Nell’intenzione di chi da anni lavora alla valorizzazione del sito, la notizia sarebbe dovuta rimanere riservata. Eppure, chissà come, è venuta fuori: alcuni funzionari del Mibact (Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo), guidati dall’archeologo latianese Christian Napolitano, nei giorni passati hanno visitato il Parco Archeologico di Muro Tenente per effettuare una ricognizione preliminare finalizzata all’eventuale inserimento del Parco dei Messapi nella lista del Patrimonio mondiale Unesco lungo il tracciato della via Appia Antica, sul presupposto che il tratto di strada pavimentata rinvenuto in corrispondenza della Porta di Ponente del Parco costituisca un tratto della storica via che congiungeva Roma a Brindisi. Ad onor del vero, la settimana d’oro di Muro Tenente era iniziata il 4 ottobre scorso con la visita del dottor Simone Quilici, direttore del Parco Archeologico dell’Appia Antica, giunto da Roma per seguire il cammino dell’Associazione “Viandando” sul tracciato pugliese di quella che viene comunemente definita Regina Viarum.
“Nessuno avrebbe scommesso nulla sulle potenzialità del Parco Archeologico di Muro Tenente. Oggi la Commissione Unesco del Mibact valuta la possibilità di inserire il Parco dei Messapi nella lista del Patrimonio dell’Umanità lungo il tracciato della Via Appia Antica. Il percorso è ancora lungo, ma abbiamo le idee chiare su come lo si deve affrontare.”, si legge sulla pagina Facebook del Parco, a conferma dell’indiscrezione trapelata.
Situato nella piana di Brindisi, al confine tra i comuni di Mesagne e Latiano, Muro Tenente è un parco archeologico di ampiezza pari a circa 30 ettari sul quale insiste un insediamento originariamente messapico risalente ad un periodo che si situa tra l’ultima fase dell’età del ferro (circa 2700 anni fa), e l’età ellenistica (tra il IV e il III secolo a. C.), in cui la città si espande e diventa completamente fortificata. Al suo interno sono visitabili una decina di saggi archeologici, tra cui i resti di un edificio sacro di età ellenistica, riccamente decorato e dotato di altare, e una impressionante ricostruzione di una intera casa messapica, ampia circa 80 metri quadrati, restaurata integralmente sulle fondazioni di un edificio rinvenuto nel corso degli scavi. I Comuni di Mesagne e Latiano lo gestiscono congiuntamente, con il coordinamento della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Brindisi, Lecce e Taranto e della Libera Università di Amsterdam (guidata dal professor Gert-Jan Burgers), mentre la gestione operativa è demandata alla cooperativa sociale Impact, il cui presidente, l’archeologo Christian Napolitano, è cresciuto professionalmente proprio a Muro Tenente.
Laureato in Beni Culturali con indirizzo archeologico, perfezionatosi presso la scuola di specializzazione in archeologia dell’Unisalento, in possesso di master di secondo livello a Siena in Geotecnologie applicate all’archeologia e di dottorato di ricerca conseguito presso la Libera Università di Amsterdam, il dottor Napolitano lavora su quello che è poi diventato il Parco Archeologico dal 2008. Per quanto ancora estremamente cauto circa i futuri risvolti della visita della commissione Unesco del Mibact, il professionista latianese non nasconde la sua soddisfazione: “Si tratta di una ricognizione preliminare, è giusto essere prudenti nelle previsioni. Ma posso dire, a titolo personale, che tra Taranto e Brindisi ci sono pochi siti (di presunto passaggio della via Appia) che presentano i requisiti necessari per poter ottenere un riconoscimento da parte dell’Unesco. L’orientamento, infatti, è proprio quello di non riconoscere tutto il percorso da Roma a Brindisi, ma soltanto alcune aree contraddistinte da determinate caratteristiche. Tra queste c’è Muro Tenente”.
Perché Muro Tenente risponde a questi requisiti?
“Innanzi tutto perché quello del nostro Parco è un paesaggio tipicamente rurale integro, non ci sono edifici o infrastrutture ad inquinare l’ambientazione. Muro Tenente conserva i resti di questo antico abitato messapico che ad un certo punto della dominazione romana viene attraversato da una strada”.
Quale strada? Non vuole proprio chiamarla Appia Antica?
Una strada di cui abbiamo ritrovato un tratto e che nei prossimi anni continueremo a cercare… Non facciamoci prendere dall’entusiasmo!”.
Ricostruiamo la storia del parco archeologico: quando si è iniziato a scavare?
“Gli scavi a Muro Tenente iniziano alla fine degli anni Sessanta, per mano della ex Soprintendenza per i beni archeologici di Puglia (ora Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio di Brindisi, Lecce e Taranto), e proseguono più o meno senza soluzione di continuità sino alla metà degli anni Settanta. Negli anni Ottanta, ad eccezione di un unico limitato intervento, c’è un totale vuoto. Si ricomincia a scavare a partire dagli anni Novanta, quando l’area archeologica viene indagata dalla Libera Università di Amsterdam, sotto la direzione del professor Gert-Jan Burgers”.
Come nasce l’interesse degli olandesi per Muro Tenente?
“Nasce da una iniziativa dell’Università di Lecce, che siglò un accordo con la Libera Università di Amsterdam. Tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta iniziarono ad arrivare in Puglia i primi fondi europei e i terreni agricoli attraversarono una fase di trasformazione e di conversione, che spesso si concludeva con arature profonde dalle quali emergevano resti di antiche civiltà. L’Università di Lecce, non avendo particolari disponibilità di fondi e riconoscendo il potenziale valore archeologico di quei terreni, stipulò un accordo con la Libera Università di Amsterdam che inquadrò queste ricerche come indagini volte allo studio della nascita delle città nel Mediterraneo”.
Come valuta la collaborazione tra i Comuni di Mesagne e Latiano? C’è stata una buona sinergia o si sono registrati attriti?
“Mesagne e Latiano lavorano benissimo insieme. Hanno messo in atto un programma di gestione che ha pochi eguali in Italia. Muro Tenente è una vera e propria piazza “intercomunale” in cui si incontrano e si confrontano le due comunità cittadine e i loro rappresentanti politici e istituzionali. Questo luogo nel corso degli anni è diventato importante non soltanto dal punto di vista culturale, ma anche per lo sviluppo sociale, perché permette di superare campanilismi e faziosità. Di questo superamento va dato il merito all’Università di Amsterdam, ma soprattutto alla Soprintendenza Abap, che ha fatto un grande lavoro di mediazione e di diplomazia”.
Simone Quilici, direttore del Parco Archeologico dell’Appia Antica, ha visitato negli scorsi giorni Mesagne, Francavilla Fontana e Brindisi: come si è espresso su Muro Tenente?
“Ha apprezzato tutti i luoghi che ha visionato. Per quanto riguarda Muro Tenente, l’ho visto particolarmente interessato, perché effettivamente il nostro Parco sarebbe un bel sito da visitare lungo il percorso della via Appia. Ha avuto parole di ammirazione per il sito in sé, ma anche per il nostro sistema di gestione. Tra l’altro, mi piace ricordare che nel 2019 abbiamo ricevuto la menzione speciale al premio Cultura di Gestione, organizzato dall’Anci, nella sezione “Valorizzazione del territorio e impatto sociale” per il progetto “Parco dei Messapi di Muro Tenente: un progetto di sviluppo sostenibile”. Menzione che naturalmente ci inorgoglisce e ci motiva nel proseguire su questo stesso modus operandi”.
Gli archeologici del Parco Archeologico dell’Appia Antica, che insieme ai soci dell’associazione “Viandando” hanno seguito nei giorni scorsi il percorso pugliese della Regina Viarum, in alcuni tratti del percorso hanno lamentato la vergognosa presenza di rifiuti abbandonati per strada. Secondo lei, come è possibile intervenire per combattere il fenomeno, posto che la questione non può essere soltanto sanzionatoria ma deve necessariamente essere anche culturale?
“Questo è un tema che mi sta molto a cuore. La questione deve certamente essere culturale, ma anche sociale e politica: la Regione Puglia dovrebbe riconoscere che esiste un problema nella chiusura del ciclo dei rifiuti, un problema che deve essere affrontato con un tavolo specifico. Si tratta di una questione che non può assolutamente essere delegata alle varie associazioni locali di volontariato che si occupano di ripulire le campagne durante le domeniche. Per carità, fanno un lavoro importantissimo per il quale tutti li ringraziamo, ma non è in questo modo che si risolve il problema. I prossimi due anni saranno fondamentali per la costruzione del dossier per la candidatura Unesco, non possiamo portarci dietro questa criticità. Non è più tempo di interventi estemporanei e saltuari. Questo percorso va individuato e necessita di tutele. Lei pensi che, tra i comuni interessati, soltanto Francavilla ha redatto il Pug. Gli altri comuni non hanno un piano urbanistico generale all’interno del quale valorizzare e preservare questo tratto di strada. Tremo al pensiero che potrebbero essere costruite delle abitazioni proprio dove un tempo passava la via Appia!”.
Questa attenzione della commissione Unesco del Mibact e dei responsabili del Parco Archeologico dell’Appia Antica dovrebbe sollecitare l’attenzione anche delle istituzioni locali: cosa vi aspettate da questo punto di vista?
“Mi aspetto un tavolo a cui si siedano i rappresentanti dei comuni coinvolti, coordinati dalla Soprintendenza Abap e dalle università che operano sul territorio, per definire un grande progetto di candidatura. Con le dovute proporzioni, occorrerà fare il lavoro che si fa quando si presenta una candidatura ai Giochi Olimpici. Bisognerà fare scelte coraggiose e mi aspetto che siano tutti all’altezza di meritare questo grande onore”.
Qual è stata per il nostro territorio l’importanza della via Appia nell’antichità e quale potrebbe essere l’importanza di inserirla, nel ventunesimo secolo, nel patrimonio Unesco?
“Per quanto riguarda l’antichità, la Messapia era stata devastata durante la seconda guerra punica e ad un certo punto la realizzazione della via Appia è diventata parte di una specie di grande Piano Marshall dei Romani per rivitalizzare la zona di Brindisi. In effetti la Regina Viarum fu la prima grande infrastruttura del territorio e regalò ricchezza a tutta l’area per quasi un secolo. Quanto ai nostri giorni, questa candidatura non ha come risvolto soltanto il riconoscimento del passaggio della via Appia Antica per il Parco di Muro Tenente e per gli altri luoghi limitrofi che saranno individuati. L’Unesco adesso chiede progettualità gestionale, a breve, medio e lungo termine. Parliamo quindi di almeno 25 anni di pianificazione. Intendo dire che noi abbiamo il compito di progettare il paesaggio del futuro partendo proprio da quelli che sono stati gli assi portanti della nostra storia. Partendo dalla via Appia, si potrebbe lavorare su di un progetto di riqualificazione che comprenda gli aspetti storico-archeologici, ma anche quelli agrari”.
Oltre alla questione agraria, che ha una sua importanza in un territorio che per secoli ha vissuto di agricoltura, un modo per valorizzare il Parco potrebbe essere anche quello di ospitare al suo interno diverse forme di cultura. L’avete già fatto, con la musica, con le rappresentazioni teatrali. Ritiene sia una strada percorribile a lungo termine?
“Sì, è una strada percorribile, ma non basta. Le iniziative estemporanee ci permettono di tenere il Parco aperto, ma non sono sufficienti se non sono supportate da una programmazione a lungo termine. Muro Tenente può rappresentare una sorta di punto focale su cui far convergere iniziative culturali di vario genere, ma questo serve a poco se tutto il percorso non è adeguatamente tutelato, manutenuto e gestito. Ad esempio, uno strumento per poter effettuare questa operazione di valorizzazione ad ampio raggio è il Piano Paesaggistico Territoriale Regionale, che consentirebbe di trasformare aree di interesse archeologico in parchi agricoli multifunzionali, prevedendo lo sviluppo del sito dal punto di vista storico, culturale, agricolo e paesaggistico”.
La pandemia ha cambiato il vostro lavoro a Muro Tenente?
“Purtroppo sì. Quest’estate per esempio avremmo dovuto scavare, ma a causa della chiusura abbiamo avuto forti ritardi, per cui la campagna estiva è sostanzialmente saltata”.
L’oggetto di questi scavi?
“L’oggetto dell’indagine è sempre questa famosa strada rinvenuta all’ingresso del Parco Archeologico. Dobbiamo scavare ancora per cercare di capire se possa avere a che fare con la via Appia o meno”.
La sua opinione personale qual è?
“La mia opinione personale è che se la via Appia non passava da lì, passava comunque cento metri dopo! Soprattutto in una determinata fase storica che si colloca nel II secolo a. C, il percorso è quasi obbligato”.
Un’ultima domanda: perché ha studiato Archeologia?
“Perché sono curioso. L’archeologia è curiosità. C’è chi viaggia nello spazio, per conoscere altre culture e confrontarsi con gente diversa. Io ho scelto di viaggiare nel tempo e di confrontarmi con persone che non ci sono più, per ricostruire il loro sistema di pensiero attraverso i resti archeologici. Sfatiamo il mito che l’archeologo cerca tombe e tesori: l’archeologo cerca qualunque cosa gli parli da un mondo che non esiste più”.