Aggredite dal branco di bulletti tredicenni: parlano le due ragazzine

di Lucia Pezzuto per il7 Magazine

Inseguita e braccata come un animale, trenta contro una sola. Storia di ordinaria follia tra minori, la cui età non supera i 13 anni. Accade a Brindisi, nel cuore del centro cittadino. La vittima è una ragazzina che a settembre frequenterà la terza media e che sabato scorso, 17 luglio, si è ritrovata, suo malgrado accerchiata dal branco che voleva picchiarla. Solo per un fortuito caso ha incontrato un’amica, un po’ più grande di lei, 16 anni, che con estremo sangue freddo l’ha presa per mano e l’ha trascinata via. Una fuga verso la salvezza finita con l’intervento della polizia. A raccontarci la storia è Giorgia, il nome è di fantasia, la sedicenne che quel pomeriggio non ha esitato ad intervenire ed aiutare l’amica.
“Io stavo camminando, mi trovavo dietro al Teatro Verdi, quando ho incontrato questa ragazza che conosco perchè frequenta con me il Taekwondo- dice- Ho visto c’erano oltre una trentina di ragazzi e lei mi ha detto che volevano alzarle le mani, era in difficoltà . Anche perché gli amici che erano con lei erano tre , quattro ed avevano paura anche loro. Io le ho dato la mano e le ho detto di attraversare la strada con me e proseguire a dritto verso piazza Santa Teresa”. Giorgia è una ragazza minuta, ma nelle sue parole c’è grande determinazione. Frequenta il terzo anno del Liceo Classico Marzolla e ascoltandola parlare non quel tono di voce pacato non sembra nascondere tutto quel coraggio che invece, nel momento del pericolo, dimostra. “Mentre noi attraversavamo la piazza quei ragazzi però hanno iniziato a seguici- prosegue- a quel punto io le ho detto di accelerare. Oramai stavamo correndo, così ad un certo punto io le ho detto di provare a parlare con l’unica ragazza che conosceva di quel gruppo. In pratica era una ragazza che ce l’aveva con lei e si era portata dietro altri suoi coetanei, maschi e femmine, per picchiarla. La mia amica neppure li conosceva. Ma a parole non siamo riusciti a risolvere nulla, l’hanno accerchiata ed hanno iniziato a sputarla e spingerla. A quel punto ho capito che non c’era nulla da fare ed allora l’ho ripresa per mano e le ho detto di scappare e non fermarsi. Siamo corse verso casa mia che si trova proprio lì vicino. Siamo entrate nel portone e abbiamo raggiunto il mio appartamento all’ultimo piano. Nonostante questo il gruppo dei ragazzi ci ha seguite, sono entrati nel palazzo ed hanno raggiunto la porta di casa. Hanno tirato calci, volevano entrare e urlavano”. Le due ragazze trovano, quindi, rifugio nell’appartamento ma nonostante questo il branco è dietro alla porta. E’ a quel punto che interviene il papà di Giorgia, chiamano la polizia e avvertono anche i genitori della ragazzina. “Quando ho sentito le urla e i calci dietro la porta sono intervenuto- racconta il papà di Giorgia- Sono uscito sul pianerottolo ed ho alzato la voce per sgridarli. Solo allora il gruppo è sceso giù ed è uscito dal palazzo. All’arrivo della polizia abbiamo cercato di parlare con questi ragazzi, di calmarli. In quel momento ci ha raggiunto anche il padre della vittima, ed anche lui, nonostante l’aggressione alla figlia, ha cercato di far calmare la situazione, ha capito che chi aveva bisogno di vedere la presenza degli adulti ed essere rassicurati erano proprio i ragazzini. Solo dopo il gruppo si è rilassato. Un plauso anche alle forze dell’ordine perché non è facile affrontare una folla di ragazzini agitati. In particolare di queste ragazzine sembrava invasata, non si calmava, voleva assolutamente tenere tra le mani la vittima. Non riusciva a superare quel momento di rabbia”.
Stando alle informazioni ed alle testimonianze raccolte dagli stessi agenti di polizia l’aggressione sarebbe scaturita da uno screzio tra ragazze ed in particolare la 14enne che era a capo del branco avrebbe convocato decine di ragazzini, maschi e femmine, per mettere a segno una vera e propria spedizione punitiva nei confronti della vittima. Non solo Giorgia racconta che non si tratterebbe di un episodio isolato : “Qualche sera dopo l’aggressione, sempre lo stesso gruppo ce l’aveva con un’altra ragazza. I avevo convinto ad uscire la mia amica e manco farlo apposta abbiamo rincontrato lo stesso gruppo ma quando hanno visto che con me c’erano altri ragazzi più grandi non si sono avvicinati. Due settimane fa era anche successo ad un’altra bambina”. Quest’ultimo episodio, raccontano alcuni ragazzi, sarebbe scaturito sempre da una lite. La vittima avrebbe pubblicato una foto su Instagram che non sarebbe piaciuta a qualcuno del branco. Da qui la spedizione punitiva.
“E’ preoccupante che ci sia una dinamica di caccia alla preda- dice l’avvocato Maurizio Salerno, rappresentante della vittima – e nel caso specifico il fatto grave è che questi ragazzini siano entrati nel palazzo, hanno seguito la vittima sino al secondo piano. Hanno visto che è entrata in casa , porta chiusa, suonavano e davano i calci. La forza e l’incoscienza di salire e voler entrare in casa. E’ allarmante che il branco si senta così onnipotente, così forte che tenta di entrare nelle case. Questa cosa non va sottovalutata. Qui la dinamica di branco, di bullismo forse è pure superata. C’è qualcos’altro, c’è qualcosa che ci sfugge, come genitori, come professionisti, come adulti. Tutti noi ricordiamo le azzuffate da bambini ma non così. Qui c’è qualcosa di nuovo che non stiamo riuscendo a comprendere e ad affrontare. Trenta ragazzini di 11 anni che inseguono la vittima nel portone, sanno che stanno commettendo violazione di proprietà privata. Lo sanno che sferrando calci ad una porta stanno commettendo reato, questo lo sanno. Quando è stato chiesto a questi ragazzini vi rendete conto di cosa state facendo. Loro hanno risposto: tanto non ci potete fare niente. Abbiamo meno di 14 anni. Sanno di non essere imputabili. Quindi non è più bullismo, o branco, c’è qualcosa che va oltre. E’ qualcosa di allarmante. Si sta abbassando l’asticella dell’età e si sta alzando quella della violenza”.
Nonostante quanto accaduto Giorgia è serena ed anche sorpresa che si dia tanto importanza al suo intervento, un atto di coraggio che evidentemente altri adulti non hanno avuto visto che “il fattaccio” è accaduto sotto gli occhi di tanta altra gente che ha ritenuto di farsi gli affari propri. “Io non ritengo di aver fatto nulla di importante. Chiunque avrebbe fatto quello che ho fatto io- dice con estrema semplicità- Oggi io sono tranquilla e non ho paura. Saprei come di difendermi”. Giorgia, invece, non solo è stata estremamente coraggiosa ed altruista nel difendere l’amica ma ha anche dimostrato grande maturità. La ragazza e la sua amica sono due atlete di Taekwondo, sono cintura nera nonostante questo non hanno pensato neppure per un secondo ad alzare le mani e servizi delle tecniche da difesa che conoscono.
“Le due ragazze frequentano la palestra di Taekwondo e fanno arti marziali, cintura nera terzo dan. La cosa che mi inorgoglisce come genitore e come cittadino è sapere che queste ragazze hanno messo in pratica gli insegnamenti del loro maestro Attanasi della non violenza- dice il papà di Giorgia- Perché magari uno stupido adulto, come me, avrebbe detto: ora ti faccio vedere cosa so fare. Anche per una questione di legittima difesa. Ed invece queste ragazze non ci hanno pensato minimamente. Apprezzo l’insegnamento dato dal loro maestro perché non hanno pensato minimamente di mettere in atto l’esercizio dell’arte marziale bensì l’insegnamento dell’arte marziale. Cioè calma, freddezza ma non offendere”. Nel frattempo la polizia ha identificato i responsabili dell’aggressione che ovviamente avendo un’età inferiore ai 14 anni non sono imputabili ma stanno ugualmente formulando un esposto alla Procura dei minori.
“La polizia ha identificato i ragazzi, sta convocando in questura i genitori ed ha presentato un esposto al tribunale dei minori. I ragazzi non sono imputabili ma ci sono le responsabilità dei genitori- spiega l’avvocato Salerno- Sarà il pubblico ministero del Tribunale dei minori a valutare se aprire un processo penale o meno. La polizia sta monitorando la situazione. Quello che nel frattempo voglio dire a questa ragazza è che nonostante quello che è accaduto deve continuare a sorridere, a sorridere a se stessa e anche a chi le ha fatto del male”.

Ha solo 12 anni e la sua vita dovrebbe essere fatta solo di sorrisi, chiacchierate con gli amici e passeggiate, invece sabato scorso, Anna, il nome è ovviamente di fantasia, si è scontrata con la cattiveria e la violenza gratuita. Aggredita da un branco di 30 ragazzini suoi coetanei nel cuore del centro storico di Brindisi. Oggi, a meno di una settimana, da questo terribile episodio ritornare alla quotidianità non è per nulla semplice. Lo spiega la mamma di questa giovanissima ragazzina alle prese con gli attacchi di panico della figlia e quei tanti interrogativi a cui è difficile dare una risposta. “Io mi sento come un genitore che non dorme la notte perché ha paura di comportarsi in maniera non adeguata sia nei confronti di mia figlia sia nei confronti degli altri , perché anche gli altri sono dei ragazzini adolescenti con delle famiglie dietro quindi io in questi giorni sono stata a riflettere su quale fosse la maniera adeguata per intervenire ed aiutare i giovani, sia mia figlia che loro- spiega la donna- Perché quello che hanno fatto , far intervenire le forze dell’ordine era una protezione sia per mia figlia che per loro”. Questo episodio ha segnato non solo la ragazzina di 12 anni ma anche la sua famiglia, i genitori non sono affatto tranquilli e l’idea che la figlia possa imbattersi nuovamente in questa gente li spaventa
“Noi come famiglia siamo spaventati perché una 12enne, tra poco ne compirà tredici, che deve uscire con una specie di scorta. Perché la sua amica che l’ha difesa il giorno dopo è venuta a prenderla da casa e l’ha fatto uscire affinchè la vedessero in giro con ragazzini più grandi, non va comunque bene. Perché una bambina non deve essere terrorizzata , non deve aver paura di fare una passeggiata. Questa è una cosa che non va bene – prosegue la mamma di Anna- Anche perché questi ragazzi oggi hanno paura di denunciare. Ed è ancora più grave, l’ho sentito dalle loro bocche: non dite e non denunciate perché altrimenti non ci accettano in nessun altro gruppo. Questa è la cosa più spaventosa. A prescindere dai moventi che sono assolutamente ridicoli. Perché a dodici anni le ragazzine hanno diritto di dire: questa settimana mi piace quello, questa settimana me ne piace un altro. Perché a quell’età è bello il bello ed invece a 12 anni vengono appellate in modo volgare, perché magari scambia una chiacchera con un altro ragazzino ed invece non deve neppure deve avvicinarsi. Poi non hai paura solo della ragazzina, perché obiettivamente una ragazzina che discute con un’altra ragazzina è un luogo comune, va bene. Il problema è che quello che si è creato è che : io so che non sono in grado di darti botte e farti male quindi me ne chiamo cinquanta dietro che neanche conosco perché la voce gira. Alcuni hanno detto a mio marito: io sono venuto ma non so né chi devo prendere a botte e né perché. Poi stiamo parlando di tre ragazzine che hanno mosso un gruppo. Non si comportano così solo con mia figlia, è un fenomeno che va di moda”. Il pretesto del litigio poi sfociato nella spedizione punitiva sarebbe legato ad un “mi piace”, a due parole che si dicono anche tra ragazzine quando si parla delle prime cotte, niente di più.
“Oggi è stata mia figlia , domani sarà un’altra. Noi genitori chiediamo semplicemente un impegno. Basterebbe che la polizia si appostasse per vedere cosa succede. Io sono stata felice che mi abbiano contattato diverse forze dell’ordine , che voglio intervenire, vogliono parlare con mia figlia, vogliono rassicurala . Le hanno dato un numero di telefono dicendole che semmai avesse bisogno lei deve chiamare e chiedere aiuto. Perché ci tengono che passi il messaggio che questi ragazzini vanno aiutati- dice ancora la donna- E’ vero che sono minori e non sono imputabili ma sarebbe bastato un pezzo di vetro o eravamo in un punto in cui sarebbe bastato spingere mia figlia di sotto e le rovinavano la vita. Sono minori ma è anche peggio. Perché sono figli di uno specchio che vivono in casa o sono figli di repressioni e problemi interiori e fuori si comportano così . Sono 12enni e vanno educati anche loro”.
Anna è ancora agitata per quello che è accaduto ma nonostante la situazione complicata, nel momento di maggiore pericolo è riuscita a mantenere il self control. “Mia figlia ogni tanto ha qualche attacco di panico. Mia figlia è campionessa europea di Taekwondo e a mia figlia è stato severamente vietato di difendersi- aggiunge la madre- Io ho fatto i complimenti a mia figlia perché è riuscita a svincolarsi da questa situazione senza passare dalla parte del torto. Perché questa società se mia si fosse difesa sarebbe passata dalla parte del torto perché atleta e sarebbe stata anche punita. Ed invece mia figlia si è abbassata a livello di questa bambina è riuscita a sfuggire e fortunatamente ha incontrato anche l’amica”. Stando ad una serie di elementi e ad alcune telefonate ricevute il pomeriggio, l’aggressione alla 12enne non sarebbe stata improvvisata, tutt’altro. Dietro potrebbe esserci premeditazione, ne è convinta anche la mamma della ragazzina: “Io avevo intuito che c’era qualcosa che non andava. Perché è partita da casa questa cosa. Nel pomeriggio sono arrivate telefonate ai cellulari degli amici di mia figlia, io ero accanto. Loro stessi mi hanno detto: la stanno cercando e vogliono sapere a che ora esce da casa. Poi ho sentito io stessa una delle telefonate in viva voce, ma ovviamente non mi sono messa in mezzo, perché ho pensato che fossero bisticci tra bambine. Io ci tengo a sottolineare che questa baby gang sta facendo danni quotidiani e sono sfrontati anche con la gente più grande che parcheggia la macchina e ti minacciano con i caschi in mano. Me lo hanno raccontato le mie amiche. Mia figlia ieri ha avuto bisogno di fare terapia, è riuscita a buttare fuori un po’di ansia e di paura.
La ragazzina che l’ha aggredita continua a minacciarla anche davanti alla polizia le ha detto: io ti devo mandare all’ospedale e ti devo fare male. Già siamo stati chiusi in casa per un virus che non conoscevamo invece di uscire e volerci bene siamo diventati più cattivi e più pericolosi a cominciare dai bambini, perché mancano le famiglie”. Anna è fortunata, ha una bella famiglia alle spalle, due genitori che la seguono, tanti amici che le vogliono bene, una in particolare che l’ha difesa ed è pronta a difenderla ancora, studia e fa tanto sport. Oggi parlare di quello che le è accaduto non è semplice ma ci prova ugualmente e in poche parole scambiate con lei si intuisce tutta la tenerezza della sua età.
“Ora mi sento meglio, i primi due giorni ho avuto gli attacchi di panico ma ora sono passati -dice con la voce tremante- Quando ho visto la mia amica arrivare mi sono sentita più tranquilla perché lei sa come trovare la soluzione. Io in quel momento ero un confusione, avevo un attacco di panico. In questo periodo mi stanno arrivando tanti messaggi dai miei amici, mi chiedono come sto e quelle persone si devono vergognare perché sono cose che non si fanno”.