Diffidate da chi vi chiede da che parte state

Porto di Lampedusa, dalla scaletta della Sea Watch scende la capitana Carola Rackete. E’ scortata dalle forze dell’ordine perché in stato d’arresto. Ha violato l’articolo 1100 del Codice di navigazione, che prevede che il comandante o l’ufficiale della nave che commette atti di resistenza o di violenza contro una nave da guerra nazionale sia punito con la reclusione da tre a dieci anni. Nel mondo della nostra esperienza, che è costituito da coppie di opposti tra le quali male-bene, potremmo mettere Carola e le sue scelte nella dimensione del male.
Mentre scende dalla scaletta in stato di arresto ha l’espressione che l’onore dipinge sul volto quando si agisce in nome di un potente ideale morale. Il reato è stato commesso nell’adempimento di un dovere, quello di salvare vite umane in mare. Si chiama “stato di necessità”. Nel mondo dell’esperienza dicotomica questo comportamento può essere annoverato nella dimensione del bene.
Sul molo una donna inveisce contro la capitana, rivolge insulti, le augura di essere stuprata da chi ha salvato, “non vi vogliamo”, urla e mentre lo fa sembra la personificazione dell’egoismo cosmico, minaccia principale dell’estinzione della specie umana.
Si potrebbe catalogare questo comportamento come male.
A parlarci con questa donna, però, si intravede che ciò che la muove è la volontà di dare voce a tutti quegli italiani disperati che, abbandonati dallo Stato e dalle istituzioni, sono costretti a vivere in situazioni di miseria, tra mille afflizioni, che non trovano una via d’uscita.
Anche questo si chiama “stato di necessità”.
Nella coppia degli opposti potremmo leggere questo comportamento come espressione del bene. Trovare una soluzione di cambiamento rispetto al fenomeno dell’immigrazione è impossibile se rimaniamo intrappolati in questa logica degli opposti perché lì dove cerchiamo di catalogare la capitana e la donna del molo come “buone” o “cattive” ci rendiamo conto che il confine tra bene e male non è così netto e che, come ci ricorda C.G.Jung, “ogni estremo psicologico contiene celato in sé il suo opposto o sta in qualche modo in rapporto intimo ed essenziale con questo”.
Nessun politico, che cercherà di governare il problema, riuscirà a cambiare la situazione se rimarrà ancorato alla convinzione che la soluzione sia dalla parte di Carola o dalla parte della donna del molo. Non è sano che la politica ci chieda di stare dalla parte dei poveri italiani o dalla parte dei poveri immigrati.
Il cambiamento non avverrà secondo questa logica dicotomica, il cambiamento avverrà se si riesce a fare un salto di logica e si prova a ristrutturare la lettura del problema. A questo può contribuire, affinché si interrompa questo gioco senza fine, guardare questo esodo senza negarne l’insesorabilità e l’inarrestabilità.
Poi bisogna uscire dal sistema delle leggi nazionali e delle decisioni di politica interna, e cercare la soluzione del problema in un sistema allargato rappresentato dall’Europa eda convenzioni internazionali.
Facile, no?
Sono alcune delle leggi della pragmatica della comunicazione umana, si occupano della persistenza e del cambiamento nelle vicende umane. Eppure, molti conflitti nel mondo sono sostenuti dal tentativo di cambiare qualcosa ricorrendo al suo opposto.
Diffidate da chi vi pone il quesito “da che parte vuoi stare, dei poveri italiani o dei poveri immigrati?”.