di Gianmarco Di Napoli per il IL7 Magazine
Quelli che a Natale fanno le fotografie a Lecce e poi le pubblicano sulla loro pagina Facebook per fare vedere che quella è una città viva e Brindisi un paesotto ormai morto.
Quelli che s’incazzano se gli dici che Brindisi sta nel Salento, perché secondo loro è la terra degli poppiti e noi non vogliamo niente avere a che fare con loro.
Quelli che quando c’era il contrabbando si viveva meglio perché in fondo era allo Stato che rubavano i soldi e i negozi erano sempre pieni e ai ristoranti dovevi fare la fila e le sigarette costavano pure meno.
Quelli che il ponte di vetro sul lungomare fa cagare, però torna utile per farsi i selfie con il mega yacht alle spalle.
Quelli che i corsi sarebbe meglio aprirli alle auto, anzi chiuderli, oppure metà e metà, perché il commercio sta morendo ma quando entri un negozio non vedono l’ora che te ne vada.
Quelli che urlano ai quattro venti che la città è sporca e i brindisini maleducati e poi s’imboscano nei vicoletti a far fare la pupù ai loro cani e la lasciano lì senza raccoglierla.
Quelli che mamma mia che classe politica di ladri abbiamo e fanno la fila a chiedere i favori dietro la porta del Comune.
Quelli che, a prescindere, la loro città gli fa schifo.
Sì, noi brindisini, insomma, quelli che se fosse fatta una specifica classifica nazionale almeno qui saremmo al primo posto. Autodenigratori. Quasi sempre senza alcuna giustificazione.
Come nella bella poesia di Ennio Masiello “Piccatu ca…”, in cui il tizio seduto a un bar del corso osserva le persone che passano, tutte secondo lui rispettabili e oneste ma poi su ognuna di esse non fa che adombrare ingiustificati sospetti: “Quello è un uomo irreprensibile, piccato ca…”. Piccatu ca…
Ora che per la prima volta, dopo quasi un decennio di battaglie, è stato compiuto un passo ufficiale che potrebbe portare a riconoscere Brindisi città “già Capitale d’Italia”, assisteremo al risveglio dei “negazionisti”, che non sono storici o politici di altre città, magari gelosi o preoccupati per questo riconoscimento. No, si tratta purtroppo di brindisini, appartenenti al solito club di “quelli che sta città fa schifo e non crescerà mai”. Ma che non sono capaci di far nulla, se non stare seduti e commentare ciò che fanno gli altri.
In questi anni in cui ci siamo battuti perché Brindisi ottenesse il titolo di «già Capitale d’Italia», riconoscimento che riteniamo meritato e senza dubbio prestigioso, abbiamo dovuto fare i conti con molti nostri concittadini i quali, ognuno vantando competenze proprie o acquisite, ha tentato di delegittimare quest’ambizione.
In altre città di certo questa carta se la sarebbero giocata anche se non avessero posseduto i pieni titoli per ottenere il riconoscimento. Si sa, normalmente, ognuno tira acqua al proprio mulino, magari si forza persino un po’ la mano per raggiungere un obiettivo. Su Brindisi Capitale invece non c’è da forzare la mano perché la storia non è contestabile. La nostra città per alcuni mesi ha ospitato il Re e il governo italiano, qui sono stati sottoscritti atti internazionali, qui l’Italia ha eretto il suo fortino nel quale sono state poste le basi per la democrazia della quale beneficiamo ancora oggi.
Forza Italia, che ha il merito di aver preso a cuore la vicenda tanto da presentare una proposta di legge ad hoc, aggiunge un tassello importantissimo a questa ricostruzione, ricordando che nel 1960 il presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi, concesse alla città di Brindisi la medaglia d’argento al valor civile per “l’intrepido coraggio mostrato durante i bombardamenti e per essere stata sede del Primo governo democratico della nuova Italia”.
Il cerchio insomma è chiuso. Un presidente della Repubblica, in totale autonomia, riconobbe non solo il ruolo avuto da Brindisi, ma di fatto la indicò come la prima Capitale d’Italia dopo l’odissea fascista.
Adesso spetterà al Parlamento,quello che sarà eletto nella prossima primavera, a decidere se assegnare o meno quel titolo a Brindisi. Certo, conteranno molto gli equilibri politici e le alleanze, perché saranno i parlamentari a valutare la proposta di Legge. Ma per raggiungere il traguardo sarà fondamentale il supporto di una città convinta e orgogliosa della propria storia e del ruolo che i brindisini di 80 anni fa ebbero per la nascita dell’Italia libera. E quello dei politici di tutti gli schieramenti.
Perché la proposta diventi Legge dovremo davvero dimostrare di essere coscienti dell’importanza di questo riconoscimento. Allontanando il triste negativismo di chi, anche stavolta, cercherà di monopolizzare l’attenzione alla solita maniera: “Sì, tutto bello, tutto giusto. Piccatu ca…”.