Caccia vietata in contrada Montenegro: a tutela di abitanti e agricoltori

di Alessandro Caiulo per il7 Magazine

La notizia l’ha data direttamente il Sindaco di Brindisi ing. Riccardo Rossi, come di consueto, dalla sua pagina Facebook, in cui ne spiega anche le ragioni: “ Ho emesso un’ordinanza contingibile ed urgente per divieto di caccia nell’area di contrada Montenegro. Ho ricevuto diverse segnalazioni da parte dei cittadini residenti nella zona e dal Comitato Sant’Elia-Montenegro, in cui denunciano il mancato rispetto da parte dei cacciatori delle distanze minime di sicurezza da edifici e strade. La presenza dei cacciatori in aree limitrofe ai centri abitati è vietata dall’art. 21 della legge n.157 dell’11 febbraio del 1992, e contrada Montenegro è un’area urbanizzata che rientra nei divieti della legge. Ho ritenuto il provvedimento necessario per garantire la sicurezza dei cittadini e tutelarli anche dalla molestia dei forti rumori. L’ordinanza ha validità immediata, a partire da oggi 15 novembre 2021 e vieta l’esercizio della caccia con l’uso di armi da fuoco, nell’area del territorio di Contrada Montenegro, incaricando la Polizia locale del controllo per il rispetto della stessa”.
Si tratta di una notizia che merita approfondimento anche se, in realtà, in questa zona, un analogo divieto era già stato in vigore per alcuni anni, dopo che, a fine settembre 2012, un agricoltore intento alla coltivazione del suo campo fu colpito dalla scarica di pallini sparati da un cacciatore – vigliaccamente fuggito, ma subito identificato e denunciato dal Corpo Forestale dello Stato – riportando ferite di una certa serietà.
Cerchiamo, innanzi tutto, di capire perché questa contrada, nota per la presenza di numerose villette e casali rustici, in autunno ed inverno è particolarmente presa di mira, è il caso di dirlo, da cacciatori provenienti anche da fuori Brindisi.
Ciò è dovuto, probabilmente, alla sua ubicazione, ancor più che alla sua conformazione, in quanto è facile da raggiungere, munita come è di una adeguata rete viaria, e si trova ad essere confinante con l’Oasi Naturalistica dell’Invaso del Cillarese (classificato anche nei dintorni come zona di ripopolamento e cattura secondo il Piano Faunistico Venatorio della Regione Puglia), in cui vige il divieto di caccia, per cui i cacciatori ambiscono a colpire le prede che, sfortunatamente, si avventurano per qualche metro fuori dalla delimitazione della zona protetta. Non va sottaciuta la circostanza che più di qualche volta, anche nei giorni scorsi, è capitato che non solo sono penetrati nella zona protetta ma, attraverso tagli praticati alla recinzione, gente armata è penetrata all’interno dell’oasi per impallinare anche specie protette.
Per questo, prima ancora di affrontare più approfonditamente la questione relativa al divieto alla caccia imposto dal Sindaco, poniamo una domanda alla biologa Paola Pino d’Astore, responsabile del Centro Fauna Selvatica della Provincia di Brindisi.
Capita spesso, in questo periodo, che ci siano cittadini che consegnano animali feriti da arma da fuoco?
“Da quando è operativo il Centro Fauna Selvatica della Provincia di Brindisi (2001), ogni anno durante la stagione venatoria, da settembre a gennaio, i cittadini trovano diverse specie di uccelli colpiti da arma da fuoco che precipitano rovinosamente sul suolo sia in ambiente urbano che campestre, soprattutto in giardini privati. Purtroppo ad essere colpiti non sono solo le specie cacciabili ma troppo spesso anche quelle rigorosamente protette. Ci sono cacciatori che rispettano le norme vigenti previste a livello nazionale (L. 157/1992) e regionale (L.R. 59/2017) ed alcuni di loro collaborano attivamente nella consegna al Centro Fauna di animali selvatici trovati in difficoltà. Altri soggetti, invece, agiscono nella illegalità, compiendo azioni di bracconaggio anche a scopo di lucro, oppure azioni vandaliche a danno della vita animale e solo per puro divertimento (in altre parole colpire, come se fosse un tiro al bersaglio, qualsiasi essere che vola). L’insieme degli uccelli non cacciabili, ma colpiti da arma da fuoco e giunti alle cure del Centro Fauna, sono soltanto la punta dell’iceberg di un fenomeno ben più ampio: la fucilata li può condurre a morte immediata, oppure se feriti restano a terra per poi morire di fame o predati da altri animali e quindi il numero dei ricoveri, dovuti a questa causa, è sempre un valore sottostimato rispetto a ciò che avviene nel territorio. Le lesioni da arma da fuoco (riscontrate dall’evidenza di pallini da caccia negli esami radiografici) sono spesso gravi (ferite e fratture delle ali e delle zampe) e solo una minima parte dei selvatici riescono a tornare alla vita libera. Il punto è che, con la necessità di ricovero e cure veterinarie, arrivano specie protette dalle leggi vigenti e facilmente distinguibili dalle specie cacciabili. Ad esempio, tra il 2019 e il 2021 (ancora in corso) sono stati colpiti aironi come l’Airone guardabuoi, l’Airone cenerino; rapaci notturni come il Gufo comune e rapaci diurni come il Gheppio, la Poiana, il Falco di palude, l’Albanella reale, lo Smeriglio e l’Aquila minore. In anni precedenti anche un’altra aquila, il Biancone, conosciuta come Aquila dei serpenti, in prossimità del Parco Naturale Regionale “Saline di Punta della Contessa” (Brindisi). Tra le prime due in Italia, la Regione Puglia – Sezione Gestione Sostenibile delle Risorse Forestali e Naturali, diretta dal Dirigente Domenico Campanile, ha recepito una recente richiesta dell’allora Ministero Ambiente per collaborare, con l’invio di dati sugli animali ricoverati nei Centri Fauna Selvatica pugliesi, al “Piano d’Azione Nazionale per il contrasto degli illeciti contro gli uccelli selvatici”, curato nella sua stesura dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) e dal Comando Unità Forestali, Ambientali ed Agroalimentari dell’Arma dei Carabinieri.”
Tornando, ora, alla peculiarità della vicenda legata all’emanazione di questa ordinanza sindacale che vieta la caccia in Contrada Montenegro va detto che, nonostante la evidente soddisfazione degli animalisti, in questo caso, l’intento della protezione della fauna selvatica non è in primo piano, per cui non si non si tratta di essere favorevoli o contrari alla caccia. Il problema è sorto in quanto un numero esagerato di cacciatori, incuranti, o per ignoranza o per prepotenza, delle normali regole da rispettare, come la distanza dagli edifici, il non poter procedere a rastrello (un sistema di caccia nel quale alcuni cacciatori, procedendo a semicerchio o anche in linea retta, percorrono sistematicamente il terreno sparando a tutta quanta la selvaggina che essi stessi levano, cosa proibita dalle leggi vigenti) ed il non sparare mai in direzione delle abitazioni, ha letteralmente invaso la zona, specie di domenica, rendendo la vita letteralmente impossibile agli abitanti – giustamente preoccupati per la propria incolumità e per quella dei loro figli e degli animali domestici al punto di non poter nemmeno sostare nel giardino davanti casa, per paura di essere impallinati da qualche cacciatore maldestro – creando continue situazioni di pericolo e di attrito, che qualche volta sono degenerati in veri e propri atti criminosi, per cui il Sindaco, che è il primo responsabile dell’incolumità dei cittadini sul territorio di sua competenza, non poteva non prendere i consequenziali provvedimenti.
Abbiamo sentito sulla vicenda e sui suoi retroscena, Gianluca Franzel, rappresentante per la Contrada Montenegro del “Comitato Sant’Elia-Montenegro”, il quale si è reso promotore dell’esposto al Sindaco ed al Prefetto, con cui ha richiesto provvedimenti urgenti inerenti motivi di ordine pubblico, incolumità delle persone e rispetto della quiete pubblica connessi all’attività venatoria mirato ad ottenere il rispetto della normativa per tutto quello che attiene alla rigorosa osservanza delle distanze minime di sicurezza da edifici e strade, da parte di chi spara, che ha spinto il Primo Cittadino ad emanare l’ordinanza con cui ha vietato la caccia in tutta la zona.
Innanzi tutto, prima ancora di affrontare la questione relativa al divieto di caccia ordinato dal Sindaco di Brindisi in contrada Montenegro, vogliamo spendere qualche parola per spiegare ai nostri lettori le peculiarità di questa contrada in genere conosciuta solo come zona di campagna e, al più, di villeggiatura estiva e che, invece conta anche su un buon numero di residenti stabili?
“La nostra contrada non è mai stata zona prettamente di villeggiatura; certo, qualcuno ha qui la casa di campagna e l’intera zona, in passato, era abitata dai contadini che coltivavano i loro stessi terreni poi, pian piano, parecchi di loro, a partire dagli anni settanta, si sono trasferiti in città e le case, inizialmente rimaste in stato di abbandono, sono state poi ripopolate dalla gente che, al contrario, dalla città voleva fuggire per potersi godersi un po’ di tranquillità. Gran parte della zona appartiene a grossi proprietari terrieri che nemmeno ci abitano, ma hanno estese coltivazioni, tipo la Masseria Cillarese ed altre aziende che hanno acquistato numerosi terreni agricoli. Quasi tutti gli attuali abitanti non sono più legati all’agricoltura, ma coppie giovani con figli, per cui si sta decisamente ringiovanendo l’età media nella contrada; solo qualche casa è utilizzata per la villeggiatura, mentre la maggior parte delle abitazioni sono occupate in pianta stabile”.
Passando, ora, alla questione che più ci interessa: come è nata l’esigenza di richiedere il ripristino del divieto di caccia che, per alcuni anni, era già esistito?
“Nel 2012 fu ferito un contadino intento a coltivare il suo vigneto, proprio vicino alla mia abitazione, tant’è che fui coinvolto direttamente nelle operazioni di soccorso, meno male che non fu ferito in maniera particolarmente grave dai pallini in ricaduta, anche perchè a quell’epoca, dalle nostre parti, si sparava solamente ai volatili. Ultimamente la situazione è molto peggiorata, da quando hanno ripopolato la zona con lepri selvatiche, per cui oggi chi viene a cacciare non spara solamente in aria, ma, cosa pericolosa, per colpire le lepri, sparano ad altezza d’uomo. Lo scorso anno due signore della contrada che passeggiavano in campagna sono state sfiorate dai pallini di alcuni cacciatori che cercavano di colpire una lepre che correva nella loro direzione e la cosa ebbe un certo risalto anche sulla stampa locale. Tornando all’episodio del 2012, riuscimmo, in quell’occasione a far emanare l’ordinanza sindacale di divieto di caccia che, dopo un incidente del genere, fu quasi un atto dovuto per il sindaco dell’epoca. Negli anni immediatamente successivi, muovendomi per tempo, ero riuscito a far confermare il divieto sia per il 2013 che per il 2014, invece nel 2015 la mia richiesta fu ignorata, ma nel 2016 mi mossi con largo anticipo e, dopo diverse insistenze, fu ripristinata. Dopo di che, per quattro anni consecutivi le richieste furono ignorate, in quanto si riteneva che non fossero più successi fatti gravi da giustificarne la emanazione. Quanto accaduto alle due signore a novembre dello scorso anno e l’aver documentato quest’anno, con fotografie e filmati, la presenza dei cacciatori addirittura tra le case, hanno reso la richiesta più incisiva”.
Può descrivere qualche altro spiacevole episodio che ha visto coinvolti residenti e cacciatori?
«Devo precisare che anche io ho avuto alterchi con cacciatori ed ho ricevuto offese, anche pesanti. Ma altre persone mi hanno riferito di essere state addirittura minacciate ed hanno dovuto subire ripercussioni e vendette per aver cercato di impedire ad alcuni cacciatori di gironzolare attorno alle loro abitazioni, ed anche dispetti disgustosi, come l’aver ritrovato escrementi di cani nelle cassette della posta o sulla serratura dei cancelli, ma qualcuno è stato anche minacciato non solo verbalmente ma anche con le armi puntate. Purtroppo di quest’ultimo episodio non abbiamo le prove, come invece le abbiamo prodotte per dimostrare, con foto e video, la circolazione dei cacciatori fra le nostre abitazioni».
Per finire ed anche per rendere onore al merito sia al vostro comitato che all’Amministrazione Comunale, che non è rimasta sorda alle vostre richieste, come si sono svolti nei giorni scorsi i contatti e gli incontri che hanno portato all’emanazione di questa coraggiosa ordinanza sindacale che ha imposto il divieto di caccia in Contrada Montenegro?
“Voglio precisare che anche quest’anno le mie richieste hanno rischiato di non essere accolte e, nonostante mi fossi mosso già ad agosto, la stagione venatoria è iniziata normalmente anche in Contrada Montenegro. In conseguenza, essendo la situazione ormai insostenibile, ho predisposto una istanza molto più dettagliata e l’ho invita via pec al Sindaco e al Prefetto oltre che all’assessore Mauro Masiello, che si è dimostrato molto sensibile all’argomento e, insieme alla consigliera comunale Luana Pirelli (NdR: delegata al benessere animale), è anche venuto in contrada un sabato mattina per rendersi conto personalmente della situazione; anche se non c’erano i tantissimi cacciatori che di domenica sparano fra le nostre case fin dalle prime luci dell’alba, rappresentanti del Comune hanno avuto modo di notarli e di vedere anche come si muovevano vicinissimo alle abitazioni. Ho anche predisposto una piantina, cerchiando ogni casa per una raggio di 150 metri e, considerando che non si può cacciare a meno di 150 metri dalle abitazioni, è risultato impossibile cacciare in contrada Montenegro nel rispetto delle distanze minime previste dalla legge, per cui il Sindaco ne ha preso atto firmando la relativa ordinanza”.