Bomba-minkia, canne e socialità: in piazza Santa Teresa però arrivano (finalmente) i controlli

di Gianmarco Di Napoli

Il silenzio. Ecco, il silenzio. Si dice che il mistero del silenzio sia che non fa mai lo stesso rumore. Questo sabato sera, in piazza Santa Teresa, il silenzio è scandito, come un metronomo, dal ticchettio dei lampeggianti blu. La settimana scorsa invece il silenzio era il momento di quiete tra una bomba-carta e l’altra. Così quello di stasera è un po’ irreale, come se da un istante all’altro dovesse accadere qualcosa per movimentare la serata. Ma in fondo quel qualcosa c’è a dare un senso alla noia. Trenta uomini in divisa e due cani.
Se dovessimo paragonare quello che a Brindisi è piazza Santa Teresa il sabato sera dovremmo riavvolgere il nastro sino ai tempi della “Salvababy”, quando i genitori di questi ragazzini, alla loro stessa età, si ritrovavano intorno al chiosco di Gina in via Conserva. Allora c’era la calca, lo stare incollati l’uno all’altro, una specie di rito collettivo di omologazione, la necessità del contatto fisico. Una tale ressa che sperare di poter attraversare da corso Umberto a corso Roma era un’impresa che passava inevitabilmente da gomitate ricevute e piedi pestati.
Piazza Santa Teresa è uno spazio sconfinato come la timeline di Facebook in cui le lampade fioche della pubblica illuminazione sono bannate dalle lucine spaziali degli smartphone, in cui le panchine scandiscono piccole comitive schierate tutt’intorno all’enorme piazzale delle parate militari che inevitabilmente diventa un palcoscenico sul quale scorrazzano bulletti senza casco in sella a improbabili scooter, passeggiano bonazze in minigonna e ragazzotti con i jeans appesi alla vita. Alcuni che tentano di attirare l’attenzione, altri che cercano amicizie, molti che vogliono trascorrere solo un sabato a sera chiacchierando con gli amici, non potendosi permettere le 10 euro per il pub.
Ma i tempi sono cambiati da quelli dei Vespini truccati con la Polini e le impennate su una ruota col freno tirato. Piazza Santa Teresa nelle ultime settimane è diventata territorio dei “bomba-minkia”, soprattutto di sabato sera. Il punto del non ritorno, o quasi. Pochi, ma un pericolo per tutti gli altri ragazzi.
Per questo i trenta uomini e i due cani antidroga: agenti di polizia in divisa e in borghese, carabinieri, finanzieri del nucleo cinofilo, coordinati dal vicequestore Alberto D’Alessandro, dirigente della Sezione volanti. Alle dieci di sera la piazza è sotto la tutela delle forze dell’ordine. Altre pattuglie presidiano piazzale Lenio Flacco, al piano di sotto, e piazzetta Dante, via Marco Pacuvio e la zona del Teatro: le strade dei locali della movida o delle pizzerie, i posti in cui nelle ultime settimane gli avventori avevano vissuto con la tachicardia delle esplosioni la vigilia del week end.
Il primo a essere preso è proprio uno dei “bomba-minkia”. Viene beccato con una “Lupo 26”, bomba-carta di fabbricazione cinese chiamata così perché contiene 25.1 grammi di esplosivo attivo più dieci grammi di spoletta. Un ordigno a tutti gli effetti (clicca qui per vedere gli effetti) che supera di ben 400 volte i 120 decibel previsti dalla normativa Europea, massima soglia stabilita per la tollerabilità umana e animale. Ne circolano a centinaia di questi ordigni tra i ragazzini, tutti hanno nomi di fantasia: Cobra, Bomber 77, Lupo 26, Black Thunder. Si comprano anche a tre euro, da “spacciatori” che si trovano intorno alla piazza. Il bomba-minkia a 16 anni e uno scooter. I suoi genitori vengono chiamati al telefono per venire a riprenderselo: sarà denunciato alla Procura per i minori con l’accusa di possesso di materiale esplodente.
I cani antidroga della Finanza intanto annusano tra le panchine e gli zainetti. Sembrano normali cuccioloni portati a spasso dai padroni. I ragazzi li accarezzano, loro lasciano fare. Ma l’atteggiamento e la postura cambiano all’improvviso quando puntano qualcuno, quando sentono l’odore della droga. Il volto di un consumatore di fumo non rientra certo nei ritratti dell’atlante criminale del Lombroso. Stasera ha le sembianze di una ragazzina di 16 anni con il volto dolcissimo, il giubbotto blu stile college, un paio di jeans e lo zainetto. I finanzieri le fanno svuotare le tasche dei pantaloni perché il cane quando fiuta non sbaglia mai. Eccole, due dosi di marijuana avvolte in un fazzoletto azzurro. Lei non si scompone: “Non prenderò botte, quello è poco ma sicuro. Non mi posso lamentare perché non ho mai preso neanche uno schiaffo”, spiega ai finanzieri. Il padre arriva mezz’ora dopo. Chiarisce che è separato dalla moglie e che la ragazzina le è stata data in affidamento perché è stata lei a scegliere di vivere con lui. La droga è poggiata all’interno dello sportellone posteriore dell’auto della Finanza, dove è allestito un mini ufficio per le denunce. Il papà firma il verbale, poi guarda la figlia: “Sai che ora torna tutto in gioco con l’affidamento, no?”. Vanno via, chissà cosa si diranno.
I poliziotti in borghese, uomini e donne della sezione Volanti, si spostano nella piazza panchina dopo panchina e procedono all’identificazione dei ragazzini: un rito che viene compiuto con delicatezza ma fermezza. Chi non ha i documenti viene invitato a telefonare ai genitori che dovranno certificare la sua identità: “Mamma, sto con la polizia, ti vogliono parlare”.
Uno dei due cani intanto ha puntato un altro ragazzino. Stavolta maschio, 17 anni: camicia, pantaloni chiari, scarpe sportive firmate, i capelli ricci e la barbetta incolta. Anche lui ha due dosi di fumo in tasca: “L’ho comprato da un nero che spaccia alla stazione”, dice ai finanzieri che sorridono ironicamente alla plateale bugia. Ecco, la grande umanità di tutti quelli che operano in piazza, questo va detto: poliziotti, carabinieri, finanzieri. Severi, decisi, ma senza eccessi. Anche quando i toni usati dai ragazzini ti tirano le mazzate dalle mani.
I genitori dell’altro baby-tossico arrivano dopo pochi minuti, accompagnati da un’altra coppia di amici. La loro serata in pizzeria è stata interrotta all’improvviso dalla telefonata della guardia di finanza. Il padre, poco più che 40enne, quasi non guarda in faccia il figlio mentre gli dicono della droga e della denuncia inevitabile alla Procura dei minori, oltre alla segnalazione alla prefettura. Questi ragazzi da ora sono catalogati come “tossici”. La madre, vestita da sabato sera, all’improvviso esplode: “Ora è finita eh, non esci più, non esci più”. L’amica tenta di tranquillizzarla. Quando vanno via, 50 metri e non fanno in tempo ad arrivare alla macchina che il padre si avventa sul figlio: gli amici lo fermano. Per il ragazzino sarà stata una lunga notte.
Nel frattempo gli uomini della “Nibbio”, la squadra motociclistica della polizia, hanno inseguito e bloccato un sedicenne che scorrazzava a tutta velocità per le vie circostanti in sella a uno scooter e senza casco. Un ragazzone di un metro e ottanta che ora osserva la sua moto issata sul carroattrezzi e attende pure lui i genitori che vengano a riprenderselo.
In piazza gli agenti in borghese beccano due 17enni che continuano a sfidare i controlli e quasi a farsi gioco della polizia. Non avere paura degli sbirri porta punti nel branco. Guardano i poliziotti in maniera sprezzante. “Che stiamo facendo di male?”, ma il tono è di sfida. Entrambi sono in affidamento ai Servizi sociali, non hanno documenti, né genitori da chiamare: “Mia madre sta a Genova, mio padre non ha telefono”. Concludono la serata in questura, ma prima di salire sulla Volante salutano gli amici con un sorriso.
E’ mezzanotte. Stasera neanche un’esplosione in piazza Santa Teresa. Un gruppo di quindicenni torna a casa. Una ragazzina si lamenta: “Vagnu’, ve l’avevo detto. Non era sabato da uscire questo”. No, bimba, molto meglio questo sabato sera. Fidati.