Truffa alle assicurazioni, il presunto capo era un dipendente dell’azienda di Trasporti

Un dipendente dell’azienda dei trasporti pubblici di Taranto è ritenuto uno dei principali responsabili dell’associazione a delinquere, che simulava incidenti stradali al fine di riscuotere gli indennizzi delle compagnie di assicurazione, smantellata questa mattina dalla Polizia di Stato del capoluogo jonico nel corso dell’operazione Venere. Il blitz è stato condotto dalla Stradale del capoluogo jonico insieme al Compartimento della Stradale per la Puglia di Bari.

Tre persone sono state sottoposte agli arresti domiciliari, una all’obbligo di presentazione agli uffici della polizia giudiziaria mentre sei professionisti, avvocati e medici della provincia, sono stati sospesi per 12 mesi dall’esercizio dell’attività. Sono state denunciate in stato di libertà 96 persone coinvolte a vario titolo nei reati di truffa, falsa testimonianza davanti all’autorità giudiziaria, falso in atto pubblico, tra i quali spicca anche la figura di un ausiliario giudiziario in servizio nella sezione del Giudice di Pace di Martina Franca, la quale durante le indagini riferiva ai legali di riferimento dell’organizzazione atti coperti dal segreto istruttorio. Nel corso del tempo avrebbero creato una vera e propria rete criminosa con il fine di conseguire l’indennizzo delle compagnie di assicurazioni attraverso la falsificazione, l’alterazione e la pre-costituzione di documentazione sanitaria.

Le indagini sono state svolte dalla sezione di Polizia Stradale di Taranto, coordinata dal sostituto procuratore Remo Epifani, a partire da agosto del 2020 a seguito del monitoraggio delle banche dati in dotazione. Il gruppo era dedito stabilmente alle truffe rivelatesi estremamente redditizie. Il profitto illecito ottenuto è stato calcolato in un milione di euro circa. Il dipendente della società di trasporti, tarantino come l’altro presunto capo, gestiva due attività commerciali della provincia intestate alle cosiddette ‘teste di legnò, cioè a prestanomi. I locali delle attività sono ritenuti i luoghi principali di incontro per l’organizzazione: lì venivano illustrate le linee guida e le strategie a chi forniva la propria disponibilità per la realizzazione degli inganni.

L’organizzazione criminale, molto ben strutturata, si avvaleva anche delle conoscenze tecniche-giuridiche, necessarie per la liquidazione dei sinistri, di alcuni avvocati compiacenti che procacciavano anche falsi testimoni per rendere testimonianze non vere in sede di giudizio civile. Gli ‘associatì partecipavano a numerose pratiche risarcitorie, sia in qualità di assicurati, conducenti, passeggeri che di proprietari dei veicoli coinvolti nei falsi incidenti. Nel corso delle indagini è emerso, secondo l’ipotesi investigativa, anche il ruolo determinante di due medici, i quali precostituivano certificati di prosecuzione malattia e relazioni medico legali per ricondurre lesioni preesistenti a incidenti mai accaduti, al fine di ottenere illeciti profitti ai danni delle compagnie.

Certificati medici che in alcuni casi i liberi professionisti rilasciavano anche senza la presenza fisica dei protagonisti dei falsi sinistri.L’ indagine ha fatto luce sul modo di agire e sui meccanismi, tutti ampiamente collaudati, dell’organizzazione criminale, la cui attività si è protratta per diverso tempo in modo «professionale». Sintomatico appare, ad esempio, il linguaggio criptato utilizzato: si ricorre a formule ellittiche del tipo: ‘chiudi il telefono…chiudi il telefono’, per indicare la necessità di parlare solo di persona temendo di essere intercettati. I poliziotti della Stradale tarantina hanno voluto dedicare l’operazione a Nicola Manzari che era il loro dirigente quando è stata avviata l’indagine, prematuramente scomparso lo scorso novembre a soli 56 anni dopo una lunga malattia.