Di Marina Poci per il numero 414 de Il7 Magazine
“Voglio essere molto esplicito e la prego di esserlo altrettanto nel riportare le mie parole: non esiste nessuna emergenza West Nile virus”: all’assertività e alla chiarezza il dottor Salvatore Minniti, direttore dell’unità operativa complessa di Malattie Infettive dell’ospedale Perrino di Brindisi, ci aveva abituati in tempo di pandemia da Covid-19, quando periodicamente lo sentivamo per ricevere aggiornamenti sui ricoveri e sui decessi e in poche battute, con precisione “chirurgica” (espressione scontata, ma quanto mai calzante…), era in grado di tracciare il quadro esatto della situazione epidemiologica della provincia e l’evoluzione della diffusione della malattia. Con la stessa perentorietà si esprime a proposito del virus trasmesso all’uomo dalla zanzara “culex” e dalla zanzara tigre, che ha provocato almeno otto decessi dall’inizio dell’estate tra Lazio e Campania e che, negli scorsi giorni, è stato rilevato su un cavallo nel Leccese: nessun allarme, soltanto una serena attenzione ai pazienti più fragili, un monitoraggio più stringente per donatori e riceventi di organi, sangue ed emoderivati e poche semplici accortezze da osservare per proteggersi e limitare la proliferazione delle larve.
“L’isolamento di questo virus sull’equino e la presenza sul nostro territorio delle zanzare che sono vettori di questa infezione ci impongono una sorveglianza più stretta, ma sicuramente non ci troviamo di fronte a quella che si definisce un’emergenza sanitaria, anche perché – è bene chiarirlo – non esiste una trasmissione da uomo a uomo, cosa che ci fa stare abbastanza più tranquilli rispetto a quanto accade con altri virus. La West Nile, come la maggior parte delle arboviròsi, cioè le malattie causate da virus trasmessi da artropodi, come zanzare e zecche, attraverso morsi o punture, decorrono in maniera asintomatica o debolmente sintomatica. Coloro che rischiano sono i soggetti fragili, quindi gli anziani e i portatori di comorbilità. Normalmente possono svilupparsi febbre, rush cutaneo, cefalea, dolori muscolari, ovvero sintomi simil-influenzali. In casi molto rasi, meno di uno su centocinquanta, possono presentarsi sintomi neurologici importanti, dalle convulsioni al torpore, sino ad arrivare ad una meningite o un’encefalite. Diciamo che quando ci capita un soggetto con una sintomatologia compatibile con un’encefalite, da qualche anno a questa parte effettuiamo il test anche per il West Nile virus, inviando il liquor al Policlinico di Bari, che è il nostro centro di riferimento”, dichiara Minniti.
Il tempo medio di incubazione, come per quasi tutti i virus, varia da due a quattordici giorni, e potrebbe essere correlato alla concomitanza di altre patologie: “Un soggetto immunodepresso”, precisa l’infettivologo, “certamente potrebbe avere dei tempi di incubazione più lunghi, perché un sistema immunitario indebolito impiega più tempo a riconoscere l’infezione e a difendersi. È la ragione per la quale i sintomi potrebbero comparire più tardi. Ed è in tali soggetti che, normalmente, si sviluppano le forme più gravi”.
“In questi giorni ne ho lette e sentite di tutti i colori”, continua il dottor Minniti, la cui battaglia per una corretta informazione, che eviti tanto gli allarmismi quanto le sottovalutazioni, non riguarda certamente soltanto il West Nile virus: “Dire che il paziente è deceduto a causa del virus “perché aveva delle patologie pregresse”, come si sente al tg, non è esatto. I pazienti che perdiamo sono quelli con delle comorbilità concomitanti, non pregresse. Quelli il cui organismo, proprio perché debilitato da altre malattie preesistenti ma non risolte, è stato aggredito in maniera più violenta dall’infezione da West Nile. Che, a scanso di equivoci voglio ricordarlo, non è esplosa nel 2025, ma è presente nel nostro Paese da decenni con un certo numero di casi da importazione che abbiamo sempre registrato”.
La sorveglianza attiva che, secondo le linee guida diffuse dal Ministero della Salute e dall’Istituto Superiore di Sanità, deve essere intensificata, si giustifica dunque in ragione del fatto che i casi degli ultimi anni non si riducono soltanto a questi ultimi da importazione: “I focolai che si stanno verificando sono da attribuirsi al cambiamento climatico: il nostro territorio si sta tropicalizzando, è assolutamente normale che le zanzare siano vettori di virus provenienti dall’altra parte del mondo e facciano sviluppare nella popolazione italiana casi isolati autoctoni. Dobbiamo stare attenti, sensibilizzare le istituzioni a fare quanto di loro competenza con interventi di disinfestazione mirati e i cittadini a proteggersi, per quanto possibile, con i mezzi a loro disposizione. In questo senso, il Dipartimento di Prevenzione della ASL può guidarci in maniera più corretta”.
Un ruolo di guida a cui il Dipartimento, la struttura che per definizione è preposta alla promozione della salute pubblica e alla tutela da diversi rischi di natura infettiva, igienico-ambientale, sanitaria, alimentare e lavorativa, non intende sottrarsi. È il dottor Stefano Termite, che il Dipartimento lo dirige dal 2021, a diffondere le prime importanti informazioni sul virus West Nile. Lo fa “per rassicurare i cittadini e sensibilizzare su alcune semplici azioni di prevenzione”, che possono aiutare a prevenire (e contenere) eventuali focolai.
“Vorrei prima di tutto chiarire quali sono le modalità Il virus West Nile è trasmesso all’uomo (e anche ad altri mammiferi, soprattutto cavalli, cani, gatti e conigli) principalmente attraverso la puntura di zanzare infette, in particolare del genere culex, che a loro volta si infettano pungendo uccelli selvatici, veri serbatoi del virus. Altri mezzi di infezione documentati, anche se molto più rari, sono i trapianti di organi, le trasfusioni di sangue e la trasmissione madre-feto in gravidanza. Quindi la febbre West Nile non si trasmette da persona a persona: il contatto con le persone infette, voglio sottolinearlo, non è capace di trasferire la malattia”, spiega il dottor Termite.
Dal punto di vista epidemiologico, la Puglia è una delle regioni in cui è stata segnalata la circolazione del virus, anche se non si registrano focolai attivi come quelli documentati in Lazio e Campania. “Il sistema di monitoraggio e sorveglianza approntato da Ministero della Salute, Istituto Superiore di Sanità e Regioni è ben rodato ed efficace”, rassicura il direttore che, a proposito della notizia diffusa (e poi smentita) della sospensione delle donazioni di sangue nella ASL leccese, tiene a puntualizzare che “Tutte le misure possibili sono state adottate, comprese quelle a protezione dei trapianti e delle trasfusioni. Ogni donatore e ogni ricevente viene testato con i più avanzati sistemi di biologia molecolare per escludere la presenza di virus, incluso il West Nile, nell’organismo. Ogni sacca di sangue subisce tanti di quei controlli, prima di essere immessa nel circuito, che è quasi matematicamente impossibile che un agente patogeno possa essere presente e trasferito. Davanti a un sistema così sicuro, che integra la sorveglianza entomologica (ovvero attività di monitoraggio ed analisi dei dati relativi alle zanzare) con quella ambientale e sanitaria, quello che mi sento di dire, a questo punto, è che noi dobbiamo preoccuparci più che altro di non farci pungere dalle zanzare e, prima ancora, di evitare che esse si riproducano (anche perché, ricordiamo anche questo, non esistono vaccini approvati per uso umano contro il West Nile). Per il resto, le ASL stanno lavorando bene e, da direttore di un Dipartimento di Prevenzione, ho modo di verificare ogni giorno la solidità del meccanismo di sorveglianza”.
L’elenco delle misure che il dottor Termite, in accordo con le linee guida stilate da Ministero e ISS, suggerisce, è molto vario: si va dall’evitare i ristagni d’acqua in giardini, sottovasi, secchi, grondaie, contenitori all’aperto, piscine per bambini e ciotole per animali (luoghi ideali per la deposizione delle uova di zanzara), all’utilizzo di repellenti cutanei (con percentuale di DEET pari almeno al 20%), zanzariere alle finestre e abiti lunghi e chiari che coprano braccia e gambe in caso di permanenza in zone all’aperto, soprattutto all’alba e al tramonto. E, ovviamente, il consiglio è quello di un auto-monitoraggio in caso di sintomi sospetti, soprattutto per le persone anziane e i soggetti con un sistema immunitario compromesso e, naturalmente, se si è soggiornato, anche solo per un giorno o una notte, in zone nelle quali si riscontra ormai una certa endemia. “Le ASL fanno la loro parte, ma la prevenzione, per essere efficace, deve coinvolgere anche le istituzioni e i cittadini, ciascuno per quello che può. Piccoli gesti quotidiani possono fare la differenza. Allarmarsi non serve, ma è importante essere informati e responsabili, per ridurre i rischi per noi stessi, i nostri cari e la comunità tutta”, conclude il dottor Termite.