Caro sindaco, sfodera il coraggio. Se davvero ce l’hai

Caro Sindaco, sono uno dei tanti cittadini di Brindisi che ancora “benevolmente” si chiede qual è il tuo progetto di città e, soprattutto se ce l’hai; “benevolmente” perché so che altri, tanti, hanno smesso di chiederselo. Ti scrivo senza alcun preconcetto e così vorrei che mi leggessi. Non ti irrigidire, stai calmo, leggimi bene.

Non importa se sono, sarò, o sono stato un tuo elettore, né se militiamo nella stessa formazione o nello stesso polo; tutto ciò non ha alcuna importanza. Vedi, Sindaco, io sono uno di quelli che crede molto nella politica, e soffro nel vedere, soprattutto in questo periodo, quanto essa sia sopravvalutata e quanto l’economia e la scienza, purtroppo, svolgano ruoli, per così dire, più decisivi.

Qualcuno ha detto che affidarsi alla politica per interpretare e governare il futuro è come chiedere ad un orologiaio notizie sull’eternità e forse con ciò ha voluto ammonirci sui rischi dell’ingenuità di chi ritiene di poter ottenere risposte semplici alle complesse domande sociali. So, come te, che le economie nazionali dipendono dalle economie internazionali e quanto i singoli governi dipendano, nelle proprie decisioni, dai super governi mondiali. Figurarsi se qualcuno può pensare di cambiare il mondo con le armi spuntate di un’Amministrazione Comunale.

Non siamo così sciocchi. Non sono fra quelli che credono che un sindaco davvero possa creare nella propria città i presupposti per uno sviluppo che non esiste nell’intera nazione, o che tu possa trasformare in un’isola felice una parte di territorio; tu, lo so, non hai né i mezzi né le risorse e ne le competenze , però, sindaco, da questo alla paralisi, ce ne corre. Essere il “primo cittadino” è un fatto importante che “presuppone” capacità di lettura del futuro, intuizione, estro, buon senso, idee, autorità, competenza, sensibilità, comprensione, ma è anche un fatto che “determina” abitudini, costumi, piccole felicità, presupposti per la ripresa, ambienti adatti a opzioni settoriali, scelte di direttrici di sviluppo.

Un sindaco ha l’obbligo di immaginare un futuro e di tentare con tutte le proprie forze di costruirlo, o, almeno di porre le basi per dare un’anima alla città, per tracciare una strada che sia una risposta efficace e condivisa ai mali del tempo. Soprattutto ora. Diego Novelli, lo storico sindaco comunista della Torino degli anni di piombo, ridisegnò la solidarietà e l’accoglienza cittadina rivolgendosi scandalosamente alla rete delle parrocchie, La Pira inventò l’anima di Firenze intuendo e attenuando le grandi disparità che si affacciavano già allora in una città così ricca e contraddittoria, Cacciari ha reinventato i grandi circuiti culturali di Venezia e Antonino (come vedi non ho pregiudizi di sorta) ha tentato di ridisegnare la fruizione del nostro centro cittadino ed ha contribuito non poco all’arrivo di sostanziose risorse comunitarie che in tempi di crisi si sono rivelate utilissime.

Finanche i sindaci leghisti coltivano una propria speranza, sia pur malsana, per le loro città. Uomini diversi, diversi progetti, diverse idee e diverse capacità ma con un punto in comune: un progetto per il futuro che dia senso a quello che si stà facendo e che il destino ci ha messo nelle condizioni di poter fare. Nella tua attività di questi mesi, invece, non vedo, perché non c’è, nessun filo conduttore e non vedo, perché non c’è, nessuna idea alta, strutturale, compiuta per il futuro per questa città.

Ho il sospetto che tu pensi che tutto ciò che accadrà lo farà indipendentemente da te e senza l’incomodo di dire la tua. I migranti di passaggio defluiranno in educati gruppi per tutta l’Europa, le industrie cittadine si riprenderanno con l’alleggerirsi della crisi, i giovani disoccupati, come sempre, si scioglieranno in mille rivoli attratti da luoghi più laboriosi e più fortunati, gli ultimi e i più sfortunati troveranno conforto ed aiuto nel benedetto volontariato.

Non ne parli mai e perciò credo che tu il futuro lo immagini come una specie di malattia dalla quale, diceva Adorno, non si guarisce grazie al semplice vaccino dell’incredulità. Vorrei, invece, da brindisino e da estimatore della politica, che tu “volassi alto” come si suol dire. So che sei continuamente distratto dai giochini miserabili di tanti amministratori ma questo non basta a giustificare l’assenza di un progetto chiaro e condiviso da portare avanti. Ogni pagliaccio, prima o poi, trova il proprio circo e la sfortuna ha voluto che molti di loro , come circo, abbiano scelto Palazzo di Città; che ci vuoi fare? Lasciali fottere!

Ti blocca, forse, anche l’attesa di sapere come andrà a finire l’inchiesta che ti riguarda. Fregatene! Alla gente non interessa. Adesso hai anche questa storia del calcio: insomma se non sono quisquilie non ti interessano? Sintonizzati, invece, con i tanti allarmi e le tante esigenze cittadine; i drammi, le infelicità, le disperazioni, gli atti di resa e le partenze. D’accordo, la macchina comunale non è delle più efficienti, la Multiservizi forse spende più del dovuto, alcuni circhi maltrattano gli animali, i migranti dovrebbero essere mandati fuori città … va bene ma mò basta. Non è di questo che deve parlare un sindaco. Nè delle manifestazioni di piazza o dell’abbellimento dei viali. Esci da questa macedonia di iniziative insensate e da questo frullato di comunicati stampa estemporanei.

La città non è un parco giochi nel quale, i più fortunati possono passare un piacevole sabato sera. Insomma è ora che cominci a fare davvero il sindaco e ci spieghi dove vorresti andare: rivalutiamo la nostra zona industriale e richiamiamo investimenti importanti o puntiamo alla rivalutazione turistica della costa nord? Lasciamo che sia il volontariato a prendersi cura dei più deboli o puntiamo tutto sulla solidarietà e creiamo le condizioni per una eccellenza universitaria nel settore dell’assistenza? Le opzioni sono tante e la scelta di ognuna di esse porta con se carichi di responsabilità che non puoi più scansare perchè è arrivato il momento di dare un senso a tutti i tuoi no e a tutti i tuoi si. Insomma è arrivato il momento di sfoderare il coraggio … se ce l’hai. E, se no, lascia perdere. Trovati qualcos’altro da fare. Absit iniuria verbis.

A.Serni