Di Marina Poci per il numero 415 de Il7 Magazine
“Sarà realizzata una fermata a freddo delle centrali a carbone finalizzata a garantire la sicurezza energetica nazionale, senza recare alcun pregiudizio all’ambiente, in linea con le misure adottate in altri paesi europei come la Germania, che ha mantenuto in riserva alcuni impianti a carbone”: è stata questa la risposta del ministro Adolfo Urso, titolare del dicastero delle Imprese e del Made in Italy, all’interrogazione a risposta immediata (cosiddetto “question time”) posta dai deputati di Forza Italia Mauro D’Attis e Alessandro Battilocchio sul progressivo smantellamento dei siti di Cerano, a Brindisi, e di Torrevaldaliga Nord, a Civitavecchia. Dunque, benché il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima preveda per l’Italia la cessazione della produzione di energia elettrica tramite carbone al 31 dicembre 2025, di fatto l’ordine del giorno proposto da Azione, del quale il ministro ha confermato l’operatività, sposta di ben tredici anni in avanti la graduale eliminazione della fonte fossile dalle prospettive produttive del territorio.
“Gli impianti saranno mantenuti in manutenzione ai fini di garantire l’utilizzo in riserva, nel caso di emergenza nazionale, ove la situazione geopolitica, piuttosto gravida di rischi, ne determinasse la necessità”, ha aggiunto Urso, precisando che “Per quanto riguarda i progetti di riconversione delle aree di Brindisi e Civitavecchia, in cui attualmente insistono centrali a carbone, il differimento del phase out non inficia l’attività dei due Comitati di Coordinamento istituiti presso il Ministero, che prosegue con celerità, potendo comunque contare sulla disponibilità di aree idonee, indipendentemente dalle immediate dismissioni, soprattutto a Brindisi”.
Come tale attività possa essere resa possibile mantenendo la fermata a freddo dell’impianto, il ministro non l’ha specificato e, per quello che riguarda l’area brindisina, sarà la gatta che dovrà pelare il commissario ad acta Luigi Carnevale, attuale Prefetto, nominato qualche mese fa – per l’appunto – commissario straordinario del Governo per la riconversione industriale.
Intanto, però, il titolare del Mimit si è affrettato a precisare che, alla pubblicazione su sito internet del Ministero dei due avvisi per acquisire “progettualità di investimento” in relazione ai siti che saranno dismessi, hanno fatto seguito 46 proposte per Brindisi, in gran parte relative a energie rinnovabili, economia circolare e logistica, nove delle quali già presentate nella riunione che si tenne il 20 settembre 2024 presso la Prefettura e meglio dettagliate nell’incontro del Comitato di Coordinamento dello scorso 29 maggio, a nomina già avvenuta del Prefetto quale commissario governativo. Per Civitavecchia si parla, invece, di 28 proposte.
Urso ha poi concluso dichiarando che l’elaborazione delle manifestazioni di interesse pervenute è nella fase conclusiva, “al fine di realizzare poi, di intesa con gli enti locali, due distinti accordi di programma che renderanno espliciti progetti, tempi e modalità degli investimenti produttivi”.
Niente di nuovo sotto il sole, quindi, rispetto all’ordine del giorno proposto dal gruppo parlamentare di Azione (con Carlo Calenda primo firmatario) e sottoscritto dal deputato D’Attis, che a D’Attis stesso è costato l’accusa di aver tradito i territori da parte delle opposizioni e delle organizzazioni sindacali (tanto più che il differimento della decarbonizzazione appare strettamente connesso, per come è strutturato l’ordine del giorno, alla possibile realizzazione di una centrale nucleare sul sito di Cerano).
Un’accusa che D’Attis ha rispedito ai mittenti anche al termine del question time, ribadendo che il provvedimento governativo va nell’ottica di sostenere a Brindisi l’insediamento di nuove aziende industriali e sostenibili e che “non ci basta la semplice decarbonizzazione, vogliamo il rilancio industriale ed economico dei due territori di Brindisi e Civitavecchia”, rilancio che, secondo il deputato brindisino, avrebbe potuto essere ben avviato se il governo a guida Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle non avessero fatto saltare l’opportunità di investimento rinveniente dal Just Transition Fund, che avrebbe portato svariati miliardi.
“Stiamo operando con la coscienza di chi vuole il bene della comunità in cui vive e che rappresenta e anche davanti ai peggiori gufi noi continueremo a farlo”, ha concluso D’Attis. Tra i gufi ci sono certamente gli esponenti del PD, che, tanto a livello locale quanto a livello regionale, non hanno perso tempo a definire il processo di decarbonizzazione che riguarda Brindisi “la fiera dell’ipocrisia” e le rassicurazioni del ministro Urso “dichiarazioni di circostanza”: “L’ordine del giorno presentato e approvato alla Camera dei Deputati, firmato anche da Mauro D’Attis, non mira davvero a favorire la transizione energetica: il suo unico scopo è aprire la strada a una discussione politica nazionale sul nucleare, tema che resta fortemente divisivo. Lo dimostra la motivazione contenuta nell’atto parlamentare, secondo cui il rinvio del phase out del carbone al 2038 servirebbe a “coordinare la chiusura delle centrali a carbone con l’avvio di nuovi impianti elettronucleari”, ha scritto il consigliere comunale e segretario cittadino del PD Francesco Cannalire in una nota diffusa ai mezzi di informazione all’esito del question time.
“Ci saremmo aspettati invece”, ha proseguito il dem, “che D’Attis legasse la richiesta di proroga tecnica del phase out all’individuazione e allo stanziamento delle risorse indispensabili per sostenere il processo di decarbonizzazione e gli investimenti delle imprese che, con fiducia, hanno aderito alla manifestazione di interesse del Mimit di qualche mese addietro”.
Cannalire ha aggiunto che, in assenza delle garanzie necessarie, “l’iniziativa della manifestazione d’interesse rischia di restare l’ennesima operazione di propaganda del centrodestra, senza effetti concreti né risultati”, puntualizzando che “Poco serve che D’Attis si compiaccia per il suo ruolo nell’accordo di programma e nella nomina del Commissario di Governo, se poi a quest’ultimo vengono affidate solo responsabilità, senza gli strumenti operativi e le leve normative, finanziarie e agevolative indispensabili per avviare davvero la reindustrializzazione e la transizione energetica”.
In tutt’altra direzione, in una discussione politica locale nella quale la figura del sindaco Giuseppe Marchionna appare sfocata sullo sfondo, va il commento del gruppo consiliare di Forza Italia del Comune, che parla di una Brindisi che “ha intrapreso la strada giusta per uno sviluppo armonico e lontano da fonti fossili potenzialmente inquinanti” e di sconfitta delle “Cassandre” ad opera delle “46 idee progettuali per altrettanti investimenti da realizzare a Brindisi in settori innovativi e con grandi ritorni occupazionali”: “Il PD e le altre forze di sinistra se ne facciano una ragione perché Brindisi è definitivamente uscita dal torpore in cui tanti anni di governo nazionale e cittadino l’avevano fatta piombare, proprio grazie ad un Partito Democratico incapace di puntare su uno sviluppo alternativo ed efficace”.
Dal canto proprio, il PD, ritenendo che sia “necessaria una strategia sindacale chiara e unitaria, condivisa con le associazioni datoriali, che punti a obiettivi concreti e rifiuti ogni tentativo di dividere il territorio, le imprese e i lavoratori con il ricatto occupazionale”, serra i ranghi rivolgendo un appello alle forze sindacali: “Facciamo fronte comune, mettendo da parte le divisioni, sul tema della decarbonizzazione, pretendendo dal Governo garanzie per la continuità lavorativa del comparto energetico e prospettive reali di nuova occupazione”.
Staremo a vedere se l’invito sarà accolto.