di Elena Giuliano per IL7 Magazine
Nelle ultime settimane non più azione o horror, il cinema ci offre biografie. Assistiamo a racconti di vita di grandi uomini si, ma per la maggior parte non esattamente modelli di etica sociale contemporanea.
A tal proposito, è da poco uscito nelle sale il film (l’ennesimo) sulla vita di Pablo Escobar “Escobar – il fascino del male”, dopo il boom registrato dalla serie tv Netflix che vede come protagonista il magistrale Wagner Moura nei panni del “Patrón”, la versione cinematografica ci offre due interpreti d’eccezione, una delle coppie più belle del panorama holliwoodiano, Penelope Cruz e Javier Bardem.
La storia è essenzialmente la stessa narrata dalla precedente serie tv ma con una variante: il punto di vista del narratore è questa volta, quello della giornalista Virginia Vallejo interpretata appunto dalla Cruz, amante fedele e complice di Pablo per molto tempo.
Il film diretto da Fernando León de Aranoa è ispirato dal best seller “Loving Pablo, Hating Escobar”, pubblicato dalla giornalista stessa alla fine del 2007, ma scritto molti anni prima, proprio quando il loro rapporto era diventato insostenibile per la Vallejo che decise così di collaborare con la DEA, consegnando il racconto della sua travagliata ma intensa relazione con Escobar, in cambio di una via di fuga sicura da un amore oramai insostenibile.
La pellicola inizia subito dal periodo che vede Pablo già un uomo d’affari, intento ad espandere il giro di droga anche negli Stati Uniti, spartendosi il continente con il cartello di Cali. Ma forse non ci su vuole soffermare sulla mera storia di ascesa di un assassino internazionale.
Del titolo completo del libro a cui è ispirato, quello della versione originale del film si ferma solo alla prima frase – Loving Pablo – tralasciando però la successiva nota negativa della vicenda, la parte più oscura di un uomo così determinato e affascinante – Hating Escobar – . È quasi solo l’amore che si narra dunque, una storia basata sul rispetto e la fiducia, Virginia fu colei che fece si che Pablo fosse amato dal popolo e visto come una sorta di paladino delle minoranze, che fu proprio quello che inizialmente lo spinse a candidarsi addirittura al governo della Colombia. Inizialmente, criminale silenzioso e discreto, decide poi di ribellarsi al governo in seguito all’umiliazione subita per la sua tentata candidatura. Ma il popolo è con lui: inizia una sorta di guerra civile fra ricchi e poveri, che ormai si sentono rappresentati da un uomo che non solo ha un potere ma ha anche armi e denaro a volontà.
Il modus operandi di Pablo Escobar fu sempre quello della corruzione, soprattutto di autorità locali e del suo motto oramai diventato celebre “plata o plomo” – o i soldi o il piombo -.
Questa relazione pericolosa costò alla Vallejo la carriera e subito dopo la costrinse all’esilio negli USA diventando parte del programma di protezione testimoni del paese.
Una storia che esce forse troppo in ritardo per entusiasmare come dovrebbe, anche considerata la bravura dei protagonisti. Non si ha più modo di stupirsi perché manca l’elemento novità. Purtroppo per de Aranoa, la pratica è già stata bella che archiviata.