Il chiosco distrutto dalla mafia da 7 mesi ancora «intatto»

Nella notte del 10 febbraio scorso un’esplosione squarciò il silenzio di una città deserta a causa del coprifuoco: un ordigno era stato collocato in piazza Di Summa, a pochi metri dall’ingresso del complesso sanitario della Asl, distruggendo completamente un chioschetto per la rivendita del pane che stava per essere inaugurato. Si seppe poche ore dopo che il chiosco era stato rilevato dalla moglie di Andrea Romano, giovane boss della criminalità organizzata brindisina che da poche settimane aveva deciso di collaborare con la giustizia. Sia lui che la moglie erano già da tempo sotto protezione.
Ecco che dunque la matrice di quell’attentato fu subito chiara: non una intimidazione del racket delle estorsioni a un commerciante che si era rifiutato di pagare il pizzo, ma un messaggio preciso al collaboratore di giustizia i cui verbali di interrogatorio cominciavano già a filtrare nelle udienze dei processi per mafia.
A oltre sette mesi di distanza da quell’attentato, il chiosco distrutto, con le suppellettili e gli arredi devastati dall’esplosione, è ancora lì, esattamente come nelle ore immediatamente successive all’attentato.
Subito dopo l’episodio, come accade in questi casi, la procura dispose il sequestro penale della struttura per tutti i rilievi tecnici del caso le cui indagini sono condotte dai carabinieri di Brindisi.
Nello scorso mese di luglio al Comune è stato notificato dai carabinieri il provvedimento di dissequestro del chiosco. L’ente si è immediatamente attivato, ad opera del suo dirigente Fabio Lacinio, a inviare una lettera di diffida ai proprietari della struttura perché provvedessero alla bonifica del luogo. La legge impone che sia il proprietario, anche se ha subito un attentato, a doversi occupare dell’eliminazione dei detriti.
Nel frattempo la concessione per l’uso del chiosco alla famiglia del collaboratore di giustizia era scaduta e dunque il Comune ha inviato la diffida al proprietario di quella che un tempo era una rivendita di giornali. Ma da allora nessuno ha ottemperato alla bonifica.
Il chiosco distrutto è rimasto dunque ancora esattamente come nel giorno dell’attentato. Dal Comune fanno sapere che, vista l’inottemperanza dei proprietari, sarà l’ente a farsi carico delle spese della bonifica del luogo, salvo poi rivalersi sul proprietario stesso.
Ma nel frattempo quel chiosco distrutto, e il messaggio mafioso intimidatorio che c’è alla base di quell’attentato, continua a rimanere lì. Non ci sono transenne, non vi è alcuna sicurezza, in un luogo frequentato da bambini (il parco-giochi è di fronte), nei pressi del Centro Medea, l’unico Ospedale di Riabilitazione per l’età evolutiva presente in Puglia. Viene utilizzato come discarica, ci sono rifiuti, bottiglie, carte. Gli elettrodomestici devastati sono un pericolo per chi si dovesse avvicinare. Non è stato transennato, non è in sicurezza. Chiunque può entrarci, chiunque può farsi male.
Quello sconcio va eliminato immediatamente. E’ una vergogna per la città. E’ un affronto alla legalità, da ogni punto di vista.