
Il tappeto rosso con la scritta Welcome è bruciacchiato e sembra un ossimoro tridimensionale disteso tra una saracinesca gonfiata e ripiegata su se stessa e le macerie di quella che era una cornice in marmo sbriciolate sul marciapiedi. Al primo piano una vecchietta in vestaglia si affaccia da un balcone che ha vibrato forte quando, alle 4 del mattino, una bomba ha scardinato l’ingresso del Crazy Cafè, in viale Commenda, vetrina unica a cento metri da quello che era un tempo il mercatino di Sant’Angelo: “solo cose buone” recita il post sulla pagina Facebook che racconta di piccole golosità a soli 27 follower perché Ezio Tacconi, il giovane proprietario, non ha certo tempo di curare i social: la mattina alle 4.30 è nel piccolo laboratorio del retrobottega, a infornare cornetti. Due anni fa entrarono armati e lo rinchiusero nello sgabuzzino per scassinare le slot-machine. Lo liberò una guardia giurata.
Questa volta è stato diverso. Il bar era ancora chiuso quando qualcuno ha posato un ordigno con miccia sull’angolo sinistro, accanto alla saracinesca: pochi secondi e un boato ha svegliato il quartiere. La serranda si è accartocciata, frammenti di marmo e di pietra sono schizzati via come proiettili colpendo le auto in sosta sull’altro lato della strada. Per fortuna non passava nessuno.
Che si sia trattato di polvere di mina o tritolo ci sono andati giù pesante, con l’obiettivo non solo di intimidire ma soprattutto di provocare danni. Dentro al bar le schegge e il movimento d’aria hanno frantumato vetri, distrutto suppellettili, lasciato il segno insomma. Mentre Ezio, che prima di rilevare il bar si è spaccato la schiena dietro il bancone sin da ragazzino lavorando per altri, tenta di rimettere in ordine, il padre Amedeo non si dà pace: “Lo abbiamo acquistato con i soldi della pensione, non abbiamo nemici, rapporti belli con tutti. Non capisco chi possa averci fatto questo. Non sappiamo ancora quanti danni abbiano provocato, ma questa cosa ci fa davvero male”.
Erano quasi 30 anni che gli abitanti della Commenda non venivano risvegliati da un’esplosione notturna. Negli anni Novanta qui mettevano le bandierine sulla piantina stradale, un negozio sì e l’altro no. Nel 1991 oltre cinquanta attentati in città, buona parte dei quali in questa zona. Il racket martellava i commercianti, chi non pagava riceveva messaggi proprio come questo. Una bomba di medio potenziale, danni riparabili. E si preferiva pagare: Tonino “Maradona”, Franco “Farfallone”. Poi uno lo ammazzarono e all’altro portarono via cognato e guardaspalla prelevandoli proprio qui vicino, da un bar a cinquanta metri dal “Crazy”. Li ritrovarono mesi dopo in un pozzo alla periferia di Mesagne.
Ma stavolta, probabilmente, il racket non c’entra nulla.
La polizia è al lavoro per mettere insieme i pochi tasselli del puzzle finora disponibili. Già, perché non esiste neanche un filmato: il locale non ha mai avuto un sistema di telecamere a circuito chiuso. Così è tutto più complicato: acquisire le videoregistrazioni di chi invece, in viale Commenda, ha un occhio elettronico puntato sulla strada, incrociare i dati. Capire quale sia stata la via di fuga che intorno è tutto un dedalo di palazzoni e case popolari, quelle in cui negli anni Cinquanta vennero trasferiti gli agricoltori che vivevano ancora con il mulo o il cavallo nell’ingresso.
Pochi giorni fa in via Imperatore Costantino, cinque minuti a piedi, erano stati esplosi un paio di colpi d’arma da fuoco. La polizia aveva raccolto due bossoli esplosi da una semiautomatica. Sicuramente un episodio senza alcun collegamento con la bomba al Crazy Cafè ma che contribuisce ad alzare il livello di guardia. Così come i continui atti di teppismo ai danni delle strutture sportive della città e che non sembrano avere un senso.
Proprio come l’attentato al piccolo bar del rione Commenda. Poco più di due anni fa (era novembre 2017) i rapinatori puntarono alle slot machine. Questa volta il movente potrebbe essere più complesso, ma non troppo distante.
Al lavoro c’è la Squadra mobile ma particolari utili potrebbero arrivare anche dalla relazione della polizia scientifica: individuare la tipologia di ordigno utilizzato, in una città che per fortuna ha dimenticato la stagione delle bombe, probabilmente non servirà a individuare l’autore ma sarà utile a circoscrivere la matrice. Nella speranza che resti un episodio isolato.