di Giovanni Membola
Non esiste tecnologia capace di fronteggiare quella straordinaria sensazione che si prova nel catturare un singolo e preciso istante, sublimandolo su pellicola e farlo diventare eterno. È principalmente questa la vera bellezza dell’arte fotografica, fatta di emozioni coinvolgenti e sentimenti profondi. Ci provano in tanti, ma solo pochi riescono a scrivere il proprio nome nella storia di quest’arte, com’è riuscito a fare Nino Zippo.
Era giovanissimo e animato da una grande passione quando si è approcciato alla fotografia, già durante gli anni di servizio volontario nella Marina Militare era fortemente attratto dalla tecnica fotografica, poi ha saputo diligentemente seguire le indicazioni e i suggerimenti del suo maestro, Carmine Gualtieri, un altro tra i più prestigiosi maestri brindisini del settore. La sua formazione si compie a contatto con la gente e nello studio fotografico di Gualtieri in via Carmine, dove nella metà degli anni Cinquanta ci lavoravano anche Vito Piazzolla e Salvatore Prima (quest’ultimo deceduto prematuramente), entrambi addetti alla camera oscura. Carmelo Gualtieri è stato come un padre amorevole per Nino, lo ha guidato ad apprendere le conoscenze di base dell’illuminazione fotografica, della composizione dello scatto e nel fotoritocco, ma soprattutto gli ha dato utilissimi insegnamenti di vita da applicare ogni giorno, che nel tempo ne hanno forgiato il carattere discreto e rispettoso.
Nel 1960 volle aprire uno studio fotografico tutto suo, era situato in via Appia in corrispondenza dell’attuale farmacia Rubino, con lui anche il fratello Salvatore, avviato al mestiere grazie anche all’aiuto di Vito Piazzolla che per circa un anno lavorò insieme a loro in questo locale. Un ulteriore e utile contributo venne da Mario Mele, “l’amico del cuore” come Nino tiene a ricordarlo. “La chiesa dei Salesiani non era lontana, appena finita la funzione religiosa gli sposi e tanti ragazzini che avevano avuto la Prima Comunione venivano allo studio per posare in una foto ricordo, talvolta si creava la fila davanti all’ingresso, si faceva entrare solo i neo sposi o i bimbi con i genitori, poche foto e via” racconta con una velata punta di nostalgia Pasquale Zippo, per tutti Nino “il capellone”. “Poi decisi di recarmi in chiesa per fotografare le varie cerimonie, era necessario uscire dallo studio ed andare incontro alle esigenze dei clienti senza aspettarli nella sala posa. Fui uno dei primi a mettere in pratica quella che definisco la ‘fotografia dinamica’, una vera svolta nell’attività”.
Nel 1972 lo studio fotografico si trasferì nell’attuale sede di via Cesare Battisti, angolo con via San Lorenzo, nel cuore del centro cittadino, dove ancora oggi Nino opera quotidianamente nella stampa di foto da file, cellulari e fototessere. Nonostante i suoi ottantasei anni, portati benissimo, si muove con straordinaria agilità tra le varie attrezzature moderne che gli permettono di soddisfare le numerose richieste dei suoi clienti. Il suo studio è diventato un vero simbolo dell’operosità brindisina, all’interno tante eccezionali foto in bianco e nero e a colori che raccontano e documentano uno spaccato di vita e di sport della città. La sua bacheca è colma di riconoscimenti, dediche, targhe e attestati di merito prestigiosi, ricevuti negli anni per la sua indiscutibile competenza e per quell’indole disponibile e gentile. Nel 1996 venne perfino candidato al titolo di Cavaliere del Lavoro, ma l’onorificenza non si concretizzò per la successiva caduta del governo, poi non si è fatto più nulla. Il Coni e tutto il mondo sportivo pugliese gli sono riconoscenti, sono tante le società che lo hanno gratificato per il suo lungo percorso professionale, indimenticabile il tributo al PalaPentassuglia nel 2016, quando – visibilmente emozionato – venne osannato ed applaudito da tutto il pubblico durante la consegna del premio alla carriera. È giustamente considerato uno dei pionieri del reportage fotografico sportivo, ha iniziato con le fotocamere tedesche Rolleiflex per poi passare alle meravigliose Hasselblad, con le ottiche intercambiabili, “la prima la comprai nel 1969, mi costò ben cinque milioni!” ricorda.
È stato inoltre il fotografo di fiducia di alcune famiglie nobili della provincia, come i Dentice di Frasso di San Vito dei Normanni e i Terribile di Mesagne. Veniva chiamato per scattare e filmare nelle loro prestigiose dimore storiche compleanni, eventi e feste, in quelle occasioni si è “inventato” l’intrattenimento per i più piccoli, poi divenuto consueto nelle festicciole attuali.
Ma è stato principalmente un fotoreporter di grandissima sensibilità e prestigio, ha saputo creare magistralmente immagini indimenticabili, fermando momenti di vita, di persone e di luoghi che hanno fatto la storia. Per le sue spiccate capacità tecniche e lo spirito di iniziativa fu scelto come collaboratore dell’autorevole agenzia giornalistica Associated Press, tante sue foto hanno fatto il giro del mondo, in più occasioni. “Dopo ogni servizio fotografico, come nel caso dell’arrivo a Brindisi della principessa Margareth d’Inghilterra, bisognava correre e far presto. Con la mia auto andavo dapprima ad Ostuni nello studio Carrozzo per sviluppare le pellicole, quindi a Bari, dove da un apposito ufficio si trasmettevano le immagini scelte alla sede di Roma con il Telefoto, un sistema che utilizzava la linea telefonica analogica. Durante il tragitto le pellicole si tenevano appese all’interno dell’automobile per farle asciugare”. Non esisteva un rimborso spese carburante, Nino faceva tutto questo per profonda dedizione al lavoro, un impegno concreto e senza tempo che lo ha fatto apprezzare nel mondo del giornalismo di quegli anni.
È stato inoltre uno dei fondatori della Gazzetta di Brindisi e de Il Punto, ha collaborato per anni con altri importanti quotidiani come Il Tempo di Roma e il Corriere del Giorno, una lunga militanza che gli ha permesso di conoscere ed ottenere un rapporto diretto e di fiducia con tutte le principali autorità locali. Per non parlare dell’ambito sportivo: suoi gli scatti più belli del calcio brindisino dagli anni Sessanta in poi, in tanti ricordano la consueta fila di curiosi fermi davanti alle vetrine di via Appia, e di via San Lorenzo poi, ad ammirare e rivivere i momenti salienti della domenica sportiva, sia di calcio che di basket: Nino Zippo era preparato e sempre reattivo, sapeva scegliere le inquadrature giuste e cristallizzare l’attimo giusto dell’azione, come un pallone destinato in rete mentre il portiere era ancora in volo o la rabbiosa schiacciata dei cestiti americani.
Sull’erbetta del campo di calcio del Casale e sul parquet del palazzetto della Masseriola spesso lo affiancava il figlio Giuseppe, che già da piccolo mostrava una particolare vocazione prima di diventare un affermato manager di una importante multinazionale. In tanti certamente ricorderanno anche Eugenio, un “aiutante” speciale che Nino ha pazientemente saputo accogliere ed integrare nell’attività, per anni.
Di storie e aneddoti ce ne sarebbero tantissimi da raccontare, ma servirebbe un intero libro per raccogliere almeno le più curiose e interessanti. Con lui la fotografia ha attraversato i tempi come un essenziale mezzo di espressione sociale ed artistica, conservando sempre quel tipico fascino e un’intensa componente emotiva. Sono proprio le immagini che parlano per lui, anche quando lo vedono al fianco a personaggi che hanno fatto la storia dello sport e della politica. Per questo Nino Zippo è amato e rispettato da tutti, nonché riconosciuto come una istituzione cittadina, da sempre.
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