di Giancarlo Sacrestano per il7 Magazine
A seguire le note di quelli che scrivono, riflettono, reagiscono, si resta eternamente estranei ad una ricerca di omogenizzazione dei comportamenti con le vicende cronistiche o persino storiche.
Quello brindisino è un popolo di “esistenti” alla cronaca, ma mancano del loro strato culturale e politico che li distingua e li reda persino utili e di esempio per tutti.
L’indefessa ed inutile abitudine di sottolineare l’appellativo poetico di Ennio Masiello “Piccatu ca” mortifica e uccide ogni possibile ricerca, ogni possibile possibilità di agire sulla cultura di massa, proponendo invece un tardive e negativo risentimento temporale, di come era Brindisi, con l’altra ed inutile affermazione “Nc’era’ na vota Brindisi”…. “piccatu ca”!
Talvolta è bene fermarsi e prendersi qualche minuto di tempo, per rileggere e riflettere e se un nobile uomo del passato, sindaco e primario di cultura ci ha lasciato eredi di ampi spazi riflessivi, prendiamoceli e cerchiamo di migliorare e non restarne scevri e sterili duplicatori, mancando il senso e la profonda azione rinnovativa che quell’uomo ci ha instillato nel sangue come fosse vaccino contro l’inedia.
Senza finalità critica, ma profonda fede nell’autore, ripropongo qui la poesia di Ennio Masiello “Nc’era ‘na vota Brindisi”
Nc’era ‘na vota… / nc’era ‘nu paisi, / ma ‘nu paisi fattu pi’ vetiri: / ‘na chichira, ‘nu culu ti bicchieri, / pizzenti si, ca no’ tinìa turnisi;
però tinìa ‘nu mari ‘mprufumatu / ca ti ‘ddurava t’alica e di scuegghiu / e ‘nu cielu ti stelli ‘mbrillantatu / ca no nci nd’è allu mundu n’atru megghiu.
Allu Casali tuttu nu sciardinu / t’arvili vierdi e fiuri colorati, / cu tre quattru casoddi e ‘nu villinu / cu no nci nd’è allu mundu n’atru megghiu.
Vita senza pinzieri, scuscitata, / pircé nd ‘ccuntintannu ti lu nienti: / la giacca ‘rrivutata ti lu tata, / Sant’Antueni e la focra ti sarmienti, / la Mellonata a sant’Apollinari, / pettuli, purcidduzzi, ‘ncartiddati; / la vindegna ‘ndurava pi li strati
e San Ghiatori nuestru scia pi mari.
Genti senza malizia, alla bunata: / Rutu-Rutu, Pea-Pea, Trapulanella, / la Cicurara cu lla rumanella, / Roccu Piccioni cu la cremolata, / carosica sbariàunu cu li nuci,
vecchi allu friscu cu li siggiteddi, / vagnuni ca sciucàunu a Fuci-fuci / Manueli e ti pariunu rundineddi.
‘Ddi tiempi comu parunu luntani,
lu cori mia nci pensa e si ‘rrivota: / atru mundu, atra vita, atri cristiani.
Brindisi no nc’è chiù! Nc’era ‘na vota!
Ennio Masiello.
Il bravissimo nostro ex primo cittadino, principe del foro, ce lo scrive come sentenza massima di cassazione: Brindisi no nc’è chiù! Nc’era ‘na vota!
Con questi versi nella testa ho seguito la fortissima tensione civile sviluppatasi attorno a due temi, verso cui, tutti siamo legittimati ad avere una opinione, meglio se corroborata da una onesta conoscenza dei fatti.
Abbiamo assistito al crollo degli investimenti pubblici per la realizzazione di importanti e fondamentali investimenti pubblici, figli di esigenze che a tutti stanno a cuore, ma non al cervello.
Come fosse retaggio da anni ’50, si sono chiesti denari pubblici per ammodernare e realizzare in città la cittadella universitaria, su stracci di edifici che altrimenti sarebbe necessario far crollare, come si era pavesato sino a qualche giorno prima.
A Brindisi, città degli esistenti, convivono malissimo due mega tipologie di persone inutilmente dialoganti tra loro. I primi sono i tardo adolescenti rivenienti dagli antichi anni 60 ed i secondi, gli attuali 20-trentenni che alla città hanno lasciato semmai la loro residenza, ma vivono fuori e fuori cercano di realizzarsi.
Non sfuggirebbe a nessuno che l’assenza di opportunità per i giovani veri, l’hanno fagocitata gli anziani, incapaci di rendersi conto del tempo e della sua funzione sulla vita. Tardo adolescenti, stupratori di specchi e di negozi d’abbigliamento, abitudinari di sceneggiate romanzesche da “uomini e donne, anziani” che per “l’odor del pelo”, ardiscono vicissitudini assurde ed estemporanee.
Brindisi è città archetipa del vecchio e dell’inutile, città del falso e dell’improvvisato.
Qualcuno di anziano o tardo adolescente, sa spiegare le sorti futuribili del ponte sotto l’area aeroportuale di via Materdomini? E c’è talaltro che sappia indicare la fine del palazzo delle finanze in via Nazario Sauro? E che fine farà l’ex Istituto tecnico Commerciale Marconi?
La Brindisi di questi beni è morta, moriranno anche loro?
Io come tantissimi altri ho due figlie laureate molto lontano, qui da noi era ed è impossibile. Si stanno realizzando fuori e voglia di rientrare, solo quella che li spinge per gli affetti locali, ma della città sanno fare a meno. La mia primogenita volle ardentemente frequentare la facoltà leccese ed era speranzosa di veder emergere la sua piccola sede presso la cittadella delle Ricerche. Ricordo ancora le parole del sostituto rettore che invitava tutti al massimo comportamento sobrio, evitando plateali scenografie con stelle filanti o spumanti e fare che tutto avvenisse senza spazzatura, perché i ragazzi neo laureati, gli ultimi dell’ultimo anno brindisino, rimasero composti ed un po’ interdetti da regole comportamentali che ogni laureato sa benissimo saltano ogni dove.
Qualche settimana dopo, mia figlia andò a Bologna e la vita sua cambiò. La mia secondo genita partì poche settimane dopo il diploma, per Napoli e dopo la sua laurea magistrale, lì continua la sua esistenza giovane ed attiva e di tornare a Brindisi, per ora non se ne parla neppure!
L’estate ritornano, ma la stagione del mare, per loro, come per tantissimi altri giovani non è più il nobile adriatico o il magnifico jonio.
Chi può acquista una piscina e le giornate in acqua le si passano lì dentro, comodamente, come comodamente, dalla città estiva dove passo le vacanze, Mesagne, basta una telefonata ad uno dei vari e tantissimi locali di ristorazione da asporto ed in campagna arriva il catering prelibato e professionalmente apprezzabile. In tre righi ho riassunto il complesso ma realistico nuovo mondo di cui i vetero adolescenti non intercettano e riconoscono la verità.
Non è il caso di affondare la memoria su vicende edilizie turistiche evanescenti ed incapaci di produrre una migliore condizione ricettiva turistica della città. Andata malissimo la vicenda dell’albergo e delle ville edificate dall’impresa Romanazzi, non ne vale il cero capire come sanare l’enorme artificio edilizio abusivo delle centinaia di seconde case sulla costa del mare adriatico, vero scandalo giocato sull’assenza e sulla necessità di una residenza estiva, che era nuova necessità che l’amministrazione cittadina non ebbe la forza di regolare con l’unico vero strumento del gioco: Piano Regolatore Generale.
Nel paese degli esistenti, fa una grande differenza se esisti in quanto membro del Consiglio Comunale o esisti se sei libero cittadino. Le due funzioni, spesso, rasentano obblighi di interessi comuni che lacerano l’imparzialità delle norme e facilitano se non vietano l’accesso a tutti. Il risultato va ricercato e andrebbe tempestivamente in mente e non se ne può facilmente ricercare l’esistenza.
Obbrobrioso lo scambio virulento al sangue dell’accusa mafiosa tra due consiglieri in Consiglio Comunale in corso. Scivolate di stile linguistica che stabilisce, forse, col martelletto del giudice l’acre confronto tra consigliere di maggioranza e di opposizione. È lontanissimo il tempo in cui gli amministratori erano noti con la massima: “A ci faci e sfaci, no perdi mai tiempu” oggi assistiamo alla loro nuova immagine di attori presenti con la loro sola immagine, spesso incapaci di proferire opinioni o tesi politiche, di corto, medio o lungo raggio. Brindisi è alla deriva e nessuno ci invita intelligentemente a seguire una tesi o corromperne un’altra. Al grande si, si contrappone un altrettanto grande no. Non esiste dissidio, ma solo non concordia. Ci manca la guida, ci manca il progetto, ci manca persino l’idea e la forza di raccontare ai giovani di tornare a Brindisi ad investire.
Oddio, la scelta è già nell’aria ed io che sono per via di mia moglie, mesagnese, sapevo da diverso tempo che stava esplodendo, piano, piano la stagione rivoluzionaria della cultura mesagnese. Nei decenni ho conosciuto molti mesagnesi e da tutti ho imparato la più importante lezione di vita: io e Mesagne respiriamo la stessa aria: siamo fatti della stessa materia. Persino quando a governare c’era Pino Rogoli e la sua Sacra Corona Unita, nei mesagnesi non si era spenta la fiamma eterna di eterno amore per la città, che si è rivoluzionata con intelligenza e capacità, importando anche imprenditori brindisini e masse di giovani e vetero adolescenti nostrani, che gli basta il profumo di una pizza o di una fritta per tradire origini e tradizioni. Quando una volta all’anno io cerco una fritta, la compro a Mesagne e non vi dico da chi e da dove proviene. Mi siedo davanti alla mole del castello Granafei e respirando piano mi attardo tra pensieri strani e resoconti inconsulti per fare l’elenco degli “scintrusi” tutti brindisini, che hanno ucciso la propria tradizione e la propria storia e tutto il proprio futuro e se questo dovesse passare da Mesagne, sia chiaro ai Brindisini, come fu chiaro a me, già trent’anni fa, che la via Appia si fermava a Mesagne e non a Brindisi. Malgrado tutto, così è a guardare l’elenco dei visitatori di Muro Tenente.
Pare poco ma c’è una famiglia a cui si ricollega Brindisi e Mesagne, la prima fu sostanzialmente rilanciata proprio da Scipione Granafei agli inizi del ‘500. La famiglia cominciò la sua enorme familiarità con la Puglia meridionale, sino a rappresentare il fulcro di una società attiva e modernizzatrice in una terra tutta votata all’agricoltura di cui i Granafei erano ottimi e potenti finanziatori. Nel comune di Brindisi, in contrada Apani sopravvive una bella masseria titolata alla famiglia Granafei, derelitta negli anni 50 dalla Riforma agraria per favorire lo sviluppo della coltivazione diretta dei contadini. A Mesagne, oltre al bel castello, centralissimo e fortemente incluso nel tessuto urbano, come volàno di sviluppo culturale, c’è il Castello Acquaro, anche lui di ex proprietà della famiglia Granafei. Il dialogo corretto tra generazioni, si attua per la forte e costante ricerca delle famiglie di investire sul proprio luogo di residenza e di svilupparle. Tutto questo è vanificato a Brindisi, dove i Granafei, grande famiglia commerciante di grano e caffè (GRANA-FEI) nel cui stemma familiare si vede troneggiare due spighe di grano tenuti dalla zampa di un leone. Il motto della famiglia è “Trascura le inezie” ovvero concentrati e rimani concentrato sul valore dei principii e falli crescere e condividili.
Nota specifica: sotto la cornice marcapiano del bellissimo palazzotto al centro di Brindisi, onorano i passanti i motti che si leggono in latino in quattro aforismi: “Il saggio costruisce la casa mentre lo sciocco la distrugge”. “A che serve allo stolto possedere ricchezze dal momento che non può comprare la saggezza?”. “Chi risponde prima di ascoltare dimostra di essere sciocco e confusionario”. “Ricorda di non oziare se non vuoi soffrire la povertà”.
Bastano poche parole per distinguere le ragioni del saggio da quelle dello stolto. I Granafei furono e sono famiglia di saggi. I Brindisini, che li lasciarono andare via, per migliori lidi, anche a Mesagne, sono restati folli allocchi e “scintrusi” alla ricerca di valori e principii.
“A CI FACI E SFACI NO PERDI MAI TIEMPU”! recita il motto, ma se sei folle e non saggio, ne paghi le amare circostanze che non avevi saputo intravvedere. Ecco, i brindisini, si trovano in questo stato!