San Pietro Vernotico contro la mafia, ma adesso il Comune non può essere lasciato solo


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L’editoriale del direttore Gianmarco Di Napoli per il numero 411 de Il7 Magazine
Su questa stessa pagina, esattamente due settimane fa, avevamo espresso la nostra perplessità sul fatto che nell’udienza preliminare contro uno dei clan considerati più violenti e pericolosi della Sacra Corona Unita, quello che fa riferimento al boss Cristian Tarantino, non avessero chiesto di essere ammessi come parte civile l’Amministrazione comunale di San Pietro Vernotico e le due associazioni cui gran parte del motivo di esistere è legato all’affiancare i cittadini nella lotta alla criminalità organizzata: l’Antiracket e Libera.
In particolare, la mancata costituzione nel processo del Comune di San Pietro Vernotico – rilevammo – strideva con il dichiarato intento dell’Ente, espresso in una serie di iniziative pubbliche e confermato in più sedi dalla sindaca Maria Lucia Argentieri, di assumere una posizione netta contro l’illegalità, in particolare quella mafiosa. La sindaca rispose alla nostra riflessione confermando che gli intenti della sua Amministrazione fossero quelli e che la mancata costituzione parte civile del Comune era dovuta al fatto che l’Ente non aveva mai ricevuto alcuna comunicazione ufficiale né sulla richiesta di rinvio a giudizio degli indagati né sulla fissazione dell’udienza preliminare. Ribadendo inoltre che l’intento del Comune sarebbe stato quello di costituirsi parte civile nel processo.
Va dato atto alla sindaca Argentieri che si è mossa immediatamente, dando seguito a quelle sollecitazioni e alle sue risposte, incaricando il legale del Comune di chiedere al giudice preliminare l’ammissione della costituzione parte civile nella seconda seduta dell’udienza, qualche giorno fa, nel Palazzo di Giustizia di Lecce. Nonostante l’opposizione da parte dei legali degli imputati, il Gup Angelo Zizzari ha accolto l’istanza e ha rimesso nei termini il Comune di San Pietro Vernotico quale parte civile per il solo capo d’imputazione di associazione mafiosa, il più importante.
Nessuna traccia invece dell’associazione Antiracket di San Pietro Vernotico e di Libera “contro le mafie”. La scelta del Comune di San Pietro di supportare la DDA di Lecce nel processo contro il clan che ha devastato il paese e terrorizzato i cittadini per anni era da un lato imprescindibile, ma dall’altro acquisisce ulteriore valore perché è stata perseguita con tenacia, quando ormai sembrava fosse stato superato il tempo massimo e quell’assenza di comunicazioni ufficiali lamentata dalla sindaca poteva apparire una giustificazione per non esserci.
Invece il Comune di San Pietro c’è e, a questo punto, visto che le associazioni che dovrebbero fornire supporto, puff, sono svanite, non può essere lasciato solo. Perché questa non è una partita qualsiasi e dall’altra parte non ci sono malavitosi qualunque. Il fatto che nel processo nessuna delle sei presunte vittime abbia scelto di costituirsi parte civile, nonostante gravi danni materiali, morali e fisici subiti per anni, dimostra che esiste ancora un grande timore di ritorsioni nei confronti degli imputati.
Del resto, il presunto boss Cristian Tarantino e quelli che vengono considerati i suoi principali luogotenenti hanno dimostrato di essere determinati a colpire senza alcun freno inibitorio: l’incredibile sequenza di attentati contro la nuova famiglia dell’ex compagna (bombe, incendi e pallottole) dimostra l’assenza di qualsiasi remora o prudenza, nel momento in cui si decide di colpire per punire.
La scelta del Comune di riconoscere implicitamente, costituendosi nel processo, l’esistenza di un’organizzazione mafiosa in paese potrebbe non risultare gradita. E qualche segnale di nervosismo, in realtà, qua e là, già si percepisce.
Ecco perché lo schierarsi ufficialmente contro la mafia, un passo per certi versi paragonabile a quello compiuto oltre 30 anni fa dal Comune di San Vito dei Normanni, guidato anch’esso da una donna – Rosa Stanisci – va supportato da enti, comuni e associazioni della provincia di Brindisi. San Pietro e la sua sindaca non vanno lasciati da soli e quella marcia per la legalità organizzata nell’autunno scorso per le vie cittadine, con i rappresentanti istituzionali e i sindaci degli altri comuni della provincia di Brindisi, non deve rimanere solo un ricordo suggestivo.
È importante, in questo momento delicatissimo in cui la scarcerazione di numerosi boss della Sacra Corona Unita preoccupa le forze dell’ordine e gli inquirenti per un possibile rigurgito della criminalità, che San Pietro e la sua scelta di contrapporsi a una mafia pericolosa, perché tuttora vitale e insinuata nella vita cittadina, diventino il simbolo di un’azione concreta e comune in cui la criminalità non sia affrontata da singole persone o da un solo ente, ma dall’intera comunità brindisina.