
di Gianfranco Perri per il7 Magazine
Ancora molto giovane, ventenne, Gianni Rizzo decise di abbandonare la sua città natale, Brindisi, per seguire quelle segrete aspirazioni che lo avevano invaso sin da bambino. Raggiunse Roma con poche lire in tasca ed un solo vestito, e lì trascorse un po’ di anni veramente difficili, anzi durissimi, con le tante difficoltà da affrontare e superare tutti i santi giorni, e sempre rincorrendo l’obiettivo di diventare attore.
Gli era riuscito solamente di avere una piccola parte in “Macario contro Zagomar” diretto da Giorgio Ferron, un film del 1944 quando, finalmente nel 1948, arrivò il suo vero esordio sul grande schermo: “Città dolente” il suo primo film da attore protagonista, pur se ancora perfettamente sconosciuto. La «Scalera Film» aveva in preparazione quel film per la regia di Mario Bonnard e si cercava un attore che avesse ‘una maschera mobile con un temperamento versatile’. Gianni era uno tra i tanti aspiranti a quel ruolo e timidamente si presentò al direttore Bonnard il quale, dopo averlo ben scrutato ed averne studiato meticolosamente le foto, gli chiese i suoi antecedenti di attore. Acquisita quindi la quasi assoluta inesperienza dell’aspirante, giunse comunque a concludere che, forse, era quello che stava cercando per il suo film, e lo convocò per un provino all’indomani.
Il produttore Scalera, dopo aver visionato il provino, invece, giudicò che quella nuova scoperta di Bonnard fosse troppo giovane per interpretare un personaggio così difficile e che pertanto sarebbe stato più opportuno, prima di quel passo così importante, cercar di ‘lanciare’ in un qualche modo meno azzardato quel potenziale attore. Per Gianni Rizzo trascorsero lunghi e lenti otto giorni in un clima di tesa incertezza finché, dietro l’insistenza del regista Bonnard, si procedette ad effettuare un secondo provino e poi… Gianni Rizzo fu scelto!
Da quel momento in avanti, i film in cui l’attore brindisino partecipò si cominciarono a rincorrere numerosi: ben altri 14 nei soli primi cinque anni di formale carriera: “Totò le mokò, Al diavolo la celebrità, Tre passi al nord, Il bivio, Cuore di Roma, La ragazza di Trieste, Il moschettiere fantasma, Una madre ritorna, L’esca, Una croce senza nome, Serenata amara, La vita di Giacomo Puccini, Ho scelto l’amore e, Carmen proibita”. In tutta la lunga carriera poi, la filmografia di Gianni Rizzo avrebbe sommato fino a quasi una settantina di film, oltre ad alcune serie televisive e lavori di prosa per la Rai. Il suo ultimo film, nel 1986, fu nientemeno che “Il nome della rosa” di Jean-Jacques Annaud, nel ruolo del messo papale recitato al fianco di Sean Connery.
Oltre alla fondamentale ed indispensabile bravura d’attore, per Gianni Rizzo la sua semplicità e schiettezza di carattere assieme al suo animo umile e generoso furono motivi primordiali del suo successo nel complicato mondo della cinematografia. Mentre, paradossalmente, fu il dover dar vita a personaggi cinici e malvagi dall’espressione truce diametralmente opposta a ciò che egli era nella vita quotidiana, che finì col contribuire a rivelare e risaltare quella sua bravura d’attore al doversi cimentare in interpretazioni difficili e sempre diverse, pur se accomunate dalla ‘cattiveria’ propria di ognuno dei suoi tanti personaggi.
Fu quella una caratteristica che gli doveva rimanere impressa per buona parte della carriera, anche se poi negli anni della maturità Gianni Rizzo riuscì a liberarsi da quel cliché, con la recitazione in film del cinema d’autore lavorando con registi di grande fama quali, per citarne alcuni, Roberto Rossellini, Alberto Bevilacqua, Pier Paolo Pasolini e Pietro Germi.
In una intervista all’attore ancor giovane, se pur già affermato, il giornalista brindisino Mario Consales lo definì “ragazzo semplice, attore complesso”. E poi, maturo, fu indubbiamente uomo dalla fulgida personalità d’attore: una professione che esercitò sempre, per più di quarant’anni, con grande serietà e professionalità, con tanta passione e con totale dedicazione.
Gianno Rizzo era nato a Brindisi il 5 aprile del 1924 e si era diplomato all’Istituto Magistrale. Poi, a Roma si era anche laureato in Lettere e Filosofia, ma da subito, in cuor suo aveva già scartato decisamente l’idea dell’insegnamento perché aveva un solo desiderio ed una sola ambizione: fare l’attore.
Negli ultimi tempi convisse a Roma con una nobildonna. Poi, le sue condizioni di salute si aggravarono, il suo fisico si appesantì e dovette sottoporsi giornalmente a dialisi, fino alla morte che lo colse il 4 febbraio del 1992.