Nelle prime ore della mattina, La Polizia di Stato ha arrestato 12 persone, tra cui fiancheggiatori, affilati ed esponenti di spicco appartenenti ad una frangia della Sacra Corona Unita, operante nel territorio di Brindisi, Tuturano e Mesagne. Le indagini sono state svolte dalla Squadra Mobile di Brindisi e coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce.
Le indagini hanno permesso di accertare come due detenuti, noti appartenenti all’associazione mafiosa della S.C.U. (Raffaele MARTENA ed Antonio CAMPANA), attraverso l’invio di alcuni “pizzini” e di contatti telefonici mantenuti con un cellulare fraudolentemente introdotto in carcere, siano riusciti a ricostituire e compattare un agguerrito gruppo criminale, fornendo agli appartenenti all’associazione specifiche disposizioni ed impartendo ordini da adottare sul territorio provinciale brindisino.
Le indagini, svolte nel periodo compreso tra luglio e dicembre 2017, su impulso della Polizia Penitenziaria di Terni, hanno, di fatto, smantellato la linea di comando di una cellula criminale che fa riferimento ad una frangia storica della S.C.U.
I due detenuti, inoltre, mantenevano contatti con numerosi altri soggetti ristretti in vari Istituti Penitenziari italiani, attribuendogli l’investitura mafiosa e, in alcuni casi, sancendone l’affiliazione.
Dei 12 arrestati per associazione per delinquere di tipo mafioso, 9 sono stati catturati e condotti presso l’Istituto Penitenziario. Agli altri 3, già detenuti, è stato notificato il provvedimento coercitivo direttamente presso il luogo di detenzione.
Gli arrestati, tutti originari di Brindisi e Provincia, sono:
1. MARTENA Raffaele, classe 1986, già detenuto;
2. CAMPANA Antonio, classe 1979, già detenuto;
3. ROSAFIO Jury, classe 1977;
4. CAMPANA Igino, classe 1955;
5. DE NITTO Ronzino, classe 1975;
6. ARIGLIANO Fabio, classe 1971;
7. EPIFANI Mario, classe 1981;
8. MARTENA Andrea, classe 1986;
9. POLITO Andrea, classe 1989;
10. POLITO Vincenzo, classe 1985;
11. SICILIA Enzo, classe 1985;
12. MAGLI Nicola, classe 1981, già detenuto.
MARTENA Raffaele e CAMPANA Antonio sono chiamati a rispondere in qualità di promotori ed organizzatori dell’associazione mafiosa.
ROSAFIO Jury, già affiliato, è ritenuto l’attuale referente di MARTENA Raffaele e, quindi, il dirigente per suo conto della frangia dell’associazione mafiosa operante nella città di Brindisi e nella frazione di Tuturano, nonché incaricato del mantenimento dei rapporti con i clan attivi nella Provincia di Lecce.
DE NITTO Ronzino, componente della frangia mesagnese dell’associazione, viene individuato quale referente del detenuto Antonio CAMPANA e, per conto di quest’ultimo, promotore, organizzatore e dirigente della cellula criminale mafiosa di Mesagne.
ARIGLIANO Fabio, SICILIA Enzo, MARTENA Andrea, MAGLI Nicola, POLITO Andrea, POLITO Vincenzo, tutti alle dipendenze di MARTENA Raffaele, per il tramite di ROSAFIO Jury, ed operanti nella città di Brindisi e nella frazione cittadina di Tuturano.
EPIFANI Mario, affiliato di ROSAFIO, suo autista e uomo di fiducia, autorizzato a ricevere le comunicazioni di MARTENA Raffaele dall’interno del carcere, per poi diffonderle agli altri associati.
CAMPANA Igino, alle dipendenze del nipote Antonio CAMPANA e suo tramite con l’esterno del carcere, quale contatto con gli associati in libertà e le istruzioni da veicolare loro.
Per tutti è stata contestata anche l’aggravante di appartenere ad un’associazione armata.
Sono stati accertati anche numerosi contatti epistolari intrattenuti con diversi individui detenuti in altre carceri italiane. I poliziotti della Squadra Mobile brindisina e la Polizia Penitenziaria, hanno, quindi, sottoposto a perquisizione tutti quei soggetti che avevano mantenuto una qualche forma di corrispondenza con MARTENA Raffaele e CAMPANA Antonio.
Le perquisizioni, si sono rese necessarie anche perché uno dei promotori dell’organizzazione criminale aveva manifestato l’intenzione di evadere dal carcere, ed anche perché aveva espresso una chiara minaccia nei confronti del P.M. che, in passato, lo aveva indagato e fatto condannare all’ergastolo.
Peraltro, per riuscire nel progetto di fuga, il recluso era entrato a far parte di una compagnia teatrale formata da detenuti. In occasione di una rappresentazione teatrale, poi, avrebbe fatto in modo di reperire un particolare filo, cd. capello d’angelo, che gli avrebbe permesso di segare le sbarre e tentare, così, l’evasione.
L’introduzione di questo filo diamantato, sarebbe avvenuta attraverso una cintura, indossata da un familiare del detenuto, autorizzato all’ingresso per un colloquio in carcere. Al passaggio presso il metal detector, il complice avrebbe dapprima tolto la cintura per superare il controllo, per poi indossarla nuovamente e sfilare da questa il filo, da consegnare al recluso durante il loro colloquio.
Tali circostanze, portate all’attenzione dell’A.G. inquirente, hanno determinato quest’ultima nell’attuare, in concomitanza con l’esecuzione delle misure cautelari emesse, un’ampia attività di controllo sia sui destinatari del provvedimento già detenuti sia su altri reclusi che hanno avuto contatti con i capi e/o promotori dell’associazione mafiosa di cui si è detto.