pass prenotato, alla celebrazione di un rito, antico forse mille anni, dai connotati e dai significati socio-culturali, assai significativi.
Sabato 22 e domenica 23 febbraio, è andata in scena una rappresentazione del Carnevale, mica fatto di effetti, ma giocato sul gioco elementare dello scambio delle parti.
Accade così che gli uomini si vestano da donna e viceversa, e che al canto di una canzone dal sapore ironico e dai toni marcatamente equivoci, si esorcizzi la differenza di genere, si viva la pienezza della parità dei desideri percorrendo le strade, sulle quali si moltiplicano i punti di incontro su un canovaccio ampiamente condiviso: si beve e si offre da bere e se sei di altro paese, ti viene garantita libagione a nome della cordiale ospitalità di gente che già di suo è estremamente dedita alla cordialità.
Nella cornice suggestiva di una città divenuta capitale dei murales, si sviluppa una rappresentazione i cui protagonisti sono un orso, un’eremita e una Quaresima.
Assai suggestiva è la simpatica teoria di 131 alberi, i “Rumiti” uno per ogni singolo paese della Basilicata. Sono uomini travestiti da alberi e questo bosco ambulante che inonda le vie di Satriano, è l’allegoria plastica di un mondo fatto di tanti individui, tanti alberi, unici ed eremiti, ma capaci, se si uniscono, di creare occasione di condivisione. I canti e le movenze danzerine che assume la sfilata degli alberi, in questo tempo strano, va oltre la rievocazione, ben oltre la rappresentazione di riti ancestrali che riecheggiano la sub cultura di un territorio montano, nel quale le distanze non si misurano in chilometri, ma in ore di distanza.per
L’immagine che se ne trae, non resta confinata nel tempo pazzo del carnevale, ma in quello utopico di un ripristino del dialogo tra uomo e natura, per la configurazione di un’armonia ambientale di cui abbiamo smarrito il senso.
Ogni singolo albero, ogni singolo uomo che si è travestito da donna, ogni scambio di punti di vista che si è realizzato nello scorso fine settimana a Satriano, riconnette, riordina, riassembla concetti, pensieri, azioni e aspettative, perché da mercoledì, giorno delle ceneri, che introduce il tempo della purificazione, che come ci ha insegnato don Tonino Bello, inizia dalla testa e finisce col lavaggio dei piedi, prepara alla rinascita dell’utopia, quel luogo, collocato ben oltre lo spazio asfittico, che ci fa muovere verso il nuovo, il futuro.
Nel mentre gusto questo spaccato da un paese che mi è molto caro, penso alla consumata retorica dei temi classici divenuti mantra, al tempo della crisi globale.
La presenza a Satriano di 131 alberi che camminano, non è roba da fantabosco, ma utopia che riecheggia, per chi ama i paralleli, l’assunto di Zygmunt Bauman e del suo amore liquido, che ha reso ognuno ricombinante all’interno del rapporto di coppia e nella società.
Negli ultimi anni, abbiamo assistito alla deriva dei sentimenti e all’egocentrismo, quale riformato principio tolemaico o se si vuole di quel tizio che ci dice che “la banca gira intorno a te” un sovvertimento ideale che non ha tolto di mezzo i banchieri, che i soldi dei depositi, li ha rubati agli ignari correntisti.
Ricombinare la possibilità che nessuno resti isolato, perché oramai tutti siamo parte di qualche frangia deviata del corpo sociale, e passata da una grassa esperienza di bagordi, come questo carnevale concettuale che viviamo, ininterrotto, da alcuni anni, si trasformi in un tempo di una doccia che ci liberi, dalla testa ai piedi, delle tossine e dei virus, come questo ultimo, che come fossimo re ci pone una corona come re per 14 giorni. Torni il silenzio, la moderazione e l’ascolto, l’incontro con l’orso questo bonario e solitario abitante dalla vita solitaria, che si accompagna al tempo della Quaresima.