Il «Barocco Festival Leonardo Leo» incontra il suo momento di approfondimento, tra gli otto appuntamenti che fanno parte della XIX edizione. La rassegna internazionale di musica antica si sposta sul percorso di ricerca e di studio e fa tappa a San Vito dei Normanni, nel Chiostro dei Domenicani, giovedì 1 settembre alle ore 21, con una conversazione, dal titolo «Napoli al centro d’Europa», tra il M.O Cosimo Prontera e il prof. Biagio De Giovanni, già rettore dell’Università «L’Orientale» di Napoli e presidente della Commissione istituzionale del Parlamento europeo, uno dei maggiori filosofi italiani. Tema, il ruolo centrale di Napoli nella civiltà culturale dell’Europa tra Seicento e Ottocento.
Una città in fermento che testimonia la civiltà di un Mezzogiorno, tra Seicento e Ottocento, in prima linea assieme alle illuminate capitali d’Europa. Nel 1817 Stendhal non esita a scrivere che «ci sono tre capitali in Europa: Parigi, Londra e Napoli» e se questo è vero nei primi decenni dell’Ottocento, lo è ancora di più nel Secolo dei lumi. Napoli richiama da tutta Europa strumentisti, compositori, cantanti, storici ed enciclopedisti. Anche Leopold Mozart, educatore severo, quanto infallibile nel proporre al figlio le migliori opportunità, condurrà nella «Città del Vesuvio fumante» il quattordicenne Wolfgang Amadeus. I teatri, quelli vecchi e il nuovo splendore del «San Carlo», i celebrati quattro Conservatori, i maestri che insegnano e creano, rendono Napoli, nel Settecento, luogo di grande vitalità culturale, in modo così tenace da riverberare l’egemonia ancora nei primi decenni del secolo successivo. L’incontro con Prontera e De Giovanni ripercorre in modo originale la centralità culturale di Napoli, attraverso un universo stratificato di testimonianze che raccontano un pezzo decisivo di storia del nostro Sud. Nella Napoli del Settecento il fenomeno musica era così diffuso da costituire una necessità indispensabile per la società dell’epoca: in ogni strada, in ogni chiesa si eseguiva musica che coinvolgeva l’intera popolazione e ciò spiega il gran numero di compositori e di virtuosi con il conseguente livello di qualità raggiunto. Tutti gli avvenimenti sociali pubblici e privati, funzioni religiose, monacazione di nobildonne, nozze, battesimi e parti erano caratterizzati dalla presenza della musica, senza considerare gli innumerevoli concerti da camera, gli spettacoli teatrali, le feste popolari. A testimoniare la crucialità e il prestigio del fenomeno, basti pensare a quell’autentico evento simbolico che fu l’edificazione del «San Carlo» nel 1737: mai inaugurazione di una sala teatrale era stata impresa più grandiosa e solennizzata, preceduta da una gestazione sommersa di ansie, progetti, dibattiti sul ruolo, per lunghi anni, dell’arte, della scena e delle attività culturali in genere del Regno meridionale.
Una grande capitale europea, il suo culto dell’espressione musicale, la sua storica tradizione nella rappresentazione scenica. Alla metà del secolo è la città più grande d’Italia, con quasi mezzo milione di abitanti. I suoi compositori viaggiano in tutto il continente e lo stile dei loro melodrammi è il punto di riferimento di tutti i musicisti dell’epoca. L’industria culturale è la più proficua del tempo e il merito è anche degli autori provenienti dalla Puglia: Leo, Traetta, Paisiello, Piccinni, Farinelli, solo per citarne alcuni. Ma Napoli è anche sede di un’università prestigiosa, dove circolano idee di progresso sociale attraverso l’istruzione diffusa e la libera iniziativa economica.
Tutti principi che sarebbero diventati i presupposti culturali della Rivoluzione francese. Ma Napoli è anche meta di numerosi intellettuali. In una lettera del 25 gennaio 1787 Goethe scrive: «Frequentai la scuola, imparai a disegnare la testa e tutte le sue parti e solo allora cominciai a intendere gli antichi».