Rialzati Cristiano e prendi quel pallone

Da ex portiere di infima categoria negli anni della mia gioventù, quando mi dimenavo nei più polverosi o fangosi, a seconda della stagione, campetti di periferia, il ruolo del n°1, dell’unico solista che c’è in una squadra di calcio, mi ha sempre affascinato anche perchè chi è stato portiere, è portiere nel profondo del suo animo e lo resterà per sempre.

C’è chi ha paragonato il portiere più che ad un solista, ad un sadico che gode da matti a non fare segnare gli altri; a dare, per esempio, l’illusione all’attaccante di farlo passare per poi sfiorare il pallone di quel tanto da mandarlo in corner o franargli addosso strappandogli la sfera e facendogli letteralmente mancare il terreno da sotto i piedi! C’è anche chi, al contrario, ha paragonato il portiere ad una sorta di masochista cui piace soffrire, dal momento che la gente difficilmente addebiterà ad altri la colpa di un gol subito dalla squadra del cuore e sarà sempre pronto a dare in testa al proprio portiere anche quando il gol è frutto di una estrosa giocata dell’avversario.
Figuriamoci, allora, cosa succede quando accade, perchè è inevitabile che qualche volta accada, che un gol sia frutto di un errore del portiere.
Ed allora non posso non prendere spunto dal gol che il Brindisi si è beccato al quarto d’ora del primo tempo, in quel di Monopoli, quando un pallone assolutamente addomesticato ed apparentemente innocuo è sfuggito dalle mani solitamente sicure e dalla presa di acciaio di Cristiano Novembre per poi passargli giusto giusto nello spazio risicato che c’era fra le sue gambe e terminare la sua lenta corsa in rete.
Conoscendo Cristiano la mia sensazione immediata non è stata, come solitamente è quando la mia squadra del cuore becca un gol, di rabbia, bensì di dolore perchè, come in un flash back, mi si sono concentrate nella mente in un solo istante le sensazioni da me provate in occasione della svariate papere fatte nella mia ultraventennale carriera calcistica amatoriale.
Ho definito il portiere un solista perchè, anche se fa parte di una squadra, anche se ne è parte integrante ed a volte ne è addirittura il leader, quando becca un gol si ritrova solo, maledettamente solo con la sua rabbia ed il suo dolore. Qualcuno, in letteratura (Ezio Vendrame, ex calciatore e scrittore di fama) ha paragonato il gol alla morte di tutto, ha detto che quando arriva il gol finisce l’incanto, non resta che prendere la palla da dentro il sacco e darla mestamente ai compagni perchè la riportino al più presto sul dischetto di centrocampo per ricominciare daccapo. Quel prenderla da dentro la rete, senza avere quasi il coraggio di guardare i compagni, anche nei casi in cui non si poteva fare proprio niente per evitare il gol, può sembrare dall’esterno un gesto come un altro, ma per un portiere è pregno di dolore.
Quando sbaglia l’attaccante (ed un attaccante, per quanto bravo sia, sbaglia davvero tante volte nel corso di una partita), l’errore viene facilmente mascherato perchè dura un istante ed in fin dei conti è indolore, non porta alla morte ed alla fine dell’incanto e si continua a giocare; quando sbaglia un centrocampista quasi nemmeno ce ne si accorge in quanto c’è ancora tanto campo da percorrere per gli avversari; quando sbaglia un difensore c’è pur sempre il portiere che è chiamato a compiere il miracolo e se il miracolo non gli riesce sono ben pochi a saper discernere le reali responsabilità.
E quando sbaglia il portiere? Perchè è impossibile che non sbagli mai, anche i portieri più bravi al mondo, Buffon in testa, li abbiamo visti capitolare in maniera goffa ed incredibile anche in occasione di partite importanti e campionati del mondo! Che succede quando sbaglia il portiere? Succede che non c’è rimedio e quella palla che scivola lentamente verso la porta suona quasi come una condanna irrevocabile a morte.
E invece non è così: basta prendere la palla dal fondo della rete e rimetterla al centro del campo per ricominciare daccapo, perchè così vuole il gioco e così deve essere.
E allora, caro Cristiano, non ti abbattere, rialzati, prendi ancora quel pallone e calcialo con forza verso il centro del campo! Sappi trarre spunto da questa cocente delusione che è tua come è nostra per sentirti circondato dall’affetto di compagni, amici e tifosi che ti stimano sinceramente, sanno quello che vali e ti vogliono bene.
Non voglio fare certamente ombra al blog letterario di Michele Bombacigno, ma una citazione d’autore mi sento di doverla fare riportando le prime righe di una poesia di Umberto Saba, l’unica, che io sappia, dedicata al portiere, che mi rimase impressa in tutte le sue parole fin da ragazzino quando il mio idolo, nel grande Brindisi di Vinicio, era proprio il portiere Rosario Di Vincenzo, il cui vice era tuo padre Ubaldo.
Il portiere caduto alla difesa
ultima vana, contro terra cela
la faccia, a non veder l’amara luce.
Il compagno in ginocchio che l’induce,
con parole e con mano, a rilevarsi,
scopre pieni di lacrime i suoi occhi.

E allora rialzati Cristiano e prendi quel pallone, abbiamo bisogno di te!

Alessandro Caiulo

(Nella foto Cristiano Novembre da ragazzino)