Tre condanne e nove sentenze di non luogo a procedere per avvenuta prescrizione nel processo d’Appello per il “racket del caro estinto”, le presunte irregolarità avvenute ai margini della camera mortuaria dell’ospedale Perrino di Brindisi nella gestione dei servizi di pompe funebri.
Praticamente confermata la sentenza di primo grado per tre operatori tecnici dell’assistenza che lavorano in ospedale: Rita Laveneziana, Mario Faggiano e Antonio Grande sono stati condannati a due anni e cinque mesi di reclusione. Sarebbero stati loro a gestire i favori alle imprese di pompe funebri.
Reato prescritto anche per il medico legale Alessandro Bocchini che in primo grado era stato condannato a un anno per una presunta falsa perizia necroscopica.
Non più giudicabili, perché il tempo della giustizia non è eterno al contrario del servizio offerto, gli impresari di pompe funebri Teodoro e Marco Giustizieri, Caterina Gatto, Maurizio Manfreda, Antonio Pietanza, Giacomo Leo, Daniele Leo.
Secondo l’accusa, accreditata poi dalla sentenza di primo grado, gli operatori d’assistenza – ben ricompensati – avvertivano gli impresari di pompe funebri non appena un paziente spirava. Così le imprese di pompe funebri arrivavano nella camera mortuaria dell’ospedale quasi prima del defunto e avevano modo di assicurarsi dalla famiglia il servizio delle esequie. In questo modo venivano danneggiate le imprese di pompe funebri che non pagavano le “tangenti”.
L’inchiesta ebbe inizio dall’esposto presentato da un impresario funebre, Franco Fiorini, all’allora direttore generale della Asl, Bruno Causo.