Bari, truffe ai risparmiatori con finte società di investimento: sequestro da 6 milioni


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Nella mattinata di oggi, 14 luglio, i Finanzieri del Comando Provinciale di Bari hanno dato esecuzione a un decreto di sequestro, per un valore complessivo di circa 6 milioni di euro, nei confronti di 7 persone fisiche e di numerosi “schermi societari esteri”, emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari del locale Tribunale su richiesta della locale Procura della Repubblica.
I destinatari del provvedimento sono indagati (accertamento compiuto nella fase delle indagini preliminari che necessita della successiva verifica procedimentale nel contraddittorio con la difesa), in concorso tra loro e a vario titolo, per le ipotesi delittuose di associazione per delinquere, abusivismo finanziario, autoriciclaggio (tutte connotate dal carattere della transnazionalità) e truffa aggravata.
L’odierna operazione trae origine dall’approfondimento di alcune segnalazioni di operazioni sospette, nonché dalla denuncia sporta da due risparmiatori, da cui originavano ulteriori e “mirati” riscontri investigativi delegati al Nucleo PEF di Bari, che consentivano di rilevare un cospicuo numero di operazioni anomale concernenti trasferimenti di ingenti somme di denaro verso conti correnti esteri intestati a società riconducibili al sodalizio criminale.
In particolare, secondo l’impostazione accusatoria (allo stato, fatta salva la valutazione nelle fasi successive con il contributo della difesa), dalle investigazioni sarebbe emerso che i componenti dell’associazione per delinquere avrebbero inizialmente promosso e organizzato una sistematica attività di raccolta di somme di denaro in Italia, facendo
sottoscrivere, anche mediante artifizi e raggiri, a clienti italiani, residenti prevalentemente nella provincia di Bari, numerosi contratti di investimento denominati “Fixed Bond Term” o più comunemente detti “Bond”, prevedendo la corresponsione ai risparmiatori di interessi al tasso annuo netto, mediamente applicato, del 6%.
I predetti strumenti finanziari sarebbero stati intestati a una società inglese – priva di abilitazione ad operare in Italia – e il controvalore incassato, transitato su conti esteri, è stato poi reimpiegato, in parte, in attività economico-finanziarie aventi scopo speculativo.
In particolare, è emersa la sottoscrizione di un contratto di sponsorizzazione, per un importo pari a circa 250.000 euro, a favore di una società calcistica lombarda; – alcuni degli odierni indagati avrebbero successivamente offerto nuove forme di investimento, denominate “conto deposito” o “adesione prestito societario”, garantendo rendimenti annuali oscillanti tra il 3 e il 7 per cento (ben superiori a quelli riconosciuti sul mercato da prodotti con caratteristiche analoghe), questa volta attraverso società ungheresi parimenti prive di abilitazioni ad operare in Italia;.
I predetti servizi di “finanza innovativa” venivano promossi attraverso la pubblicazione di annunci pubblicitari (avvalendosi della piattaforma Facebook e/o utilizzando quotidiani regionali online), nonché tramite uffici aperti a Bari per ricevere la clientela.
A fattor comune, le attività investigative hanno consentito di accertare che: – né le persone fisiche né le società coinvolte risultavano iscritte in alcun albo gestito dalla Banca d’Italia, dalla Consob e/o da altri Organismi di Vigilanza; – una parte della preparazione, direzione e pianificazione delle attività delittuose è avvenuta all’estero.
Il carattere transnazionale delle condotte ha reso necessaria la conduzione non solo di indagini tradizionali (perquisizioni, indagini tecniche ed escussione in atti delle potenziali vittime), ma anche l’attivazione, su ampia scala, degli strumenti di cooperazione giudiziaria internazionale, al fine di individuare i flussi finanziari canalizzati in Repubblica Ceca, Polonia, Lituania, Ungheria, Regno Unito, Germania e Bulgaria, per occultarne la provenienza illecita.