La favola di Natale degli ospiti di una comunità riabilitativa in giro per Brindisi


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Di Marina Poci per il numero 432 de Il7 Magazine
Hanno vissuto la loro favola di Natale con qualche giorno di anticipo, gli undici ospiti della CRAP (comunità riabilitativa assistenziale psichiatrica) Helios di Brindisi che, grazie alla generosità di Vincenzo Cocciolo e di suo fratello Domenico, della “Valigia degli Eventi”, nel pomeriggio del 16 dicembre hanno attraversato la città a bordo del trenino natalizio, tra luci e musica. Il tour è partito direttamente dalla struttura, accompagnato dai volontari della Croce Rossa di Brindisi, e ha attraversato alcuni dei luoghi simbolo del Natale cittadino, per poi fermarsi al Bar Betty, dove il titolare Gaetano ha accolto il gruppo con caffè e biscotti, e successivamente all’Angolo della Piada, dove Adolfo Polifemo e Massimiliano Leo hanno offerto piadine a tutti.
Helios è una struttura di riabilitazione psichiatrica i cui dipendenti (quattordici in tutto, tra educatori e operatori socio-sanitari), fanno capo a Sanitaservice, la società in house interamente controllata da ASL Brindisi. Esiste dal 1998 e opera in regime di residenzialità offrendo assistenza 24 ore su 24, attraverso percorsi terapeutici personalizzati, a persone con patologie psichiatriche che necessitano di supporto riabilitativo ad alta intensità e sostegno al reinserimento familiare, lavorativo e sociale.
In struttura possono accedere utenti dai 18 ai 65 anni: in questo momento gli ospiti sono uomini e donne che hanno dai 30 ai 62 anni, alcuni di Brindisi, altri provenienti dalla provincia, tutti seguiti dal Centro di Salute Mentale di ASL Brindisi per patologie psichiatriche di una certa gravità (schizofrenia, psicosi, depressione).
È Tiziana Sgura, pedagogista, coordinatrice dell’equipe della comunità, a raccontare il pomeriggio di condivisione e solidarietà del quale sono stati protagonisti gli undici ospiti di Helios e a spiegare il senso del quotidiano lavoro di riabilitazione che coinvolge operatori e assistiti.

Se dovesse riassumere brevemente la missione della comunità che coordina?
“Il nostro compito è quello di cercare di riportare i nostri utenti ad una quotidianità quanto più autonoma possibile e affiancarli nel raggiungimento di obiettivi che vanno dalle attività funzionali semplici alla realizzazione di progetti lavorativi. Qualche volta ci riusciamo, qualche altra volta no, perché purtroppo gli ostacoli sono tanti: patologie particolarmente invalidanti, età avanzata e, mi duole dirlo, una risposta da parte della società non sempre adeguata. La disabilità mentale fa ancora molta paura, anche se strutture come la nostra lavorano anche per ridimensionare lo stigma che circonda la patologia psichiatrica e far capire che i nostri utenti non sono mostri e non devono spaventare”.

Come hanno commentato l’esperienza natalizia in giro per la città i vostri ospiti?
“Hanno apprezzato moltissimo. Erano impazienti di salire sul trenino ed entrare nel vivo dell’atmosfera natalizia. Si sono divertiti e hanno mangiato di gusto”.

Gli imprenditori e gli esponenti della società civile che avete coinvolto nell’iniziativa hanno accolto con piacere il vostro invito o hanno manifestato resistenze?
“Nessuna remora da parte loro: abbiamo chiesto e ci hanno immediatamente detto di sì con grande entusiasmo”.

Questo dimostra che lo stigma sociale si può vincere e che la città, quando ben sollecitata, risponde.
“Di questo abbiamo avuto molte dimostrazioni nel corso degli anni e non soltanto da parte delle imprese: sono felice di poter dire che i nostri vicini di casa ci conoscono e sono sempre molto disponibili nei confronti degli ospiti”.

Il progetto più interessante che ha coinvolto i vostri utenti?
“Ce ne sono stati molti. Se proprio sono costretta a scegliere, cito la pubblicazione del libro” Pigliate ‘na pastiglia”, realizzato insieme all’Istituto Bassi Morvillo Falcone, nell’ambito di un loro PCTO, con la collaborazione del professor Mimmo Tardio. Il volume è stato stampato grazie a Sanitaservice, che ha sostenuto tutte le spese. È un progetto che ha unito riabilitazione psichiatrica e scrittura creativa autobiografica attraverso un percorso durato cinque mesi, nel corso dei quali i partecipanti hanno trovato uno strumento per elaborare il proprio vissuto, cosa si è rivelata molto terapeutica”.

Mediamente per quanto tempo i vostri utenti restano ospiti della struttura e come ci arrivano?
“Di solito il piano terapeutico personalizzato dura dai sei mesi ai tre anni. Vengono da noi dopo un ricovero in Psichiatria o perché utenti del Centro di Salute Mentale. Veniamo coinvolti quando si riscontra la necessità di una riabilitazione psichiatrica ad alta intensità. A volte si presentano da soli in struttura: ricordo il caso di un giovane che, accortosi di stare male e temendo che, se fosse rimasto in famiglia, le sue condizioni sarebbero peggiorate, ci ha raggiunto alla vigilia di Natale su consiglio dello psichiatra del CSM. C’era un posto da noi ed è stato accolto”.

Al termine del periodo in CRAP come avviene il reinserimento familiare e sociale?
“A volte gli utenti tornano stabilmente in famiglia, ma può accadere che passino in altre comunità. Le faccio l’esempio di due ragazzi che sono stati nostri ospiti per un certo periodo e, una volta concluso il progetto terapeutico individuale, hanno ripreso in mano la loro vita. Ora condividono un appartamento, del quale si occupano autonomamente, coltivano le loro passioni, riescono a sviluppare relazioni sociali sane. Naturalmente continuano ad essere seguiti costantemente dal CSM, con colloqui periodici e a volte anche con visite domiciliari. In questo caso la rete istituzionale ha funzionato molto bene, riuscendo a fare convergere verso lo stesso obiettivo noi educatori della CRAP, gli amministratori di sostegno, il Centro di Salute Mentale e gli operatori del centro diurno che frequentano attualmente. Lo consideriamo un grande successo e un esempio da estendere, perché offre un messaggio importantissimo: quando tutti gli enti lavorano bene in rete si raggiungono risultati degni di nota”.

Come è strutturata la giornata tipo nella vostra comunità?
“C’è una quotidianità molto varia. Sono coinvolti in attività di diverso tipo, da quelle strettamente motorie ai laboratori di artigianato (per esempio in occasione delle festività natalizie hanno realizzato un runner in feltro creando le decorazioni con un lavoro ad uncinetto). Fanno anche pet therapy con l’associazione Wish, che piace sempre molto. Ci avvaliamo della collaborazione di esperti, anche per favorire i contatti con il mondo esterno”.

Prossimi progetti?
“Per il prossimo futuro abbiamo in cantiere un nuovo progetto, del quale attendiamo l’approvazione, in collaborazione con il liceo artistico Simone di Brindisi”.

Se pensa agli assistiti della CRAP Helios, qual è il suo desiderio di Natale?
“Una vita piena di affetti, prima di tutto, perché alcuni di loro purtroppo non hanno i famigliari a sostenerli. Poi una vera integrazione sociale e lavorativa, anche minima. Lavoriamo per renderli indipendenti: quando succede, la gratificazione è immensa anche per noi operatori”.