Di Marina Poci per il numero 388 de Il7 Magazine
Aveva bisogno di “un invito professionale da parte di una impresa o di una professionista o anche di un rappresentante istituzionale… anche di un piccolo comune, quello che diavolo è… della zona…”, Gianni Alemanno, già sindaco della Capitale, per giustificare al Tribunale di sorveglianza di Roma, che vigilava sulla misura di affidamento in prova ai Servizi Sociali concessagli in luogo alla detenzione nel carcere di Rebibbia, un suo allontanamento dal Lazio. E l’ordinanza dello stesso Tribunale, con cui l’affidamento gli fu revocato in data 31 dicembre 2024, mette nero su bianco, intercettazioni alla mano, che, tra le persone a cui si rivolse, vi era uno speciale amico brindisino (non indagato) di cui fu testimone di nozze, il consigliere comunale Cesare Mevoli, commissario cittadino di Fratelli d’Italia, a cui l’ex primo cittadino chiese aiuto per “organizzare” il soggiorno a Gallipoli dal 30 agosto al 2 settembre dello scorso anno, effettivamente avvenuto. Mevoli, a sua volta, contattò un avvocato con studio a Brindisi, che con pec del 20 agosto 2024, inoltrò alla segretaria di Alemanno, Iolanda Mascelloni, l’invito necessario a legittimare, presso l’UIEPE (Ufficio interdistrettuale Esecuzione penale esterna), la trasferta.
Ora quel provvedimento di sospensione dello scorso dicembre, nel quale si fa riferimento a Mevoli, è sfociato nella revoca: il Tribunale di sorveglianza, infatti, con decisione del 24 gennaio 2025, ha deciso che il resto della condanna (un anno e dieci mesi) passata in giudicato per traffico di influenze illecite e violazione delle norme sul finanziamento dei partiti politici dovrà essere scontata nell’istituto di pena, in quanto, l’affidato avrebbe tenuto “comportamenti del tutto incompatibili a determinare una concreta, genuina ed effettiva adesione alle regole ordinamentali; l’attività prospettata quale risocializzante si è rivelato falsa e strumentale e sono stati strumentalizzati da parte dell’affidato gli spazi di apertura concessi; dunque, non si è affatto realizzata la finalità rieducativa cui la misura era preordinata”.
L’ex sindaco di Roma, che svolgeva attività presso la struttura Solidarietà e Speranza (organismo di volontariato che si impegna nell’assistenza a ragazze madri, bambini, adolescenti e persone colpite da violenze e povertà), secondo il Tribunale sarebbe responsabile di una “gravissima e reiterata violazione delle prescrizioni imposte”: oltre ad avere presentato falsa documentazione per giustificare il mancato rientro a casa entro le 22 e gli impegni “lavorativi” fuori dal Lazio (l’episodio in cui è coinvolto il consigliere Mevoli è soltanto uno dei ventisei contestati), avrebbe incontrato in tre occasioni (tra marzo e settembre scorsi) un pregiudicato, l’ex avvocato Paolo Colosimo, condannato in via definitiva nel 2018 a 4 anni e sei mesi.
Il collegio (presidente relatrice Vittoria Stefanelli) parla, in proposito di “sistematica, artata costituzione di documenti giustificativi degli spostamenti sul territorio nazionale oggetto di richieste autorizzatorie, predisposta dall’affidato sin da febbraio 2024, a ridosso dell’avvio (27.11.2023) della misura alternativa, anche con la complicità di più soggetti compiacenti (la segretaria, diversi legali, un consigliere comunale brindisino, la sorella, ecc.)” e di un Alemanno che “si è preso gioco degli Uffici che presidiano la misura alternativa alla detenzione intramuraria, con ciò tradendo il senso e lo spirito dell’esecuzione penale esterna, concepita in sintonia con il principio costituzionale secondo il quale la pena deve tendere alla rieducazione, principio che non è stato minimamente recepito dal condannato”.
È questa la ragione che sta alla base del rigetto della richiesta, da parte degli avvocati difensori Cesare Placanica e Edoardo Albertario, di ammettere l’ex sindaco alla misura meno afflittiva della detenzione domiciliare (“non essendo formulabile un giudizio né di meritevolezza, né di affidabilità, né di cessata probabilità di commissione dei reati”), ma anche del dissenso espresso dal collegio rispetto al parere del Sostituto Procuratore Generale, che aveva ritenuto di “salvare” il primo periodo di affidamento (cioè i circa tre mesi che vanno dal dicembre 2023 al febbraio 2024, per i quali non sono documentate violazioni). I magistrati di sorveglianza hanno invece ritenuto che le violazioni di Alemanno, “integranti fattispecie di reato”, “lungi dal rivelare un positivo evolversi della personalità, sono sintomatiche di strumentalizzazione da parte dell’affidato degli ampi spazi di apertura concessi”: la qual cosa, a dire del Tribunale, legittima la revoca dell’affidamento dal momento della sua concessione (“ex tunc”).
Ora, al netto di quanto deciso dai giudici dell’affidamento, è quasi scontato che, parallelamente, possa essere stato aperto un procedimento per accertare la rilevanza penale delle condotte di “agevolazione” da parte di tutti coloro che, a vario titolo, si sono adoperati per procurare ad Alemanno documenti in grado di giustificare la reiterata violazione delle prescrizioni impostegli: tra questi, ovviamente, figura Cesare Mevoli.