Era vivo il neonato affidato alla culla termica di Bari: morì tra le 4 e le 10 ore successive


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Il materiale presente sul materassino della culla termica della chiesa di San Giovanni Battista di Bari, in cui lo scorso 2 gennaio fu trovato un neonato senza vita, era urina e apparteneva proprio ad “Angelo”, il piccolo di poche settimane ribattezzato così dal sindaco di Bari, Vito Leccese, nel corso dei funerali celebrati alcuni giorni dopo.
La presenza di urina riconducibile al piccolo, accertata con la consulenza del genetista dell’università di Pavia Carlo Previderè, incaricato dalla Procura della Repubblica di Bari di svolgere le analisi, certifica che il bambino era vivo nel momento in cui fu lasciato nella culla (l’autopsia ha accertato che è morto per ipotermia, tra le 4 e le 10 ore successive).
Con quest’ultimo tassello si avvicina la chiusura delle indagini.
La Procura indaga per omicidio colposo nei confronti del parroco della chiesa, don Antonio Ruccia, e del tecnico Vincenzo Nanocchio, che nel 2014 installò la culla e il 14 dicembre scorso, dopo alcuni blackout, ne cambiò l’alimentatore. Ma la consulenza affidata ai tecnici sulle apparecchiature del locale adibito a culla ha anche dimostrato come il materassino su cui il piccolo è stato poggiato, e che avrebbe dovuto far partire l’allarme e una telefonata al cellulare del parroco (mai partita) una volta rilevato il peso del neonato, non sarebbe stato idoneo a quella funzione. Gli esami hanno poi messo in luce anche altre criticità: il malfunzionamento stesso dei sensori del tappetino e una perdita di gas del climatizzatore che avrebbe dovuto riscaldare la stanza e che invece, forse proprio a causa di quella perdita, rilasciò aria fredda.
La Procura indaga anche per abbandono di minori a carico di ignoti, un’ipotesi di reato che, alla luce degli ultimi accertamenti, potrebbe essere stralciata.